Il Fatto Quotidiano

La squadra antirazzis­ta di Amburgo per integrare i migranti a Siracusa

L’impegno del St. Pauli con la parrocchia di don Carlo D’Antoni

- » SAUL CAIA

Un pallone di calcio per abbattere le barriere sociali del razzismo e favorire l’integrazio­ne. È il progetto che la società calcistica del St. Pauli di Amburgo promuove da molti anni in Germania ma che desidera esportare anche in altre parti d’Europa. Per questo motivo dodici componenti dello staff tecnico della società sono a Siracusa, per avviare un piccolo campus sportivo con la comunità della chiesa di Bosco Minniti, del parroco Carlo D’Antoni, situata a pochi passi dal quartiere popolare della Mazzarrona e dai luoghi di spaccio del bronx siracusano.

IL PRETE da circa 28 anni accoglie nella sua parrocchia i migranti che arrivano sull’isola, fornendo loro vitto e alloggio, assistenza sanitarie e aiutandoli nell’ottenere la documentaz­ione per avere asilo.

Il trait d’union tra il St Pauli e padre Carlo è stata l’associazio­ne tedesca Seehilife, fondata nel 2014, che provvede ad inviare dalla Germania verso la Sicilia beni di prima emergenza, abbigliame­nto, medicine destinati ai migranti.

“Da diversi anni aiutiamo padre Carlo, ultimament­e abbiamo allestito a Bosco Minniti un’aula multimedia­le e una radio web – spiega Agata Vecchio, componente di Seehilife in Sicilia -, abbiamo quindi pensato di coinvolger­e il St Pauli, provando a organizzar­e un torneo di calcio con squadre miste qui a Siracusa, con l’obiettivo di far integrare tra loro i migranti e i giovani del luogo”.

Quella del St Pauli è una storia differente da qualsiasi altra società sportiva. Prende il nome dal quartiere di Amburgo, considerat­o uno dei più malfamati della città, vicino al distretto a luci rosse di Reeperbahn, definita una zo- na difficile, visto il proliferar­e della prostituzi­one, delle droghe e della criminalit­à. Negli anni 80 la St Pauli cambia pelle e diventa una squadra antisistem­a, dichiarand­osi apertament­e contro il razzismo e il neonazismo, promuovend­o campagne sociali legate al rispetto e l’integrazio­ne tra diverse culture, organizzan­do tornei in periferia anche con rifugiati politici. I tifosi adottano persino come stemma il Jolly Roger, la bandiera dei pirati, diventano un’icona sportiva.

QUATTRO ALLENATORI, quattro pedagogist­i e quattro addetti dell’area comunicazi­one saranno impegnati per tutta la settimana insieme ai giovani migranti e non, organizzan­do allenament­i giornalier­i ma anche cene e incon- tri, con l’obiettivo di formare una squadra multicultu­rale.

“Al momento in parrocchia ci sono circa una decina di ragazzi – racconta padre Carlo D’Antoni –, di solito ne ospitiamo una trentina, ma parecchi di loro sono lavoratori stagionali e in questo periodo sono nelle campagne”. Da quando padre Carlo ha aperto le porte della sua parrocchia, sono passate da Bosco Minniti circa 25 mila persone. “Abbiamo ospitato un massimo di 150 contempora­nee – spiega il prete –, era il periodo della grande emergenza, gli anni 2005-2008, dormivano tutti in chiesa, era un tappeto di brandine. Si vedeva solo il crocifisso, le braccia aperte di Gesù simboleggi­avano come se quei ragazzi fossero finalmente a casa”.

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Il St. Pauli gioca in B in Germania

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