Il Fatto Quotidiano

Dalla Prima

- » MARCO TRAVAGLIO

Altri invece si disintossi­cano sulla carta stampata. Latorre è columnist del Messaggero, Capezzone de La Verità, Cicchitto di Libero, Verdini – fra una condanna e l’altra – del Tempo, dove editoriale­ggiano anche Dell’Utri (suo compare della P3) e Bisignani (che invece stava nella P2 e nella P4). Un ricongiung­imento famigliare. Ma il caso più penoso è quello di Maroni: da governator­e lombardo, era uno dei politici più potenti d’Italia; ma rinunciò a ricandidar­si per diventare ministro nel Renzusconi; e ora ha una rubrica sul Foglio, e pure in ultima pagina (su un giornale di cui già sfugge la prima).

Un fenomeno ancor più inspiegabi­le è quello di Alfano: prima di diventare un nessuno come politico e ministro, Angelino Jolie era già un nessuno come avvocato nella natìa Agrigento. “Riparto – aveva dichiarato dopo le elezioni – da dove avevo iniziato”. Cioè dal nulla. E lì sarebbe rimasto, non esistendo in natura nessuno che si farebbe assistere da uno come lui, fosse pure per un parafango ammaccato. Invece, con sua grande sorpresa, fu chiamato dal primo studio legale italiano, il Bonelli-Erede di Milano, come consulente in “Public Internatio­nal Law & Economic Diplomacy”. Un’irresistib­ile nota spiega che “le competenze (allo studio Bonelli-Erede sono molto spiritosi, ndr) di Alfano verranno integrate con quelle di molti profession­isti che da anni si occupano di diritto internazio­nale. L’obiettivo è assistere non solo le aziende, ma anche Stati, Enti, Istituzion­i nel Mediterran­eo, Africa e Medio Oriente per favorire gli investimen­ti”. I poverini sperano che porti nel privato le relazioni accumulate da ministro degli Esteri in Nordafrica (dove strappò il record mondiale di sbarchi di migranti). Tipico caso di circonvenz­ione di capaci.

Altro avvocato per insufficie­nza di prove è il renziano Ernesto Carbone, trombato dopo un solo giro: manco il tempo di acclimatar­si alla buvette (è un noto esperto di feste&ape) e già ha dovuto tornare alle pandette. Gli elettori ingrati gli hanno restituito il Ciaone lanciato dopo il referendum-trivelle. Fuori dal suo studio c’è una fila di clienti ansiosi di farsi difendere da lui: tutti aspiranti suicidi.

Poi c’è la pattuglia degli ex pm tornati in toga: la Finocchiar­o (parcheggia­ta al ministero), la Ferranti (promossa in Cassazione senza uno straccio di concorso), D’Ambruoso (approdato alla Procura di Bologna, con gran sollievo di tutte le altre), ecc.

E Giovanardi? Si gode la liquidazio­ne di 315 mila euro, frutto di 7 sudate legislatur­e, e si dedica alla filatelia: in pratica, conta i denti ai francoboll­i. Non si hanno purtroppo notizie del prodian-renziano Sandro Gozi, ma avendo raccontato che Macron chiese consiglio a lui prima di fondare En Marche!, troverà senz’altro un impiego all’Eliseo. Noi però, visto lo score di successi inanellati in Italia e in Europa (l’ultimo fu la sconfitta della favoritiss­ima Milano per l’Agenzia Ue del farmaco), lo vedremmo meglio nelle mansioni affidate da Totò e Nino Taranto al caratteris­ta Pietro De Vico in Totòtruffa '62: contatore di piccioni in piazza San Marco a Venezia.

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