Renzi-Zingaretti, c’è un altro congresso: si fa alle Europee
DEMOCRATICI I timori per la candidatura dell’ex segretario
Èin arrivo un secondo congresso del Partito democratico e porta la data di maggio 2019: comunque vadano a finire le primarie convocate il 27 gennaio, alle elezioni europee di primavera la guerra per la supremazia nel Pd ripartirà. E come prevedibile, protagonista principale di questa storia sarà il solito Matteo Renzi. Ieri, in un’intervista al Corriere della Sera, l’ex segretario ha detto che non sfiderà Nicola Zingaretti nella corsa alla guida del partito. Giura che “farà altro” e a Roma, questo “altro”, lo traducono in maniera piuttosto chiara: capolista alle Europee, con l’obiettivo di fare il pieno di preferenze e tornare a battere i pugni sul tavolo dei democratici.
Fa ancora paura, l’ex presidente del Consiglio. Perché tutti sanno che – nonostante si sia fatto un discreto numero di nemici – il suo consenso tra i militanti è ancora alto. E quando dovranno trovarsi a scegliere un volto, il preferito sarà ancora quello del fu rottamatore. Così, il possibile rovescio nelle urne delle europee - perfino nelle previsioni dei pretendenti il Pd non andrà oltre il 15 o 16 per cento - rischia di avere comunque come vincitore “morale” ancora Renzi.
LA PARTITAè complessa e, oltre alle lotte intestine ai democratici, dipende anche dalle sorti dell’esecutivo gialloverde. Il Pd è convinto che prima o poi la luna di miele degli italiani con il governo Conte finirà. E Nicola Zingaretti pensa che toccherà a lui tentare l’assalto a palazzo Chigi. Ma avere alle calcagna il senatore di Scandicci, non è esattamente il massimo che si potesse augurare. Indiscrezioni ricorrenti davano addirittura per buona l’ipotesi che fosse lo stesso Zingaretti a voler traslocare in Europa, per fuggire da una situazione non più blindata dal “patto” in Regione con i Cinque Stelle. Ma nel Lazio la consiliatura targata Pd ha attinto nuova linfa da due “ingressi” (dal gruppo misto) che si sono palesati in occasione del voto sul collegato al Bilancio, martedì scorso. In più, il governatore ha bisogno dei voti dei consiglieri regionali per fare il pieno di consensi alle primarie nel Lazio, la sua roccaforte. E togliere loro le poltrone con un nuovo voto sarebbe un atto di guerra.
Soprattutto, a Zingaretti non conviene vedersela con Renzi in un confronto a distanza nelle Europee. Perché il primatista di preferenze sarebbe comunque l’ex sindaco di Firenze, e su questo sono tutti d’accordo. Però equilibri e nervi restano quanto mai precari nel Pd che oggi si ri- trova a Roma in piazza del Popolo per la manifestazione nazionale contro il governo. Innanzitutto, perché quasi nulla è certo.
NON SI CONOSCONO ancora gli sfidanti di Zingaretti. E balla perfino la data delle primarie, annunciate dal segretario Maurizio Martina per il 27 gennaio. La stessa del Giorno della Memoria, in cui si ricordano le vittime dell’Olocausto. E far coincidere i due eventi non pare la migliore delle idee. Lo ammettono ufficiosamente anche in diversi dal Pd, dove hanno già dovuto spostare ad oggi la manifestazione anti-esecutivo perché la data originaria – quella di ieri – coincideva con la partita di calcio Roma-Lazio. Ma oltre a questo c’è il malumore dei provatissimi iscritti, che con primarie a fine gennaio dovrebbero sobbarcarsi tutto il lavoro preparatorio sotto Natale. E questo dopo aver lavorato ai con- gressi regionali, ufficialmente iniziati.
Così ora si riflette su uno spostamento delle primarie a metà febbraio. Un’i po te si , per ora. “E comunque di questi tempi rinviare le primarie di 15 giorni non sarebbe certo il primo dei nostri problemi ”, rifletteva ieri un parlamentare di peso. Sincero.
Primarie il 27 gennaio Il voto cade nel Giorno della Memoria E costringerà i circoli a“lavorare” a Natale