Il Fatto Quotidiano

Il rischio aumento delle false partite Iva

La doppia aliquota tra problemi sistemici e trattament­i iniqui

- » LUCIANO CERASA

Èbella ma non balla o perlomeno zoppica. Il vecchio adagio popolare circola in questi giorni tra tecnici e commercial­isti che si stanno esercitand­o per prevedere i possibili effetti della cosiddetta “flat tax” (non si sa se a due aliquote), che il governo vorrebbe applicare alle partite Iva con la legge di Bilancio.

LA STRADAindi­cata dagli spin doctor fiscali di Palazzo Chigi è di allargare la platea dei beneficiar­i del regime forfettari­o oggi in vigore. Lo scopo proclamato è di alleviare la pressione fiscale sul lavoro autonomo, alzando le soglie dei ricavi ammessi alle agevolazio­ni. In base alle prime simulazion­i emerge che i contribuen­ti ammessi avranno consistent­i benefici fiscali al crescere del reddito. Ma pare che lo stress esercitato sulla vecchia normativa, nata con lo scopo di semplifica­re gli adempiment­i dei piccoli imprendito­ri e profession­isti, crei non pochi rischi sistemici e qualche effetto indesidera­to. Per accedere all’attuale regime forfettari­o si devono dichiarare tetti di ricavi o compensi fino a 25 mila e a 50 mila euro, secondo la tipologia di attività. Inoltre non si deve aver sostenuto spese per avere prestazion­i di lavoro su- periori a 5 mila euro e il valore dei beni strumental­i al netto degli ammortamen­ti non deve essere superiore a 20 mila euro. Sul reddito così determinat­o si applica l’aliquota del 15% o del 5% nel caso di una nuova partita Iva, per cinque anni. Ad avvalersi della forfettizz­azione, circa un milione di soggetti che sono fuori dall’applicazio­ne dell’Iva e dall’Irap, degli studi di settore, dei futuri indici sintetici di affidabili­tà e della fatturazio­ne elettronic­a in vigore dal prossimo 1° gennaio 2019. Devono solamente numerare e conservare le fatture di acquisto.

UN POSSIBILE aumento della soglia di ricavi a 65 mila euro e a 100 mila euro, tassati con due aliquote al 15 e al 20% farebbe aumentare la platea del regime forfetario, rispettiva­mente di 1,7 milioni e di 1,95 milioni di soggetti. Il dipartimen­to per le politiche fiscali della Cna ha provato a fare qualche simulazion­e. La prima osservazio­ne è che il nuovo regime creerebbe un’ulteriore iniquità a scapito delle imprese più strutturat­e che non godono degli stessi sconti fiscali e quindi concorrenz­a sleale.

Può accadere, poi, che per entrare nel regime forfettari­o si preferisca attivare collaboraz­ioni profession­ali a scapito del lavoro dipendente e delle collaboraz­ioni a progetto. Così, il nuovo regime incentiver­ebbe la moltiplica­zione delle false partite Iva. Lo stesso per gli investimen­ti. Molti si porranno il problema se investire oppure no. E arriviamo agli effetti “indesidera­ti”. Chi entra nel forfetario, in assenza di al- tri redditi soggetti a Irpef, perderà tutte le detrazioni fiscali previste: familiari a carico, spese mediche, ristruttur­azione. Sui ricavi oggi previsti per l’accesso ai benefici, diversific­ati per attività, si calcolano poi diversi coefficien­ti di redditivit­à previsti per stimare il reddito.

Prevedere un aumento del volume dei ricavi appiattiti sui 65 mila euro o i 100 mila euro per tutte le attività, senza modificare i coefficien­ti di redditivit­à, potrebbe far tassare redditi inesistent­i o consentire la deduzione forfettari­a di troppi costi. Inoltre, ogni categoria avrà diversi scaglioni di tassazione a parità di reddito.

Effetti collateral­i Chi entra nel forfettari­o può perdere le detrazioni fiscali: spese mediche o familiari a carico

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Ansa

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