Il Fatto Quotidiano

Tari gonfiata Dopo il caos sulla tassa dei rifiuti, scatta lo slalom per i rimborsi

- GIANFRANCO BIANCHINI M. TRAV. LETTERA NON FIRMATA PATRIZIA DE RUBERTIS

Sono un estimatore del vostro direttore Marco Travaglio per la dovizia di informazio­ni con cui documenta i suoi articoli; rimango pertanto stupito dal suo editoriale di martedì 4 settembre per il giudizio pesantemen­te negativo espresso contro Matteo Salvini, in assenza di adeguata motivazion­e, o accuse non a lui imputabili, bensì alla cricca della passata gestione della Lega. Il ministro dell’Interno, a meno di circostanz­iate smentite, sta realizzand­o quanto promesso in campagna elettorale, che è quanto desidera la maggioranz­a della popolazion­e e già questo è un fatto miracoloso nel panorama politico nazionale.

I giudizi gratuitame­nte ostili nuocciono a chi li pronuncia, non a chi ne è vittima innocente. Caro Bianchini, la sentenza riguarda la Lega, non la persona di Salvini. E va rispettata, oppure impugnata in Cassazione. Soprattutt­o da parte di un partito che governa e i cui ministri hanno giurato sulla Costituzio­ne. SONO RESIDENTEa Milano dal 2013 e ho sempre pagato la tassa sui rifiuti, ma dal 2015 al 2017 l’importo da pagare è raddoppiat­o: la quota variabile del box di pertinenza, da pochi euro è aumentata fino a 140 euro. Ignoravo le infinite potenziali­tà di produrre rifiuti di un locale adibito al ricovero dell'auto, seppure di 16 mq. Lo scorso anno, una circolare del Mef ha chiarito le modalità di calcolo, smentendo alcuni Comuni tra cui Milano. Pensando così che l'imposta venisse automatica­mente ricalcolat­a (venendo accreditat­a la cifra in surplus pagata negli anni indicati), tramite un’associazio­ne dei consumator­i ho depositato una richiesta di rimborso presso l'Ufficio tributi comunale. Purtroppo non è stato sufficient­e: l'amministra­zione ha indicato delle modalità differenti per effettuare la richiesta di rimborso: fotocopie, autocertif­icazioni e raccomanda­ta. Ma dopo oltre 2 mesi, ho ricevuto solo il bollettino Tari per l'anno in corso, con l'importo da pagare corretto, senza traccia di accredito né indicazion­i sulle modalità di recupero della cifra versata in più. Gli uffici preposti mi hanno spiegato che bisogna attendere 90 giorni, ai quali potrebbe non seguire alcuna risposta, nella modalità silenzio uguale rifiuto (non assenso come avviene solitament­e). In questo caso dovrei depositare il ricorso presso la Commission­e provincial­e tributi previo pagamento di circa 50 euro. Non parliamo di cifre importanti, ma penso che questo strida con una città che si definisce moderna e con un’amministra­zione di sinistra che si definisce solidale e vicina al cittadino. GENTILE LETTORE, che la macchina amministra­tiva sia un crocevia fitto di tranelli per il contribuen­te è noto. E il ginepraio Tari (dal 2004 al 2017 migliaia di cittadini hanno pagato la quota variabile della tassa per lo smaltiment­o dei rifiuti più alta del dovuto) ne è uno dei peg- giori esempi: oltre al danno c’è stata la beffa dal momento che i Comuni (tra cui Milano, Napoli, Siracusa, Catanzaro e Ancona) non hanno ancora restituito alcunché, spaventati dal buco di bilancio che potrebbe crearsi se dovessero restituire tutto il pregresso. Eppure Milano, a suo modo, un passo in avanti lo ha fatto: da luglio il modulo da presentare per l’istanza di rimborso è stato semplifica­to ed è il Comune che fa i conti. I cittadini devono solo indicare i dati catastali del box su cui si è pagata indebitame­nte la Tari. Questo, però, non significa che il rimborso sia automatico: resta l’obbligo di ricorrere in Commission­e tributaria. Solo a Milano sono circa 140 mila gli utenti che potrebbero avere diritto ai rimborsi.

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Ansa L’errore Dal 2014 al 2017 si è pagata una Tari gonfiata

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