La Sicilia rischia una nuova terra dei fuochi
Aguardare quei terreni in piena estate si ha come l’impressione di stare in un quadro di Van Gogh, dove il giallo del grano si mischia con l’azzurro del cielo. Ad opera finita però è caduto il pennello nero, il nero dell’inquinamento, dell’immondizia, della notte illuminata solo dal fuoco. Il paesaggio marchiato è quello di Jòppolo Giancaxio, piccolo e grazioso paese dell’entroterra siciliano, che conta circa mille abitanti ma una vasta estensione prevalentemente su terreni agricoli: messi seriamente a rischio da una sorta di Terra dei fuochi girgentana, uno sfregio alla natura profonda della Sicilia più aspra e brulla, complessa e dimenticata.
Ma in questo piccolo borgo a 18 chilometri dalla Valle dei Templi, anzi, l’apertura di un centro di compostaggio – ora sotto sequestro in seguito all’indagine della Procura di Agrigento – venne salutata come una manna dal cielo da tutti, dalla soddisfazione alla delusione però il passo è breve: “Le attività dell’impianto sono cominciate nel 2014 – spiega Claudia Casa, direttore di Legambiente Sicilia – dopo qualche mese dall’avvio delle attività riceviamo una lettera dai cittadini delle due contrade ( Realturco e Manicalunga), i quali lamentavano la troppa puzza e chiedevano di intervenire”. Da quel momento sarà un’escalation verso l’inferno di fuochi e aria irrespirabile.
ALLERTATI dai cittadini, infatti, i tecnici di Legambiente scoprono così un cospicuo deposito di materiale fangoso stimato – si legge nella documentazione – in “diverse centinaia di metri cubi di sostan- za nerastra”. Questa si trovava addirittura nell’area facente parte del sito di importanza comunitaria delle Maccalube, luogo dove persistono dei vulcanelli sotterranei di grande richiamo turistico, per la maggior parte in territorio dell’antico comune di Aragona, oggi sotto sequestro in seguito dell’esplosione che uccise due bambini di 7 e 9 anni nel giugno del 2015. Proprio in quel luogo, in contrada Poio del Signore, i rilievi portarono all’accertamento di u- na discarica di consistenza fangosa non associabile a compost: “Osservando il materiale – si legge nella relazione di Legambiente – si notano inglobati in esso diverse sostanze di natura organica e sostanze plastiche ( sacchi, bottiglie, frammenti plastici)”. Il fatto viene accertato anche dai carabinieri di Jòppolo Giancaxio e dai vigili urbani del paese, che ne fanno ricadere la paternità alla ditta Giglione, obbligata da un’ordinanza del sindaco Angelo Portella alla rimozione del materiale e alla bonifica dei luoghi. Quello era però solo l’inizio: “Da lì è un crescendo di denunce da parte dei cittadini – continua Claudia Casa, presidente anche del circolo Legambiente Rabat di Jòppolo Giancaxio – in molti lamentano l’odore insopportabile dovuto al crescere dell’attività del centro”.
A percepirlo sono anche i malcapitati cittadini di paesi e paesini limitrofi, da Aragona fino a Raffadali e Agrigento, nella zona industriale e in alcune frazioni. La ditta, però, continua a crescere e acquista altri terreni circostanti, proseguendo l’attività senza alcun freno. I cittadini non ci stanno e formano il comitato Aria Pulita: “Con bambini al seguito siamo andati a protestare in una seduta del Consiglio comunale con le mascherine – spiegano – e abbiamo chiesto spiegazioni, poi abbiamo fatto un esposto-denuncia”.
La situazione sembra, infatti, insostenibile: chi vive vicino al centro di compostaggio ha maledetto il giorno che ha comprato la casa, costretto, soprattutto di sera, a dover uscire con un fazzoletto al naso, denunciando tosse e conati di vomito, oltre a difficoltà respiratorie. Del caso s’interessa anche la Digos di Agrigento, e se i carabinieri nel 2016 non avevano trovato irregolarità, un anno più tardi l’attività investigativa, eseguita con i funzionari dell’Arpa, portò al sequestro, confermato successivamente, dell’impianto: quel giorno il sistema di filtraggio venne trovato spento (“senza un logico motivo” si legge nelle carte delle indagini) ma a preoccupare fu altro: “Veniva notato un tubo – c’è scritto nella documentazione – da dove fuoriusciva del liquido scuro, (…) vicino alla confluenza con un torrente d’acqua, affluente del fiume Akragas”. Quell’acqua – rileverà l’Arpa – possedeva “elevati indici di inquinamento chimico”. Il sequestro però non ha fermato l’attività del centro, continuata poi in altri terreni.
P RO PR I O in uno di questi, grande quasi due ettari è accaduto l’ultimo grave fatto che ha fatto insorgere i cittadini: “Da tre giorni sentivamo puzza di plastica bruciata – spiega Ludovico Carlino, presidente del comitato – abbiamo scoperto uno spettacolo indicibile: rifiuti incendiati, tra cui anche plastica, e poi seppelliti sotto al terreno. La scena era da terra dei fuochi: quattro cumuli giganteschi di immondizia coperta dal terriccio”. Sono serviti due giorni di lavoro per spegnere quell’incendio, in seguito l’ispezione della Digos ha portato al sequestro anche di questo terreno, appartenente sempre alla ditta Giglione.
Spenti i fuochi nel terreno solo da poco, la questione si è adesso accesa sul piano poli- tico: “Abbiamo chiesto al Consiglio comunale un’a ssemblea per predisporre un piano di monitoraggio ambientale del territorio con indagini commissionate dal Comune, indipendenti rispetto a quelle effettuate dagli organi predisposti al controllo, al fine di rassicurare ulteriormente la cittadinanza”. Il sindaco Giuseppe Portella, però, prende le distanze dalla protesta e spiega che già da tempo monitora la situazione: “L’opposizione sta venendo fuori solo adesso, è inutile chiedere a me un’assemblea. Per il centro di compostaggio sono in corso gli accertamenti, le forze dell’ordine stanno lavorando. Noi abbiamo già segnalato a chi di competenza”.
L’inchiesta della procura di Agrigento oggi proseguono a carico di Vittoria Cuffaro, in qualità di amministratore unico della ditta, e di Pietro Giglione, in qualità di procuratore generale della società: sono indagati per dispersione di rifiuti, inquinamento ambientale e inquinamento della falda acquifera. Quest’ultimo capo di accusa è stato aggiunto dopo la perquisizione al centro di compostaggio, attualmente fermo e sotto sequestro.
Intanto i cittadini di Jòppolo Giancaxio e delle campagne circostanti adesso sperano che l’aria torni limpida come un tempo in quest’angolo di Sicilia che guarda alle rovine dei templi, simbolo inestimabile della grande civiltà perduta e forse troppo spesso poco rispettata.
Abbiamo trovato materiale fangoso stimato in diverse centinaia di metri cubi di sostanza nerastra e materiali organici LEGAMBIENTE SICILIA IL SITO DI RILEVANZA TURISTICA
Parte della spazzatura illecita si trovava anche all’interno dell’area dei vulcanelli denominata “Maccalube”
IL COMITATO CITTADINO ARIA PULITA “Sentivamo puzza di plastica bruciata, abbiamo scoperto uno spettacolo indicibile: cumuli giganteschi nascosti...”