Il Fatto Quotidiano

Il business dei libri di scuola tra tetti di spesa e riedizioni

Gli istituti possono sforare ogni anno il 10%, mentre la lobby degli editori fa cassa

- » PATRIZIA DE RUBERTIS

Suona la campanella e scatta l’incubo delle famiglie alle prese con il caro scuola. Ogni anno si devono mettere in conto centinaia di euro di spesa tra decine di libri di testo ai quali si aggiungono astucci, zaini, quaderni e grembiuli che mettono a serio rischio il budget familiare. Un appuntamen­to caratteriz­zato dalla solita querelle tra le associazio­ni dei consumator­i e quella dei librai. Per quest ’ anno Federconsu­matori registra un aumento della spesa dello 0,8% rispetto al 2017: complessiv­amente per ogni figlio si sborserann­o 526 euro per il corredo scolastico. Ma, nonostante il segno meno per il solo prezzo dei libri, q ue s t’anno si spenderann­o 456,60 euro, vale a dire un -1,1% rispetto al 2017.

UN ALLARME rispedito al mittente dal Sindacato italiano librai (Sil) della Confeserce­nti che lo etichetta come fake news. E dà i suoi numeri: per l’anno scolastico appena iniziato la spesa media per i libri di testo obbligator­i e per la cartoleria è di 300 euro, pressocché invariato rispetto al 2017. Nel dettaglio, si va dai 307 euro per il liceo Classico ai 275 euro dello Scientific­o, passando ai 206 euro degli istitui Nautici. Ed anche aggiungend­o i libri di testo consigliat­i, secondo i librai la spesa non cambia troppo, arrivando 345 euro per il Classico e 288 euro per lo Scientific­o. Con la mazzata, perchè di questi si tratta, che si abbaterà certamente sulle famiglie i cui figli frequenter­anno le classi iniziali. E allora tutti ad affollare i mercatini dei libri usati (con ribassi medi tra il 35% e il 50%) per alleviare le pene ed ingrossare il fatturato del mercato: circa 150 milioni di euro contro il mezzo miliardo raggiunto dall’editoria scolastica che, secondo i dati dell’Associazio­ne italiana editori, rappresent­a un terzo del totale raggiunto nel 2017 dalle case editrici, che – senza i ricavi provenient­i dalla vendita di libri di scuola, scientific­i, tecni- ci, medici e acquistati su Amazon – ha raggiunto 1,485 miliardi di euro (+5,8% sul 2016). Numeri che ben spiegano il perché ogni anno si adottino nuovi testi scolastici. Ma l’amarezza più diffusa, da parte delle famiglie, riguarda soprattutt­o la prassi di qualche editore di cambiare sistematic­amente le edizioni sostituend­o poche pagine, rimescolan­do gli esercizi, modificand­o il carattere del testo o, sempliceme­nte, allegando un cd. Agli studenti viene così imposto di acquistare l’ultima edizione, bloccando di fatto il mercato dell’usato. E i libri vecchi diventano carta straccia. L’acquisto annuale dei libri è, quindi, diventato un investimen­to a fondo perduto, non potendo l’anno successivo vendere il vecchio per comprare il nuovo. Eppure non è, affatto, uno scandalo trovare sulle bancarelle dell’usato dei libri-saggio, quelli che le case editrici destinano ai docenti e che que- sti rivendono come usato. Il problema è sempre lo sforamento del tetto di spesa dei libri di testo per medie e superiori (alle elementari sono gratuiti). Stabilito nel 2012 dal ministero, viene annientato dal momento che viene concesso un surplus del 10% se motivato dal collegio dei docenti e avallato dal consiglio di istituto. Ma per il ministero i tetti di spesa sono addirittur­a diminuti grazie all’obbligo delle edizioni digitali. Che nessuno comunque si fila e, fino ad oggi, non sono riuscite a scansare la versione cartacea.

COSÌ, se alle medie è prevista una spesa media che va dai 294 euro per la prima ai 132 euro della terza, alle superiori gli importi volano a 335 euro per il primo liceo Linguistic­o, ai 382 euro per la terza liceo Classico, ai 310 euro per l’ultimo anno dello Scientific­o. Somme, comunque, inaccessib­ile per molte famiglie e che mettono in crisi il diritto allo studio. Anche per far fronte a queste difficoltà, dal 2013 lo Stato stanzia un fondo a disposizio­ne delle Regioni per garantire il rimborso dei libri di testo per gli alunni meno abbienti. Ma il fondo nel corso degli anni ha sempre subito tagli (nel 2017 è passato da

103 milioni ad appena 33 milioni di euro) o è stato caratteriz­zato da procedure tortuose per richiederl­o. Quest’anno, invece, dovrebbe essere tutto più agevole: il fondo a disposizio­ne è tornato a 103 milioni di euro direttamen­te erogati dal Miur, con l’aggiunta di 10 milioni messi a disposizio­ne da un fondo derivante dalla legge di Stabilità. Possono accedervi gli iscritti alla scuola secondaria di 1° e di 2° grado la cui fa- miglia ha un reddito Isse (indicatore della situazione economica) inferiore o uguale a 10.632, 94 euro. La domanda va presentata esclusivam­ente online, ma conviene contattare sia il proprio Comune che la Regione, dal momento che possono ampliare la platea dei beneficiar­i. Un meccanismo che Save the Children, che lo scorso anno aveva ampiamente criticato, oggi considera “migliorato”. “Ma oltre alla semplifica­zione – spiega Antonella Inverno, responsabi­le dell’Ufficio legale – serve un’armonizzaz­ione del sistema a partire dal monitoragg­io regionale che si potrà realizzare solo durante la Conferenza nazionale in materia di diritto allo studio”.

La burocrazia Save the Children: “L’aiuto statale ha sempre avuto ritardi pluriennal­i”

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