Il Pd ritorna in piazza e si conta Renzi vuol correre alle Europee
Oggi tutti uniti in piazza del Popolo contro il governo
■L’ex segretario sta pensando di mollare il Senato per “pesarsi” nella prossima sfida elettorale. Preoccupazione per la data delle primarie: 27 gennaio, Giorno della Memoria. Prima puntata della nostra inchiesta “Chi comanda nel Pd”: Toscana
“Trent’anni fa qui veniva Berlinguer, oggi c’è il sindaco della Lega, Michele Conti”, allarga le braccia uno storico militante del Pci. Tirrenia, litorale estremo tra Pisa e Livorno. Nel 1982 qui si tenne la Festa dell’Unità nazionale: 28 ettari di macchia bonificata per l’occasione, 25 stand gestiti con l’aiuto dei Paesi dell’Urss, i concerti di Antonello Venditti e dei Genesis. Ma soprattutto il discorso finale del segretario, Enrico Berlinguer, accolto da una folla oceanica. Quest’anno, però, gli stand di salamelle e trippa toscana hanno lasciato il posto ai “nuovi barbari”: per la prima volta in settant’anni di storia, a Pisa non è stata organizzata la Festa dell’Unità comunale di Riglione e al suo posto, proprio a Tirrenia, si è tenuta la Festa provinciale della Lega dopo l’exploit alle Amministrative di giugno. “È venuta un sacco di gente, abbiamo dovuto fermare le prenotazioni perché non avevamo più spazio – esulta la sindaca di Cascina, Susanna Ceccardi, che nel 2020 proverà a conquistare la Regione –. Ormai siamo noi la nuova sinistra”.
LO STATO del Pd in Toscana, sta tutto in questa fotografia. Nell’ultimo anno il numero di iscritti è crollato da 46 a 41 mila (-10%), nelle zone della costa non si trova più un circolo aperto e dal 2014 in poi il partito è riuscito a fare peggio anche del disastroso trendnazionale: tutte le roccaforti rosse in cui si è votato sono state perse (da Livorno a Carrara, passando per Pistoia, Siena e appunto Pisa) e in molte di queste città il Pd non esiste più. A Livorno, dopo la clamorosa sconfitta nel 2014 contro i 5Stelle di Filippo Nogarin, il partito proverà a presentarsi alle Amministrative del prossimo anno con una strategia ben precisa: candidare un civico (si fa il nome della giornalista di Rai3 Eva Giovannini) nascondendo se stesso. A Pisa e Siena, invece, i dem non si sono ancora rialzati dopo le sconfitte di giugno e, oltre alle divisioni interne e alle purghe nei confronti dei dissidenti, in queste due ex roccaforti rosse quest’anno sono saltate le rispettive Feste dell’Unità comunali. “C’è stanchezza – è stata la motivazione dei militanti dello storico circolo di Riglione (Pisa) che si è rifiutato di mettere in piedi gli stand – il carattere della Festa, attento ai problemi del territorio e dei cittadini, ha rappresentato l’e- sempio concreto su cosa debba essere il Pd, un partito aperto e inclusivo, partecipato e democratico, non autoreferenziale e di vertice così com’è accaduto spesso”.
Nonostante questo, in Toscana comanda ancora Matteo Renzi che, tutto preso a organizzare la Leopolda del prossimo 19-21 ottobre, ha delegato le decisioni del partito al suo plenipotenziario Luca Lotti (lo scouting per il segretario regionale e le candidature delle prossime Amministrative ed Europee).
IL TERMOMETRO DELLA CRISI
Per la prima volta in 70 anni, niente festa dell’Unità a Pisa: dove parlava Berlinguer sono arrivati i gazebo della Lega
LA PARTITA DELLA BONAFÉ
La fedelissima di Matteo è in testa, ma l’affluenza è crollata: nel circolo di Firenze è sotto al 42 per cento
Ed è proprio contro l’ex ministro dello Sport che nelle ultime settimane si è aperta una rivolta tutta interna al fronte renziano: “In questi anni Lotti, e quindi Renzi, hanno gestito il Partito in modo autoritario e a colpi di minacce, adesso bisogna cambiare”, dice un esponente renziano al Fatto. Proprio per questo diversi renziani della prima ora – dall’ex boschiano Marco Donati ai consiglieri regionali Francesco Gazzetti e Monia Monni – potrebbero decidere di sostenere Nicola Zingaretti al prossimo congresso nazionale, contro il candidato scelto da Renzi.
MA IN QUESTI GIORNI, a chi gli chiede notizie sulla data del congresso nazionale, proprio Renzi risponde gonfiando il petto e sviando la domanda: “In Toscana il congresso è già iniziato – ha scritto mercoledì sera nella sua enews settimanale – e faccio i complimenti a Simona Bonafé che sta vincendo con il 70% dei voti. Brava Simo, avanti così!”. Le notizie per Renzi e per il Pd in realtà sono più negative di così: nella prima fase dei 712 circoli che si è chiusa ieri sera, sono andati a votare solo il 32% degli iscritti. Praticamente i parenti, i militanti irriducibili e poco altro. Dai circoli del centro di Firenze a Empoli, passando per Sesto Fiorentino e Pisa, le sezioni sono state disertate dai militanti come mai prima d’ora e in un anno la partecipazione è crollata del 50%. E nemmeno la casa del renzismo si salva: al circolo di Matteo Renzi e Francesco Bonifazi di Vie Nuove (Firenze) su 185 iscritti, sono andati a votare solo in 79 (42%). Per ora Bonafè sta vincendo 70- 30% contro il giovane Valerio Fabiani ma nel partito nessuno è contento tanto che mercoledì sera al circolo “Enrico Berlinguer” di Piombino sono addirittura volati spintoni e seggiole tra renziani e antirenziani.
Nel frattempo tra un anno si vota a Firenze (Nardella rischia grosso) e tra due anni per la Regione: se dovesse vincere la Lega, la Toscana rossa sarebbe solo un lontano ricordo.