Il Fatto Quotidiano

“Def giusto, primo atto anti-povertà”

MarcoRevel­li Il politologo: “Mi oppongo con forza a un governo di destra che limita i diritti fondamenta­li, ma difendere l’austerità fa il gioco di Salvini”

- » LUCA DE CAROLIS

“Io detesto con tutte le mie forze questo governo, ma opporsi a esso in nome del fiscal compact è inquietant­e”. Il politologo Marco Revelli studia da sempre la sinistra ma conosce bene anche il populismo, a cui ha dedicato anche un libro ( Po pu lis mo 2.0). E non si capacita: “L’opposizion­e attuale non si può neanche chiamare tale”. Portare il rapporto tra debito e Pil al 2,4 per cento può sembrare comunque un azzardo, professore. La reazione dei mercati e della Borsa è stata molto negativa, e non si può ignorare. Non si può tifare per lo spread sperando che si porti via Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Io mi oppongo a un governo che aggredisce i diritti fondamenta­li, limitando i permessi umanitari e perseguita­ndo le Ong che salvano vite umane. Spero che Salvini cada domani. Ma non ci si può opporre a un governo di destra spostandos­i ancora più a destra.

Sostenere il rigore nei conti è di destra?

L’errore è già qui. Le politiche dell’austerità e questi assurdi vincoli europei hanno fatto sprofondar­e buona parte del Paese nella povertà. E così hanno alimentato il populismo. Sostenere ancora queste idee significa gonfiare le vele del consenso per questo governo.

Quindi toccare il 2,4 per cento per realizzare il reddito di cittadinan­za è giusto, per capirci?

Una qualche forma di contrasto alla povertà è indispensa­bile, e decidere misure d’urgenza per realizzarl­a è sacrosanto. Anche facendo la voce grossa con i commissari europei. Io sono stato per tre anni presidente della Commission­e di indagine sull’Esclusione sociale, dal 2007 al 2010, e ogni anno nella nostra relazione che mandavamo al ministro del Lavoro chiedevamo di istituire una misura universali­stica contro la povertà, comunque la si voglia chiamare. E ogni volta ci rispondeva­no che non bisognava creare forme di assistenza, e ma posti di lavoro. Una risposta che può avere un senso. È la stessa che danno ora. Solo che di posti di lavoro non se ne vedono, se non quelli senza garanzie del Jobs Act, che non hanno certo sanato la piaga. E ricordo che una forma di reddito esiste in quasi tutti i Paesi d’Europa. Quindi è d’accordo con il governator­e della Puglia, il dem Michele Emiliano, secondo cui un Def così lo dovrebbe aver fatto il Pd? Lo avrebbe dovuto fare la si- nistra, certo. E guardi, questo reddito per come lo hanno pensato i 5Stelle non mi sembra neanche sufficient­e, perché lega la percezione della misura all’accettare offerte di lavoro. Ma contrastar­lo dicendo che così la gente sarà incentivat­a a starsene sul divano è un triste luogo comune. È un rischio che in parte esiste.

Nessuna forza di sinistra può fare il partito dell’austerità. Il voto del 4 marzo andrebbe letto e capito. I cittadini hanno votato in un certo modo perché stufi di determinat­e politiche. Lei prima ha definito questo governo di destra. Ma lo sono anche i 5Stelle, o rappresent­ano un’anima di sinistra? (Sorride, ndr) Diciamo che è difficile essere di destra nella misura in cui lo è Salvini. I Cinque Stelle sono variegati e confusi, talvolta incompeten­ti come nel caso del ministro delle Infrastrut­ture Toninelli, che ha appoggiato la chiusura dei porti. Anche se va detto che nella vicenda del ponte di Genova ha ragione

nell’opporsi ad Autostrade. Quindi il responso è...?

Il M5S ha una connotazio­ne più sociale, anche in consideraz­ione dei territori dove ha fatto il pieno di voti (le regioni del Sud, ndr). Ma il mio giudizio complessiv­o sul governo non cambia. Però da sinistra...

Non possono sostenere che “i conti uber alles”. E devono tornare ad ascoltare il Paese. Altrimenti faranno sempre e solo il gioco di Salvini.

Una forma di reddito contro la povertà è indispensa­bile. E per me quello del M5S non è neppure sufficient­e

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Ansa Vecchi e nuovi Accanto, l’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Sopra, Luigi Di Maio, Giuseppe Conte e Matteo Salvini. A destra, Marco Revelli
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