Dalla Prima
Altri invece si disintossicano sulla carta stampata. Latorre è columnist del Messaggero, Capezzone de La Verità, Cicchitto di Libero, Verdini – fra una condanna e l’altra – del Tempo, dove editorialeggiano anche Dell’Utri (suo compare della P3) e Bisignani (che invece stava nella P2 e nella P4). Un ricongiungimento famigliare. Ma il caso più penoso è quello di Maroni: da governatore lombardo, era uno dei politici più potenti d’Italia; ma rinunciò a ricandidarsi per diventare ministro nel Renzusconi; e ora ha una rubrica sul Foglio, e pure in ultima pagina (su un giornale di cui già sfugge la prima).
Un fenomeno ancor più inspiegabile è quello di Alfano: prima di diventare un nessuno come politico e ministro, Angelino Jolie era già un nessuno come avvocato nella natìa Agrigento. “Riparto – aveva dichiarato dopo le elezioni – da dove avevo iniziato”. Cioè dal nulla. E lì sarebbe rimasto, non esistendo in natura nessuno che si farebbe assistere da uno come lui, fosse pure per un parafango ammaccato. Invece, con sua grande sorpresa, fu chiamato dal primo studio legale italiano, il Bonelli-Erede di Milano, come consulente in “Public International Law & Economic Diplomacy”. Un’irresistibile nota spiega che “le competenze (allo studio Bonelli-Erede sono molto spiritosi, ndr) di Alfano verranno integrate con quelle di molti professionisti che da anni si occupano di diritto internazionale. L’obiettivo è assistere non solo le aziende, ma anche Stati, Enti, Istituzioni nel Mediterraneo, Africa e Medio Oriente per favorire gli investimenti”. I poverini sperano che porti nel privato le relazioni accumulate da ministro degli Esteri in Nordafrica (dove strappò il record mondiale di sbarchi di migranti). Tipico caso di circonvenzione di capaci.
Altro avvocato per insufficienza di prove è il renziano Ernesto Carbone, trombato dopo un solo giro: manco il tempo di acclimatarsi alla buvette (è un noto esperto di feste&ape) e già ha dovuto tornare alle pandette. Gli elettori ingrati gli hanno restituito il Ciaone lanciato dopo il referendum-trivelle. Fuori dal suo studio c’è una fila di clienti ansiosi di farsi difendere da lui: tutti aspiranti suicidi.
Poi c’è la pattuglia degli ex pm tornati in toga: la Finocchiaro (parcheggiata al ministero), la Ferranti (promossa in Cassazione senza uno straccio di concorso), D’Ambruoso (approdato alla Procura di Bologna, con gran sollievo di tutte le altre), ecc.
E Giovanardi? Si gode la liquidazione di 315 mila euro, frutto di 7 sudate legislature, e si dedica alla filatelia: in pratica, conta i denti ai francobolli. Non si hanno purtroppo notizie del prodian-renziano Sandro Gozi, ma avendo raccontato che Macron chiese consiglio a lui prima di fondare En Marche!, troverà senz’altro un impiego all’Eliseo. Noi però, visto lo score di successi inanellati in Italia e in Europa (l’ultimo fu la sconfitta della favoritissima Milano per l’Agenzia Ue del farmaco), lo vedremmo meglio nelle mansioni affidate da Totò e Nino Taranto al caratterista Pietro De Vico in Totòtruffa '62: contatore di piccioni in piazza San Marco a Venezia.