Gravina, Sibilia e i tormenti di Tommasi
Le mosse dei protagonisti: Malagò è nervoso, Giorgetti vigila da Palazzo Chigi
S’avanza
Gravina da Castel di Sangro. Il calcio pare a un passo dall’elezione del suo nuovo capo e da un assetto stabile, si vedrà se moderno e di largo respiro. Costretto a convocare il 22 ottobre l’assemblea Figc, Roberto Fabbricini ha tradito il suo ruolo, affermandosi come il commissario più divisivo nella storia della Figc, a differenza di Pagnozzi, Petrucci, Rossi e Pancalli. Invece di ricompattare, ha avvelenato ulteriormente i pozzi, lasciandosi telecomandare dal suo patron, Giovannone Malagò, ansioso di mettere le mani sul pallone. Grazie anche alla vigilanza da Palazzo Chigi di Giancarlo Giorgetti, il capo del Coni vede però naufragare il suo progetto di un secondo stallo, per ri- commissariare in prima persona la Figc. Ecco le mosse dei protagonisti, in ordine alfabetico.
GIANCARLO ABETE: aveva accettato di tornare – su proposta di Serie C, Dilettanti, calciatori e arbitri (73%) – per riunire le anime; si è fermato per il tetto ai mandati, evitando ricorsi sulla retroattività della legge, ma non ha rinunciato al ruolo di mediatore. Positivo.
ANDREA ABODI: tirato per la giacchetta dal governo come pacificatore, si è ritrovato – suo malgrado – candidato di Malagò che lo aveva sgambettato a favore di Tavecchio. Ha i numeri per guidare la Figc, ma vuole mantenere la presidenza del Credito sportivo. Sogna un “commissariamento votato” per 2 anni. Suggestivo.
FRANCO CARRARO: bocciato da Forza Italia al Senato (secondo lui per colpa dell’ex a- mico Galliani), travolto da Calciopoli 2006 (si dimise per “responsabilità politica”), è confinato nel ruolo di consigliori. Con l’aiuto di Gianni Letta ha provato invano a convincere Sibilia, deputato forzista, a votare il commissario Fabbricini. Disperato.
GIANCARLO GIORGETTI: quando ha capito che il Coni faceva melina sulla Figc, ha messo in riga Malagò. Chiusa la strada ad Abete, ha lanciato la candidatura Abodi, anche nella speranza di liberare per la Lega la ricca poltrona del Cre- dito sportivo (180 mila euro all’anno). Refrattario al sistema di cene, cocktail e grandi feste – tanto caro a Malagò – bada al sodo e punta a ridimensionare il Coni. Vigile.
GABRIELE GRAVINA: folgorato come San Paolo, sulla via di Castel di Sangro e non Damasco, apre a un’alleanza con i Dilettanti, rifiutata il 29 gennaio su pressione di Malagò e Lotti, quando favorì il commissariamento. Dirigente esperto e imprenditore capace, salgono le sue quotazioni come n. 1, in ticket con Sibilia di- sposto ad aspettare un giro. Convertito.
GIOVANNI MALAGÒ: il vero obiettivo resta la Figc. Prova a sabotare le alleanze per autonominarsi commissario e farsi poi eleggere presidente. A novembre entrerà nel Cio (il Comitato olimpico internazionale), incarico a vita. E preferirebbe la vetrina del calcio a quella del Coni dove monta il malumore dei presidenti federali. Nervoso.
BEPPE MAROTTA: fatica a passare da 2 milioni di stipendio alla Juve ai 36 mila euro di indennità, ma l’idea di guidare la Figc gli piace e piace soprattutto ad Agnelli. Non ha i voti per essere candidato unico e non vuole rischiare un flop. Se ne riparlerà nei prossimi anni, resta un’ipotesi di tutto rispetto. Futuribile.
MARCELLO NICCHI: il capo degli arbitri l’ha spuntata sul Coni che voleva toglierli diritto di voto. Conta poco (2%) ma sta al tavolo dei big. Vittorioso
Un mese al voto Il n. 1 della Serie C è favorito, ma c’è chi tifa per lo stallo e prova a spaccare il fronte della coalizione
COSIMO SIBILIA: per evitare alla Figc altre aggressioni, mette di nuovo a disposizione di Gravina il patrimonio della sua corazzata Dilettanti (34%). Per ora tornerà vicario e al dg Uva ha chiesto ufficialmente di presentare i costi delle ultime assunzioni, promozioni e super minimi elargiti ai fedelissimi. Combattivo.
DAMIANO TOMMASI: in alternativa a se stesso, rilancia Albertini e Vialli, ma in Italia non è ancora tempo per un calciatore al vertice Figc. Dovrà accontentarsi di gestire le nazionali col Club Italia. Inquieto.