Conte vede i manager delle partecipate: fate più investimenti
Oggi il premier inizia gli incontri a Palazzo Chigi per capire l’attuabilità del Piano Savona e cosa succederà con “quota 100”
In principio fu il “piano Savona” di investimenti - in maggioranza pubblici e per lo più a deficit - che doveva rilanciare la crescita italiana intaccando, via domanda interna, il surplus di bilancia commerciale da 50 miliardi. Poi quel “piano” divenne, in una lettera al Sole 24 Ore di agosto, un mix di investimenti pubblici e, soprattutto, privati grazie alle grandi partecipate cdel Tesoro: il ministro degli Affari Ue prevedeva per Enel, Eni, Terna e Leonardo un’accelerazione delle spese in conto capitale già stabilite nei loro piani strategici per attivare circa 2 punti di Pil (34 miliardi di euro) di investimenti subito. Le cifre di Savona, però, risultano assai più generose delle strategie aziendali.
DA ULTIMO, arriva Conte. Il presidente del Consiglio, oggi incontrerà a Palazzo Chigi i vertici delle grande imprese a controllo pubblico per chiedere ai manager - secondo quanto risulta al Fatto quotidiano - quali spazi finanziari siano effettivamente disponibili per seguire i “consigli” di Paolo Sa- vona accelerando gli investimenti in Italia già previsti. Il premier vorrebbe, peraltro, togliersi anche un’altra curiosità: sapere se, una volta approvata la famosa “quota 100” sulle pensioni, le loro aziende intendono sostituire i lavoratori che dovessero andare in pensione o ne approfitteranno per abbassare (e di quanto) il costo del lavoro.
A seguire, Conte ha intenzione anche di convocare nella sede del governo i concessionari pubblici, a partire da quelli autostradali, per conoscere i loro piani di investimenti per i prossimi anni e - se, come probabile, non dovessero soddisfarlo (e basta vedere i dati a consuntivo degli anni scorsi per sapere che sarà così) - chiederne una revisione per rendere la situazione meno penalizzante per Stato e cittadini. La terza operazione a cui il premier intende dare vita è anche la meno rilevante, ma comunque un grande classico in tempi di manovre finanziarie: la ricognizione del patrimonio demaniale per decidere cosa valorizzare e cosa vendere.
Cosa può aspettarsi il presidente del Consiglio dalle grandi partecipate e in generale dal settore pubblico? Partendo dal dato che si tratta di un’operazione legittima e pienamente costituzionale (i fini sociali dell’attività economica sia pubblica che privata per- meano tutta la Carta), non molto ma neanche poco. Prendiamo i quattro big citati dal ministro Savona: Enel, Eni, Terna e Leonardo - a leggere i loro piani industriali - hanno in previsione di qui al 2021 circa 18 miliardi di investimenti in Italia, difficile dire quanto possano velocizzarli, ma ovviamente ogni decimale conta (gli investimenti hanno un alto impatto sul Pil, in particolare quelli infrastrutturali) e non esistono solo le quattro grandi quotate: da Ferrovie a Enav, da Fincantieri a Open Fiber fino alla assai liquida Inail non sono affatto di poco conto le leve azionabili dal Tesoro e, più in generale, dallo Stato.
QUALCHE soddisfazione, Conte potrebbe ottenerla pure dai concessionari autostradali, messi sotto pressione dal crollo del Morandi: le società delle corsie, negli ultimi tre anni, hanno abbassato in modo vertiginoso le loro spese in conto capitale passando da un media di 2,4 miliardi di euro l’anno nel periodo 2008-2015 a un miliardo tra il 2016 e quest’anno (dati Aiscat) e questo nonostante traffico e fatturati in aumento. Significa che il portafoglio lavori lasciato arretrato è ampio e questo persino al netto del necessario aumento della percentuale di investimenti sul totale degli introiti da concessione.
L’idea non è male e potrebbe persino funzionare, certo, per fare pressione su manager con una discreta - diciamo - praticaccia del mondo, forse servirebbe un premier politicamente più autorevole del giurista Conte, ma non è mai detta l’ultima parola.
Il secondo round A breve convocate pure le concessionarie: quelle autostradali spendono molto poco