Romolo+Giuly, là dove c’era il Bardo ora c’è la lotta di classe
LA SERIE La contrastata storia d’amore tra una “fighetta” di Roma Nord e un “coatto” di Roma Sud. Ma oltre il Raccordo ci sono napoletani e milanesi pronti a prendersi la Capitale
Ha le spalle abbastanza larghe Shakespeare per reggere l’urto di una comedy romana, e pazienza se Verona è lontana, se Rosalina e Mercuzio non sono stati scritturati, se gli amanti non sono nati sotto contraria stella e se di una tragedia si è fatto un dramma satiresco 2.0. Romolo + Giuly. La guerra mondiale italiana – la nuova serie di Fox, prodotta da Wildside e Zerosix, in onda ogni lunedì dal 17 settembre (otto episodi da 30 minuti l’uno) – è costruita sulla “falsa falsa falsa falsa riga di Shakespeare”: come si evince dal titolo, c’è più Baz (Luhrmann) che Bardo, più fumetto che teatro, più caciara che letteratura. Ma meno male: meglio un tradimento riuscito che la fedeltà forzata.
SPOLPATO il canovaccio originale, al cuore di Romolo + Giuly resta la contrastata storia d’amore tra una “fighetta” di Roma Nord e un “coatto” di Roma Sud, ma la fregola post-adolescenziale è solo la miccia, un poco pretestuosa, per innescare “la guerra mondiale italiana”: il conflitto, infatti, non riguarda solo due potenti fami- glie capitoline – i Copulati, palazzinari pariolini, e i Montacchi, monnezzari spiaggiati a Ostia –, ma si allarga a tutta Italia, con la malavita di Milano e Napoli che, coalizzata, progetta il sacco di Roma. Sarà una lotta senza quartiere, fuori e dentro la città, passata alla storia per le sue “tre mezze giornate”: nessuno qui fa la guerra prima di pranzo.
La serie è nata dall’es tr o creativo di tre trentenni, ingaggiati in quanto “nuova classe dirigente della commedia”: Michele Bertini Malgarini (anche regista), Giulio Carrieri e Alessandro D’Am br os i ( anche primattore), autori dell’omonimo corto per il web, pluripremiato nel 2016. La mossa più intelligente – anche per volere di Fox, che ha chiesto agli autori di “uscire dal raccordo anulare perché la serie web era troppo romana”– è proprio quella di aver esteso il dramma a tutto il Paese, in una feconda e felice esplosione di “piani narrativi e contesti sociali”, che permette di “arriva- re a un pubblico più vasto” e meno geolocalizzato.
Il cast vanta ottimi caratteristi, a iniziare da Beatrice Arnera e dal succitato D’Ambrosi, alias Giuly e Romolo, seguiti dai loro nobili – attorialmente parlando – casati: i genitori Copulati (Massimo Ciavarro e Michela Andreozzi) e i genitori Montacchi (Federico Pacifico e Lidia Vitale). Seguono gli altrettanto irriverenti personaggi di Fortunato Cerlino (boss della fazione napoletana), Giorgio Mastrota e il pu- pazzo Tciù (capi della massoneria meneghina), Francesco Pannofino, Nunzia Schiano, Niccolò Senni, Umberto Smaila... oltre ai camei di Paolo Bonolis, Giorgio Panariello, Le Coliche et al..
“SPAVALDO e sfrontato”, il progetto si serve del citazionismo spinto, parodiando soprattutto il cinema, dal Titanic a Guerre stellari, ma saccheggiando anche i cartoon americani (tipo i Griffin) e il teatro di cassetta, da Eduardo all’Amleto. Per fortuna – visti i tempi – la serie è anche sufficientemente scorretta: c’è persino una “caccia ( leghista) al negher”. La scivolata, però, è dietro l’angolo: basta poco e la comicità si inzacchera, diventa sguaiata, scurrile, fumettosa, stereotipata. Le maschere grottesche e “ipertrofiche” dei personaggi, infatti, funzionano benissimo sui partenopei, meno sui milanesi, e via così.
Intanto è già partita la macchina del fango degli sveltoni del web che, dopo aver visto i primi teaser online, hanno riempito di insulti alcuni interpreti (Mastrota in primis), non avendo capito lo spirito della commedia, che è appunto una commedia, la solita: Molto rumore per nulla.
L’opera è soltanto un pretesto: la serie è stata costruita sulla falsa falsa falsa falsa riga di Shakespeare