Marciare su Roma non è necessario, Augusto insegna
Il commissario Ue agli Affari economici Pierre Moscovici è stato molto duro, non tanto con l’Italia quanto con i nazionalisti, oggi definiti “sovranisti” da una suadente semantica, nell’ammonire l’opinione pubblica sui tanti “piccoli Mussolini” in giro per la Vecchia Europa. E, in effetti, al di là delle aspre e risentite prese di posizione italiane, non c’è da star tranquilli a fronte dei clangori sovranisti contro un’Europa, che nonostante le nubi continua a non far- si amare mentre la stragrande maggioranza degli europei vorrebbe più politica, più unità, più solidarietà e meno finanza. Eppure all’indomani del voto contro il regime illiberale di Orban, Moscovici ha colto un punto essenziale, cioè che sia Hitler sia Mussolini, nonostante alcune vulgate storiografiche, non siano giunti al potere attraverso strappi, rotture costituzionali o colpi di Stato, ma mediante elezioni, nel primo caso, o attraverso legittime dinamiche costituzionali, nel secondo caso. Persino passaggi cruciali della storia antica di Roma, come l’avvento al potere di Ottaviano Augusto, continuano a esser letti con occhiali deformanti che non aiutano neppure a comprendere il presente. Ottaviano non condusse una marcia su Roma ante litteram, come la caricatura messa in atto dalle camicie nere 2000 anni dopo. Augusto, il fondatore del principa- to, divenne gradualmente il “p ad r o ne ” della res publica attraverso decisioni degli organi costituzionali del tempo (Senato e assemblee popolari), affiancando poi a essi, come ricorda Svetonio, nuovi fundamenta rei publicae, cioè nuove istituzioni per rendere più stabile la repubblica romana (Svetonio, Vita di Augusto 28.3). E questa è tutta un’altra Storia!