Il Fatto Quotidiano

“Caro B. la pacchia è finita: tetti alla pubblicità in tv”

Vito Crimi Il 5Stelle ha la delega all’Editoria: “Stop soldi pubblici ai giornali, ma le risorse degli spot vadano anche alla carta”

- » SALVATORE CANNAVÒ

Appena entriamo nella sua stanza di sottosegre­tario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Editoria, Vito Crimi ci dà subito una notizia: “Si ricorda il Fondo per il pluralismo dell’editoria istituito da Luca Lotti? Bene, in quel fondo era previsto un contributo di solidariet­à dello 0,1% sui redditi delle concession­arie di pubblicità compresi i Centri Media. Il decreto che avrebbe dovuto fissare i criteri per questo contributo non è stato mai varato. Di fatto, un regalo alle grandi concession­arie, a Berlusconi in primis”.

La discussion­e sul finanziame­nto pubblico all’editoria, quindi, inizia da qui, da come sono ripartite le risorse, da chi le ha sul serio e chi invece è in crisi. Il Fondo pubblico eroga contributi alla stampa, per circa 114 milioni (ma 27,8 vanno alla convenzion­e con Rai Internatio­nal), e si finanzia con risorse pubbliche e solo teoricamen­te, apprendiam­o oggi, con l’extra-gettito del canone Rai e la quota dello 0,1% sui ricavi pubblicita­ri. Applichere­te quindi quella norma prevista dal provvedime­nto che porta la firma di Lotti?

Sì, riapriamo subito i termini e già in legge di Bilancio procederem­o a determinar­e le nuove tempistich­e.

Vi mettete contro editori importanti, a cominciare da Berlusconi.

Lo so, del resto quella ‘ d imenticanz­a’ è stata l’ennesimo favore del Pd a Berlusconi e questi regali devono finire.

Possiamo dire che per Berlusconi è finita la pacchia? Non è il mio linguaggio, ma si può anche dire che è finita la pacchia. Il punto vero è che occorre ridistribu­ire la pubblicità tra tv e carta stampata. Noi non siamo contro i giornali per partito preso.

Però volete tagliare i fondi diretti all’editoria.

Sì, attualment­e sono stanziati circa 200 milioni tra contributi diretti, alle radio e alle tv, senza contare l’agevolazio­ne delle tariffe telefonich­e che può essere stimata in 60 milioni e che andrà rivista da subito.

Come pensate di agire? Tagliando i finanziame­nti pubblici, intervenen­do sul contributo dello 0,1% come detto e verificand­o che l’extra-gettito derivante dal canone Rai sia davvero confluito nel Fondo.

Ma i contributi all’editoria vanno eliminati del tutto o possono esserci ancora dei criteri per un intervento pubblico? Innanzitut­to vanno aggiustate le distorsion­i, visto che circa il 30 per cento dei fondi va a 4-5 testate. Andrà individuat­o un tetto e modificate le modalità di erogazione. Ad esempio, si può cominciare garantendo il 50 per cento di quanto dovuto e poi di anno in anno verificare. Vogliamo realizzare anche in questo settore quanto fatto con l’a- bolizione del finanziame­nto pubblico ai partiti.

Ci saranno però ricadute occupazion­ali.

Noi vogliamo solo togliere i fondi pubblici all’e d i to r i a , non eliminare il Fondo per il pluralismo. Gli editori hanno ricevuto tantissimi soldi in questi anni, dal 2003 oltre 3 miliardi di euro. A fronte di questo ci saremmo aspettati investimen­ti per reggersi sul mercato che non ci sono stati. Ci sono modi per affrontare le ricadute occupazion­ali.

Per esempio?

Penso che si possano introdurre dei tetti pubblicita­ri per aiutare dal lato degli introiti i giornali.

Tetti pubblicita­ri alla Tv? Sì, un meccanismo di redistribu­zione delle risorse all’interno del sistema. Una strada a cui occorre del tempo per essere realizzata, ma importante. Possiamo poi prevedere incentivi pubblici alla domanda, ad esempio, sostenendo gli abbonament­i oppure nuove idee innovati- ve. Sto proponendo agli editori una piattaform­a tecnologic­a che, ad esempio, permetta al costo di un abbonament­o la lettura di tutti i giornali. Sarebbe una ‘Netflix dell’editoria’. Potrebbero protestare gli edicolanti.

Io penso che le edicole vadano aiutate a trasformar­si in una rete di servizi, remunerati, e non essere più schiacciat­e tra la distribuzi­one e le norme imposte dagli enti locali.

Il ministro Di Maio ha parlato di un limite alla pubblicità sui giornali da parte delle imprese partecipat­e dallo Stato. È d’accordo?

Intanto faremo subito il decreto dimenticat­o da Lotti: lo 0,1% dei ricavi di concession­ari e Centri Media andrà al Fondo per il pluralismo

Sì, le aziende di Stato sono state troppo spesso il bancomat dei politici e ancora adesso ho sentore di commistion­i improprie tra le aziende e i giornali. Credo che occorra lavorare a una trasparenz­a degli investimen­ti pubblicita­ri e capire l’incidenza di alcuni inserzioni­sti. Il lettore deve sapere se il suo giornale ha un ‘socio occulto’ o meno.

Vale solo per i giornali o anche per le tv?

Il problema riguarda tutti gli organi di informazio­ne.

Lei ha parlato anche di editore puro. Intende far uscire dai giornali gli imprendito­ri che fanno altro? Credo che occorra mettere dei tetti alla partecipaz­ione nelle imprese editoriali da parte di chi non ha come attività centrale l’editoria.

Ma senza azionisti come Caltagiron­e o De Benedetti alcuni giornali potrebbero chiudere.

Se quei soggetti ricavano un utile dalle loro partecipaz­ioni altri soggetti potrebbero facilmente subentrare. Se invece non ricavano un utile vuol dire che non si comportano da editori ma da sponsor, finanziano un giornale solo per il tornaconto alla propria azienda e non per fare informazio­ne.

 ??  ??
 ?? Ansa ?? Senatore M5s Il sottosegre­tario Crimi ha raccolto la delega all’Editoria che nello scorso governo era di Luca Lotti
Ansa Senatore M5s Il sottosegre­tario Crimi ha raccolto la delega all’Editoria che nello scorso governo era di Luca Lotti
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy