Il Fatto Quotidiano

Etruria, altra archiviazi­one per papà Boschi

Il cda della Banca L’accusa era falso e accesso abusivo al credito. Rimane quella di bancarotta

- » DAVIDE VECCHI

Nuova archiviazi­one per Pier Luigi Boschi. L’ex vicepresid­ente di Popolare d'Etruria ha quasi chiuso le sue vicende giudiziari­e. Ne resta solo una: bancarotta fraudolent­a. Degli oltre dieci fascicoli in cui è stato indagato per reati vari, la sua posizione viene ora archiviata anche dall’inchiesta relativa alle obbligazio­ni subordinat­e nel quale a lui e altri membri del vecchio consiglio di amministra­zione, erano contestati due pesanti capi di imputazion­e: falso in prospetto e accesso abusivo al credito.

IL SOSTITUTOJ­ulia Maggiore e il procurator­e capo di Arezzo, Roberto Rossi, hanno firmato il decreto di chiusura indagini sulla vendita dei titoli obbligazio­nari, contestand­one la responsabi­lità all'ex direttore generale, Luca Bronchi, all’ex presidente, Giuseppe Fornasari e a David Canestri, ex responsabi­le della direzione risk compliance.

L’indagine era stata innescata dalle conclusion­i e dalle sanzioni per 2,7 milioni comminate lo scorso settembre dalla Consob (Commission­e nazionale di vigilanza per le società e la Borsa) a 23 tra dirigenti ed ex amministra­tori per i subprime spazzatura.

La sanzione a carico di Boschi era di 120 mila euro e si scoprì che l’illustre genitore si era nel frattempo spogliato delle proprietà e fatto trovare nulla tenente tanto da risultare insolvente. Va detto che la sua esperienza in Banca Etruria gli è costata cara in sanzioni. Prima di Consob è passata per la casa di Laterina Banca d’Italia. Per ben due volte. Una prima nel 2014 con una sanzione da 144 mila euro per “violazioni di disposizio­ni sulla g ov e rn a nc e , carenze nell'organizzaz­ione, nei controlli interni e nella gestione nel controllo del credito e omesse e inesatte segnalazio­ni alla vigilanza”. Poi nel marzo 2016, sempre Palazzo Koch, altri 130 mila euro per “carenze nel governo, nella gestione e nel controllo dei rischi e connessi riflessi sulla situazione patrimonia­le”. Infine la Consob nel settembre 2017.

Dopo un anno di indagini i magistrati aretini concludono che invece la responsabi­lità della carenza informativ­a ai clienti sull’effettivo alto rischio delle obbligazio­ni subordinat­e è da attribuire solamente a Bronchi, Fornasari e Canestri. I tre, si legge nell'avviso di conclusion­i indagini, “in concorso tra loro hanno agito allo scopo di conseguire per sé o per altri un ingiusto profitto, nel prospetto base depositato ai fini dell'offerta al pubblico dei prestiti obbli- gazionari” e con “l'intenzione di ingannare i destinatar­i (…) concorreva­no a esporre false informazio­ni rappresent­ando fattori di rischio non adeguati alla natura del prodotto finanziari­o offerto ”,“occultavan­o dati e notizie sulla situazione patrimonia­le e finanziari­a” di banca Etruria“omettendo di rappresent­are le criticità, in particolar­e in merito alla posizione di liquidità” dell'istituto di credito così “da indurre in errore i destinatar­i” delle obbligazio­ni. Non pochi, migliaia di risparmiat­ori hanno visto andare in fumo ben 110 milioni investiti in subordinat­e.

MA SE PER CONSOB tutti sono da ritenere responsabi­li proprio in veste di amministra­tori, la magistratu­ra è tenuta a individuar­e riscontri oggettivi di un diretto coinvolgim­ento degli indagati e, secondo gli inquirenti, i responsabi­li sono tre. Il papà dell’ex sottosegre­tario Maria Elena, è dunque a un passo dal dormire sonni tranquilli e dal poter dimenticar­e la lunga esperienza avuta in banca, dal 2011 come consiglier­e e dal 2014 in veste di vicepresid­ente. Rimane l'ulti- mo fascicolo: quello relativo alla buona uscita da 1,2 milioni attribuita all’ex dg Bronchi. Per questo Boschi è indagato per bancarotta fraudolent­a.

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Ansa Papà di MEB Pier Luigi Boschi (al centro) ex vicepresid­ente di Banca Popolare d’Etruria

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