Il Fatto Quotidiano

“Non si può essere credenti e mafiosi”

Il Papa Francesco a Brancaccio rende omaggio alla memoria di Don Puglisi

- » GIUSEPPE LO BIANCO

Nessun baciamano, ma solo baci sulle guance, con l’invito deciso ad una donna inginocchi­ata davanti a lui a rialzarsi, scuotendo il capo. E poi l’anatema, chiaro e diretto: “Non si può credere in Dio ed essere mafiosi. Smettete di pensare a voi stessi e ai vostri soldi, convertite­vi al vero Dio di Gesù Cristo! Altrimenti, la vostra stessa vita andrà persa e sarà la peggiore delle sconfitte”. Papa Francesco arriva in Sicilia (prima Piazza Armerina, poi Palermo) con una nuova scomunica contro i boss, con parole chiare come quelle pronunciat­e da Wojtyla 25 anni fa nella valle dei Templi: “Chi è mafioso non vive da cristiano, perché bestemmia con la vita il nome di Dio-amore”– ha aggiunto il Pontefice, tra l’abbraccio con un disoccupat­o e un giovane di colore, e un selfie con un pellegrino prima di indossare un capellino che gli era stato offerto da un bambino disabile. E ha aggiunto: “Oggi abbiamo bisogno di uomini di amore, non di uomini di onore”. Uomini di amore come padre Pino Puglisi, ucciso 25 anni fa proprio a Brancaccio, regno incontrast­ato del boss stragista Giuseppe Graviano, che il Papa ha voluto visitare salendo a casa del prete che la sera del 15 settembre ’93 sorrise al killer che gli sparò alla nuca: ‘”Il suo sorriso trasmettev­a la forza di Dio” – ha detto Francesco scrivendo nel registro “che l’esempio di don Pino possa far nascere tante vocazioni”, e sottolinea­ndo la genuinità dell’impegno civile di un sacerdote, diverso da quello di tanti protagonis­ti di un’antimafia solo di facciata: “Non viveva per farsi vedere – aggiunto ricordando il martire di Cosa Nostra, oggi Beato, dal palco del Foro Italico davanti a migliaia di persone – non viveva di appelli antimafia, e nemmeno si accontenta­va di non far nulla di male, ma seminava il bene, tanto bene.

LA SUA SEMBRAVA una logica perdente, mentre pareva vincente la logica del portafogli­o. Ma padre Pino aveva ragione: la logica del dio-denaro è perdente’’. Le parole del Pontefice oggi schierano la Chiesa dalla parte del contrasto deciso a Cosa Nostra, che 25 anni fa non fu compreso appieno dai vertici ecclesiali, compreso il cardinale Pappalardo come ricorda il fratello di don Puglisi, Gaetano, intervista­to da Mario Lancisi autore di una biografia del parroco di Brancaccio: “La Chiesa oggi lo fa beato, ma quando serviva una mano nessuno gliela diede – ha detto il fratello – soprattutt­o nell’estate del ’93 quando ci furono gli attentati incendiari alla porta del comitato intercon-dominiale, le minacce e i pestaggi che don Pino fu lasciato solo. Dalla Chiesa di Palermo e dallo Stato, lo disse anche al cardinale Pappalardo di mandare qualcuno, che occorreva sorveglian­za. E per la mafia questo era un messaggio forte, un messaggio muto’’. Analogo a quello stigmatizz­ato dal pm del processo ai killer, Lorenzo Matassa, che in aula definì la decisione della Chiesa palermitan­a di non costituirs­i parte civile contro gli assassini di don Pino Puglisi “un’occasione mancata per far vivere l’opera di aiuto sociale del sacerdote’’. La Chiesa replicò parlando di ragioni pastorali, sostenendo che non c’erano parti offese in senso civile, le ragioni del perdono erano più forti.

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Foro Italico La visita di papa Francesco a Palermo

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