Salvini, Parisi, Gelmini in fuga da Milano
Eletti in consiglio comunale (ma non solo), disertano le sedute
Qualche anno fa diventò celebre la sfuriata dell’eurodeputato belga Marc Tarabella contro Matteo Salvini, “un fannullone”, disse il socialista, reo di essere “sempre in televisione e mai in aula o in riunione” a Bruxelles. Da allora il Capitano ha fatto strada, arrivando fino al Viminale, eppure il rischio di una strigliata del genere non è passato: da due anni Salvini è infatti consigliere comunale a Milano, pur non partecipando quasi mai ai lavori. Il motivo è semplice: il leader leghista ama girare in lungo e in largo l’Italia – senza mai disdegnare i salotti tv – e da qualche mese, es- sendo ministro, ha ancor meno tempo di tornare al Comune di Milano.
MA QUELLO DI SALVINI non è un caso isolato. Su 48 consiglieri del capoluogo lombardo, ben nove hanno un doppio incarico, a volte anche fuori Regione. Detto di Salvini, che in due anni ha il 3 per cento di presenze alle votazioni, ci sono anche altri due big del centro destra: Mariastella Gelmini, eletta in Parlamento con Forza Italia, e Stefano Parisi, entrato lo scorso 4 marzo nel consiglio regionale del Lazio. Strano caso, quello di Parisi, perfetto federatore della coalizione quando si tratta di far vincere gli altri: scelto come candidato sindaco nel 2016 a Milano, ha perso contro Beppe Sala, prima di ripresentarsi due anni dopo per la guida del Lazio ed essere sconfitto anche da Nicola Zingaretti. Ma due batoste valgon bene la doppia poltrona, anche se in quella di Milano Parisi usa sedersi poco (5 per cento di presenza alle votazioni, un’ottantina su più di 1300) e quando si assenta da Roma glielo fanno notare con una certa ironia: “Non vedo il candidato presidente Parisi, – ha detto Sergio Pirozzi lo scorso 29 maggio in Aula – sarà impegnato da qualche parte per l’Italia, può capitare”.
AL GRAN GALÀ del doppio incarico partecipano poi altri sei consiglieri milanesi. Si dividono tra Comune e Regione Silvia Sardone, che riesce comunque a tenere altissime percentuali di presenza, il forzista Gianluca Comazzi, Mas- similiano Bastoni della Lega, la dem Elisabetta Strada e Manfredi Palmeri di Energie per l’Italia. Più lunga invece la trasferta di Alessandro Morelli, impegnato alla Camera tra i banchi del Carroccio.
Per lui, come per gli altri otto, non esiste alcuna legge che impedisca il cumulo dei ruoli: l’unica limitazione è quella sui compensi, per cui ogni consigliere deve decidere se farsi pagare lo stipendio dal Comune o dall’altro ente in cui è eletto. Per i consiglieri comunali, però, il problema neanche si pone, essendo previsto soltanto un gettone di presenza da 120 euro lordi per seduta, cifra ben inferiore a un qualsiasi altro stipendio in Regione o in Parlamento. Resta però un discorso di opportunità nel mantenere i due incarichi senza lasciare il posto a chi potrebbe svolgere il mandato a tempo pieno: “Ho lasciato il mio lavoro – ha spiegato qualche mese fa la consigliera dem Paola Bocci, l’unica a dimettersi quando è stata eletta anche in Regione – per fare il consigliere comunale, ora lascio palazzo Marino per fare bene in Regione. Non tengo il piede in due scarpe”. Nessuno, però, ha seguito il suo esempio.
Doppi incarichi Sono in 9 a dover far coincidere anche gli impegni al governo, Parlamento e regioni