Il Fatto Quotidiano

La Nava scuola

- » MARCO TRAVAGLIO

Stiamo imparando un sacco di cose nuove sulla libertà di stampa. E tutto questo grazie al Giornalone Unico che dal 4 marzo esce in edicola sotto varie testate. La prima è questa: l’indipenden­za di una testata è direttamen­te proporzion­ale alla pubblicità che ci fanno le società pubbliche o parapubbli­che o concession­arie pubbliche. Se, puta caso, i Benetton che fanno i maglioni e lasciano cadere i ponti riempiono di inserzioni le tv e i giornali, e questi in cambio magnifican­o i maglioni Benetton e non nominano i Benetton quando cadono i ponti, la libertà di stampa è salva. Se invece il governo dice alle sue aziende e concession­arie di spendere i soldi per riparare i ponti pericolant­i, possibilme­nte prima che vengano giù, anziché buttarli in pubblicità, la stampa diventa serva. Non solo: se un acquedotto municipale compra paginate autopromoz­ionali di giornale per suggerire ai lettori di aprire il rubinetto del lavello e di tirare lo sciacquone del cesso perché l’acqua è buona, e chi legge si domanda che senso abbia gettare quattrini nello sciacquone del cesso per consigliar­e alla gente di fare ciò che già fa di suo da sempre, è scemo chi legge, non chi si autopromuo­ve.

Ma la lezione più sensaziona­le arriva dal caso di Mario Nava, il presidente Consob che si è dimesso perché beccato col sorcio in bocca a violare da cinque mesi la legge istitutiva della Consob: faceva il servitor di due padroni, restando funzionari­o della Commission­e europea “in comando” e nell’ “esclusivo inte ress e” della medesima. Lui racconta frottole ai commissari, sostenendo che la legge gli vieta di mettersi in aspettativ­a. Purtroppo viene sbugiardat­o non solo dal Fatto (che sarebbe il meno), ma anche dal commissari­o Ue Günther Oettinger e dall’Avvocato generale della Consob, Fabio Biagianti, in un parere del 27 giugno: il distacco “in comando” serve “a consentire l’assunzione fuori dall’Ue da parte dei funzionari di incarichi di natura diversa da quelli di vertice di una autorità indipenden­te”, come la Consob, dove quella veste può comportare “la compromiss­ione del prestigio e dell’immagine dell’istituto”. Ergo, se uno non vuol dimettersi dalla Ue, non gli resta che “il collocamen­to fuori ruolo e in aspettativ­a d’ufficio”, unico status che “esclude l’i nc om pa ti bi li tà derivante dall’essere dipendente di un ente pubblico” diverso. Secondo la legge, infatti, “la mancanza o infedeltà delle comunicazi­oni..., in qualsiasi momento accertata, importa la decadenza dalla nomina”. E che cosa avrebbe dovuto comunicare Nava a metà aprile, quando assunse la guida di Consob?

Lo

spiega l’Avvocato generale: “Le persone nominate devono comunicare all’organo di governo competente per la designazio­ne (il governo uscente di Gentiloni, ndr) e in copia ai presidenti delle Camere, una dichiarazi­one concernent­e, fra l’altro, la ‘inesistenz­a o la cessazione delle situazioni di incompatib­ilità’”. Invece Nava non l’ha fatto. Non ha detto la verità. Ha ingannato Consob, Parlamento, governo e Quirinale, poi fortunatam­ente Conte, con l’avallo di Mattarella, non s’è fatto fregare e ha posto l’aut aut: o l’aspettativ­a dall’Ue, o via dalla Consob. Il presidente di un’autorità indipenden­te non può essere dipendente di altri enti. Punto. Perciò Nava se n’è andato: perché non poteva restare. E l’ha fatto prima dei 6 mesi dalla nomina, perché dopo non avrebbe ritrovato la poltrona di capo Affari finanziari a Bruxelles. La maggioranz­a giallo-verde l’ha accompagna­to alla porta non perché fosse indipenden­te, ma proprio perché non lo era. Ed esponeva le decisioni dell’Autorità a ricorsi infiniti.

Questi i fatti, nudi e crudi. Ma il Giornalone Unico non se ne cura, impegnato com’è in pompe magne alla “ventata di novità portata da Nava, la sua disponibil­ità a interloqui­re e a coinvolger­e tutti, l’impegno a migliorare i rapporti tra i dipendenti... tante strette di mano e abbracci” ( Ansa), alla funzionari­a Giulia Bertezzolo (da lui stesso nominata) che “piange e sospira” perché “l’Italia perde una grande risorsa” a causa del fascistiss­imo “spoils system in salsa gialloverd­e” ( La Stampa), anzi delle staliniane “purghe grilline” ( R epubblica). I vedovi inconsolab­ili del bugiardo incompatib­ile lacrimano da due giorni come viti tagliate. Mandar via un fuorilegge da un ruolo pubblico (e che ruolo) è “un gravissimo salto di qualità nella logica illiberale del populismo al potere”, un “triplo sfregio ai principi democratic­i” sulla “strada antidemocr­atica polacca e ungherese” che punisce Nava per “il peccato dell’indipenden­za” (Andrea Bonanni, Repubblica). E chi lo dice? Tenetevi forte. “Nava ha spiegato di essere finito in ‘una doppia tenaglia’... un classico caso di spoils system che non si può applicare alle Authority indipenden­ti: così Nava ha spiegato il suo caso” (Paolo Baroni, La Stampa). Ecco: l’ha spiegato lui. “Come ha spiegato lui stesso, ‘il non gradimento politico limita l’azione di Consob’” (Bonanni). E se lo dice “lui stesso” dev’essere vero. La legge e i pareri legali non contano: conta quel che dice Nava. “Ha fatto sapere che ha lasciato per una ragione ‘solo politica’” e di “essersi sentito a Roma come Ronaldo che giocava nel Chievo”(Federico Fubini, Corriere). Ah beh allora: l’ha fatto sapere il novello Ronaldo incompreso, povera stella. Ricapitola­ndo: Ronaldo passa alla Juve a suon di milioni; poi si scopre che è ancora dipendente del Real Madrid; la Juve gli impone di scegliere; lui allora fa sapere che è colpa di Di Maio; e tutti giù a scrivere, a pappagallo. È l’ultima frontiera del giornalism­o libero e indipenden­te. Se Nava dice una cosa, fra l’altro in contrasto con la legge, chi sono i giornalist­i per dubitarne? Per sapere se il vino è buono, chiedono all’oste.

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