Aquarius e l’ordine di chiudere i porti: ora indaga Roma
La denuncia A giugno l’Italia decise di non accogliere 629 migranti, poi costretti a sbarcare a Valencia dopo nove giorni di navigazione
La vicenda dell’Aquarius, che a giugno ha rischiato di sfociare in una crisi internazionale, è finita sul tavolo dei magistrati romani. L’esposto è stato presentato a fine agosto dall’ex Pd Pippo Civati (poi fondatore di Possibile), il quale – con alcuni avvocati esperti di diritto internazionale – chiede di fare chiarezza sulle mosse politiche dell’Italia che chiuse i porti in faccia alle 629 persone a bordo della Aquarius. Nella denuncia – e non è la prima arrivata in Procura (a giugno i Verdi ne annunciarono una) – quindi si chiede se con quelle decisioni parecchio discusse sia stato violato, tra le altre cose, il diritto internazionale, il principio di non respingimento e se vi sia stato un abuso d’ufficio.
L’indagine è alle battute iniziali e saranno i pm a verificare se siano stati commessi reati.
E così dopo il caso Diciotti (Salvini è indagato per sequestro di persona dal Tribunale dei ministri di Palermo), anche la vicenda dell’Aquarius rischia di diventare una grana per il ministro dell’Interno.
Il 9 giugno, l’inizio dell’odissea
Tutto comincia il 9 giugno quando 629 persone, di cui 123 minori, 11 bambini e sette donne incinte, vengono soccorsi a bordo della Aquarius della Ong “Sos Mediterranée”, battente bandiera di Gibilterra.
Il messaggio che arriva d al l ’ Italia, il giorno dopo, è chiaro: i nostri porti sono chiusi. Qui non si sbarca. La nave, quindi, volta verso Malta, che pure nega l’accoglienza. Dalla Valletta, infatti, comunicano che quello sbarco non è di loro competenza. “Se ne fregava”, sintetizza Salvini il 13 giugno in aula.
Così l’Aquarius resta in alto mare in balia di una crisi diplomatica, sbloccata dalla Spagna che l’11 giugno annuncia la propria disponibilità a aprire il porto di Valencia.
Quello stesso giorno, durante una riunione a Palazzo Chigi tra Salvini, il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli e il ministro della Difesa Elisabetta Trenta, si decide di mettere a disposizione due navi, una del- la Marina e una delle capitanerie di porto, per assistere il viaggio dell’Aquarius fino a Valencia, dividendosi i migranti a bordo.
La crisi con Macron: “Italia cinica”
In questo contesto, dopo Malta, rischiano di incrinarsi i rapporti anche sul fronte francese, con il presidente Emmanuel Macron che il 12 giugno parla di “una forma di cinismo e di irresponsabilità” da parte dell’Italia. Il giorno dopo, in aula, Salvini commenta: “Dal 1º gennaio al 31 maggio di quest’anno i respingimenti alla frontiera tra Italia e Francia hanno visto rispedire a casa nostra 10.249 esseri umani, compresi donne, bambini e disabili. Sulla base degli accordi sui ricollocamenti del 2015, la Francia si era impegnata ad accogliere 9.816 immigrati. Ma in tre anni ne ha accolti 640. Quindi, chiedo al presidente Macron di passare dalle parole ai fatti”.
E così mentre la politica di- scute, l’odissea dei migranti finisce solo alle 6.45 del 17 giugno, dopo nove giorni di navigazione, quando l’Aquarius arriva a Valencia.
L’esposto anche ai magistrati contabili
Questo quanto accaduto in quei caldi giorni di giugno. Dopo gli esposti arrivati in Procura, saranno i pm a stabilire se chi ha deciso di chiudere i porti abbia commesso dei reati.
Nel frattempo un esposto, come anticipato ieri dal Tempo, è stato depositato pure alla Corte dei Conti. Ai magistrati contabili, Civati e alcuni avvocati chiedono di fare chiarezza anche su altre due vicende, quella della Diciotti (quando 67 migranti sono rimasti dal 10 al 13 luglio davanti al porto di Trapani), e quella del “blocco in mare, prima davanti a Lampedusa e poi al porto di Catania, del 16 agosto con a bordo 177 persone”.
“Il fondamento della responsabilità amministrativa contestata ai ministri – è scritto nell’esposto – consiste nell’aver essi tenuto una condotta gravemente colposa, o apertamente dolosa in quanto non hanno indicato un porto sicuro di approdo in Italia, in casi che rientravano nella competenza del nostro Paese perché i naufraghi si trovavano a bordo di mezzi italiani in acque territoriali italiane”. Nell’esposto si chiede quindi se dall’uso prolungato “delle unità militari facenti capo alla Guardia costiera”, senza sbarcare, vi sia stato un danno patrimoniale “che potrebbe essere ancora maggiore in caso di condanne da parte della Corte europea dei Diritti dell’uomo”.
Gli atti Civati (ex Pd) deposita un esposto: “Verificare se in quella occasione siano stati commessi reati”