Il Fatto Quotidiano

L’accidia, il letargo e le zanzare

- » BENEDICTA BOCCOLI

Risveglio! Una luce fioca tra le fessure della serranda filtra ed entra nella mia stanza, mi fa capire a modo suo che è cominciato un altro giorno. Meno male che non piove, se no mi alzo fra una settimana. La pigrizia m’inchioda al materasso, anzi si potrebbe chiamare accidia, il più misterioso dei vizi capitali. La macchinett­a del caffè è già pronta, ma il pensiero di alzarmi e accendere il gas mi fa fatica, sono incline all’ozio. Voglio rifarmi una vita tra le lenzuola. “Baciami sulla bocca ultima estate, dimmi che non andrai tanto lontano…”. I versi del poeta Sandro Penna fanno il paio nel mio cuore con la canzone dei Righeira… “sto diventando grande, lo sai che non mi va”. Vorrei essere una tartaruga, una talpa, un orso, un qualsiasi animale che va in letargo, e allora provo a immaginarm­i tale. Mi accuccio tra le lenzuola con la testa sotto il cuscino e provo a riaddormen­tarmi. Cosa sognano gli orsi? Fiumi di salmoni saltellant­i, cortecce che grondano miele, una nuova primavera, un referendum contro la caccia senza quorum! Io odio la caccia, odio le armi, odio chi solo concepisce di uccidere una creatura per sport. Molti non sono d’accordo: “L’uomo è cacciatore dalla preistoria, i cinghiali ci stanno invadendo e come la mettiamo col fabbisogno proteico necessario?”. Non facciamo confusione per cortesia, un po’ di rispetto per il creato e i suoi abitanti. Silenzio! Ho voglia di dormire. Le voci della mia mente finalmente iniziano a smorzarsi, quando arriva una zanzara, di quelle nuove, appena arrivate, la chiamano tigre. Maledetta! Mi ha punto, la devo uccidere la stronza, perché una cosa sono gli orsi, una cosa sono le zanzare. Ma perché il Signore ha creato le zanzare? Boh. Forse quel giorno non aveva tanta voglia di alzarsi, in un colpo solo ha creato l’accidia e le zanzare.

(ha collaborat­o Massimilia­no Giovanetti)

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