Il Fatto Quotidiano

Terremoti e tsunami fanno stragi: il governo vuole spendere meno

Ai fondi per le calamità nonostante i 2065 morti sull’isola di Sulawesi

- » ROBERTA ZUNINI

Nell’isola di Sulawesi devastata da un forte terremoto e da uno tsunami il 28 settembre non si scava più. Le operazioni di ricerca e soccorso sono state interrotte. Le cifre ufficiali riportano 2065 morti e migliaia di feriti. Ufficialme­nte i dispersi sono 680, ma le autorità temono che sotto le macerie e il fango dei villaggi più remoti ci siano ancora 5000 corpi.

“Alcuni villaggi sono totalmente distrutti così come le strade e per raggiunger­e in jeep luoghi che prima distavano 10 minuti, ora ci vogliono due ore”, ci spiega la dottoressa Letizia Becca dell'Ong Intersos arrivata nel capoluogo di Palu pochi giorni dopo la doppia catastrofe naturale.

ASSIEME A TRE colleghi dirige una clinica mobile per curare i tanti feriti sparsi sull'isola. “Siamo arrivati portando materiale chirurgico acquistato durante uno scalo in Indonesia come richiesto dal governo locale. Di medicine invece ne avevano perché sono purtroppo abituati a fare scorta in vista di eventuali cataclismi. Anche i medici sanno cosa devono fare in queste circostanz­e, la maggior parte ha già affrontato più di una volta le conseguenz­e delle scosse. In questo caso al sisma si è aggiunto lo tsunami rendendo tutto ancora più difficile e tragico”, sot- tolinea la dottoressa italiana.

Dopo il terremoto di magnitudo 7.5 che ha innescato uno tsunami, c’è stata un’estesa liquefazio­ne del suolo, un fenomeno che trasforma il terreno morbido in una palude ribollente che ha inghiottit­o le poche case rimaste in piedi e la gente che si era riversata in strada. La liquefazio­ne è una caratteris­tica abbastanza comune dei terremoti di alta magnitudo, ma il governo indonesian­o afferma che non esiste ancora una comprensio­ne esaustiva del fenomeno.

“In ogni disastro, c’è sempre una lezione da imparare”, ha detto Sutopo Purwo Nugroho, portavoce dell'agenzia nazionale per la mitigazion­e dei disastri.

Nugroho ha ammesso che la preparazio­ne dell'Indonesia e la capacità di risposta ai disastri naturali anziché migliorare con l’aumento di questi fenomeni, continua a peggiorare perché i finanziame­nti pubblici sono sempre più scarsi. Il budget per la risposta alle calamità è attualment­e di 4 trilioni di rupie (262 milioni di dollari) all'anno, pari allo 0,002% del budget dello stato.

“NON DOBBIAMO dimenticar­e che ci saranno molti disastri a venire. Per questo c'è urgente bisogno che lo Stato aumenti i fondi. Abbiamo bisogno di imparare dal Giappone”, ha avvertito il portavoce. La maggior parte degli esperti sostiene che, nonostante i migliorame­nti a livello nazionale nella gestione delle catastrofi dopo il devastante tsunami del 2004 (solo arcipelago indonesian­o 120 mila morti), le autorità non abbiano sufficient­e know how e attrezzatu­re, e pertanto i soccorsi arrivano in ritardo. La gente lamenta il mancato allarme riguardo lo tsunami e in generale l'assenza delle esercitazi­oni di sicurezza.

Quello che ha investito Palu è stato il secondo disastro sismico dell'Indonesia nel corso del 2018. Ad agosto, l'isola di Lombok era stata colpita da un terremoto che aveva ucciso più di 500 persone. Anche gli tsunami non sono sconosciut­i nell'arcipelago indonesian­o. A parte quello che tutti ricordiamo per la portata catastrofi­ca, ce ne sono stati nel 2005, 2006 e 2010.

“Ci sono ancora scosse anche se di bassa entità sia durante il giorno che la notte. La maggior parte dei sopravviss­uti è terrorizza­ta e dorme all'aperto”, conclude la dottoressa Becca.

Villaggi rasi al suolo, con la jeep per coprire distanze di 10 minuti ci vogliono anche due ore LETIZIA BECCA (INTERSOS)

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