Regole nuove, risultato vecchio: Patroni Griffi
I giudici amministrativi scelgono come presidente l’ex ministro, favorito dalla forzatura delle procedure avallata nel 2016 da Conte (che ora la sconfessa)
Il plenum del Consiglio di Presidenza della giustizia amministrativa (Cpga) ha designato ieri l’ex ministro Filippo Patroni Griffi per la presidenza del Consiglio di Stato al posto di Alessandro Pajno, uscito di scena due settimane fa per limiti di età. Il voto è stato unanime. Secondo la legge l’indicazione va al governo che sulla base di questo parere (formalmente obbligatorio ma non vincolante) proporrà il nome al presidente della Repubblica per la nomina. Di fatto il Cpga, una specie di Csm dei giudici amministrativi di Tar e Consiglio di Stato, ha scritto una nuova pagina controversa nella crisi della giustizia amministrativa, che appare ormai irreversibile.
L'ANTICO DOGMA dell’indipendenza del Consiglio di Stato dalla politica dipende dal fatto che l’alto consesso ha come attività principale – oltre alla caccia privata agli incarichi di governo in distacco – la giurisdizione “speciale” sugli atti della Pubblica amministrazione. Il governo non può dunque nominare il suo giudice e per questo l’antica prassi voleva la nomina automatica al vertice del Consiglio di Stato del presidente di sezione più anziano.
Il dogma dell’indipendenza viene definitivamente abolito con l’indicazione per la presidenza di un ex ministro (alla Funzione pubblica con Monti) ed ex sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con Letta. In pratica il governo del cambiamento porta un’innovazione storica, cioè l’istituzionalizzazione delle porte girevoli tra il governo e la magistratura speciale che dovrebbe difendere i cittadini dal governo stesso, o il governo dall’inquinamento del malaffare.
Anziché tornare al criterio oggettivo dell’anzianità, che avrebbe premiato il presiden- te della sesta sezione Sergio Santoro, già scavalcato tre anni fa e autore di una raffica di ricorsi tutti respinti dallo stesso Consiglio di Stato (che è anche giudice di se stesso), Patroni Griffi è stato scelto in base all’inedito criterio della gerarchia: è il più alto in grado, in quanto presidente aggiunto. Posizione che ottenne nel 2016 conteggiando – come esperienza specifica che lo ha fatto balzare in testa alla graduatoria – proprio i 28 mesi trascorsi in aspettativa per gli incarichi di governo.
Alla fine del 2015, il premier Matteo Renzi impose la nomina di Pajno, gradito anche al Quirinale in quanto legato al presidente Sergio Mattarella. Per raggiungere il suo obiettivo ordinò al Cpga di cancellare la prassi consolidata di indicare il nome secco del più anziano presidente di sezione, che era allora Stefano Baccarini. Chiese cinque nomi tra i quali scegliere. Il Cpga mise a verbale la gravità del fatto ma obbedì in nome di mai spiegati “bene comune” e “consapevolezza del momento storico”. E già che c’era, anziché dare i cinque nomi in ordine di anzianità li sistemò in base a non meglio precisati “meriti e attitudini”. Patroni Griffi balzò dal quinto al terzo posto. Renzi nominò il secondo, Pajno, e il primo, Baccarini, se ne andò silenzioso e furente. Così Patroni Griffi si trovò primo come presidente aggiunto.
ADESSO la posizione del premier Giuseppe Conte – che tre anni fa era vicepresidente del Cpga e partecipò allo strappo renziano – è cambiata. La prassi, fa sapere, “è stata derogata per la prima volta da oltre mezzo secolo dal governo Renzi che chiese la rosa di cinque nomi e poi scelse senza neanche tener conto dell’ordine indicato”. Adesso ha deciso di “restituire la scelta del vertice della magistratura amministrativa all’organo di autogoverno della stessa”. Solo che il Cpga questa scelta non l’ha mai avuta in era pre-renziana, si limitava a indicare il nome del più anziano. Adesso indica il più alto in grado che, nel caso specifico, lo è grazie alla forzatura di tre anni fa che Conte dice di voler sanare. Un pasticcio che sicuramente sfocerà in ricorsi. Del solito Sergio Santoro, scavalcato tre anni fa da Pajno e Patroni Griffi, e forse di Raffaele Carboni, l’altro presidente di sezione più anziano del prescelto di oggi.
Twitter@giorgiomeletti
Potere discrezionale È stato abbandonato il criterio dell’anzianità, evitava che il governo scegliesse il suo giudice