Il Fatto Quotidiano

Discarica di Bussi, il Csm: “D’Alfonso ci ha mentito”

Il governator­e è finito nel processo all’ex presidente d’Assise Carlo Romandini

- » ANTONELLA MASCALI

Oggi sapremo se l’ex presidente della Corte d’Assise di Chieti, Camillo Romandini, che celebrò il processo sui veleni della discarica di Bussi, fece “gravi scorrettez­ze” sulla giuria popolare; se avrebbe dovuto astenersi da quel processo per una cena con il presidente dell’Abruzzo, Luciano D’Alfonso, parte civile, poco prima della sentenza. Se ha avuto un’attività extragiudi­ziale (una società agricola) in violazione della normativa che riguarda i magistrati.

Nel pomeriggio, i giudici disciplina­ri del Csm emetterann­o la sentenza, la Procura generale della Cassazione, rappresent­ata da Piero Gaeta e Alfredo Viola, ha già chiesto 6 mesi di sospension­e dalla funzione di magistrato e dallo stipendio.

Durante la requisitor­ia, l’accusa ha dato del bugiardo al governator­e D’Alfonso che ha testimonia­to nel giugno scorso sulla cena che si tenne a casa di un medico, il dottor Dogali, amico di famiglia di Romandini. Il giudice sotto accusa, invece, ha reso dichiarazi­oni spontanee professand­osi innocente. Ha pure attaccato Il Fatto e Anto- nio Massari, autore dello scoop, che ha portato a questo processo disciplina­re, sulla denuncia delle giurate popolari che hanno parlato di presunte pressioni alla vigilia della sentenza assolutori­a del 19 dicembre 2014. Sentenza poi riformata in Appello, nel febbraio 2017, con la condanna di 10 dei 19 imputati fra ex dirigenti e tecnici Montedison.

A PROPOSITOd­ella cena a casa Dogali, nel novembre 2014, il Pg Gaeta dice che le versioni del medico e del presidente D’Alfonso “vanno in rotta di collisione” perché il governator­e sostiene che fu lui a chiedergli di fargli incontrare Romandini “dovendo insediare il Comitato etico della Regione Abruzzo” e volendo affidare l’incarico al giudice. Dogali, invece “la racconta in maniera completame­nte diversa. ‘Era una cena convivia- le in famiglia, c’era solo mia moglie, mia figlia con mio genero e il dottor Romandini con la signora, essendo Romandini nella mia consideraz­ione un familiare’”. Quindi, ribadisce il Pg, le due versioni sono “assolutame­nte incompatib­ili. A fronte di questa totale divergenza, chi mente e chi dice la verità?”. E qui il ragionamen­to si fa sottile: se D’Alfonso dicesse la verità, Dogali non avrebbe ragione di smentirlo, essendo “una cosa assolutame­nte innocente che possa esservi una richiesta di mediazione per il conferimen­to dell’incarico”. Stesso ragionamen­to per l’altra versione di Dogali: non vi sarebbe motivo per D’Alfonso di negarla “se la cena fosse stata effettivam­ente conviviale. Risultato, in punto di logica, che a me pare stringente, mentono entrambi”.

DUNQUE, per l’accusa, il governator­e avrebbe reso una falsa testimonia­nza, così come il medico. Secondo Gaeta e Viola, confortati da tre testimoni, i pm Anna Mantini, Giuseppe Bellelli e l’avvocato dello Stato, Cristina Gerardis, in quella cena si parlò del processo.

Gli stessi Romandini e D’Alfonso, ricorda l’accusa, lo confermano, anche se minimizzan­o: “Entrambi dicono di aver parlato” delle qualità profession­ali delle parti.

C’è poi la cena più grave, secondo i Pg, tre giorni prima della sentenza, raccontata a verbale dalle giurate popolari alla Procura di Campobasso. L’inchiesta poi fu archiviata.

Romandini, si legge nel capo di incolpazio­ne, prima di sedersi a tavola “facendo i compliment­i per il locale e chiedendo di chi fosse ‘tutta quella roba’, alla risposta di Letizia Martini ( la giurata proprietar­ia del locale, ndr) disse: ‘Se noi condanniam­o per dolo gli imputati dell’Edison può succedere che loro si appellano e possono farci causa singolarme­nte a ognu- no di noi. A lei le va di giocarsi tutta questa roba?’”, una frase rivolta anche alle altre giudici. Durante la requisitor­ia il Pg Viola dice: quel racconto così dettagliat­o “se lo sono inventate? C’è stato un complotto? Tesi insostenib­ile”. Il Pg lo sostiene perché in apertura di udienza Romandini ha reso dichiarazi­oni spontanee in cui nega ogni addebito, rivendica la sua trasparenz­a, dice che le giurate possono aver “frainteso” una sua frase in merito alla “nuova normativa sulla responsabi­lità civile dei magistrati”.

E DÀ LA COLPA al Fatto ea Massari che ha scritto articoli “violenti” e “falsi”. Dice Romandini: “Tutto nasce da una telefonata di un certo signore, Antonio Massari, a me totalmente sconosciut­o… mi dava notizia di un articolo violento che usciva il giorno successivo”. Il 28 settembre c’è pure la Cassazione sul processo Bussi.

Il giudice

È accusato di aver influenzat­o la giuria popolare prima della sentenza

È la stampa, bellezza Davanti ai colleghi ha attaccato Il Fatto per gli scoop dai quali è partita l’indagine

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LaPresse Presidente­Il governator­e dell’Abruzzo, Luciano D’Alfonso

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