Il Fatto Quotidiano

George, speculator­e-filantropo tra sterline, lire, Ong e filosofia

Soros, miliardari­o con una missione I mega-affari puntando sulle sfortune di Londra e Roma e le ingerenze nei Paesi dell’ex Urss

- » ANDREA VALDAMBRIN­I

“Fai in modo che questo possa essere il suo ultimo sorriso”. Grandi manifesti con l’immagine di un sinistrame­nte sorridente Soros – simili a quelli della propaganda antisemita di nazista memoria – sparsi lungo i viali di Budapest hanno fatto da cornice alla vittoriosa campagna elettorale di Viktor Orbán la scorsa primavera. Durante uno dei principali discorsi ai sostenitor­i, il premier ungherese riferendos­i con ironia a “zio George” ha descritto con precisione cosa separa lui, campione del sovranismo, dal magnate. “Combattiam­o in lui un nemico che ci è estraneo”, ha detto. “Non si mostra alla luce del sole, ma si nasconde. Non ha nazionalit­à, ma è internazio­nale. Non ottiene i soldi dal lavoro ma dalla speculazio­ne. Non appartiene a una patria, ma crede di possedere lui il mondo”.

SOROS È diventato, nell’immaginari­o collettivo e presso i suoi detrattori, il burattinai­o di tutti i complotti. Non solo per Orbán, che pure è nato politicame­nte grazie ai finanziame­nti del tycoon al partito Fidesz quando era un giovane e brillante politico anti-comunista. Da Steve Bannon, già stratega della campagna elettorale di Donald Trump, a Matteo Salvini, non c’è chi non lo evochi al di là e al di qua dell’Atlantico come il nemico da abbattere, il grande vecchio che persegue l’agenda liberale in favore dell’invasione dei migranti entro gli inviolabil­i confini nazionali.

Liberale certamente lo è, nel senso più alto del termine essendo stato allievo del filosofo Karl Popper, teorico della “società aperta”. Ma ai complottis­ti non si può dire non abbia offerto il fianco lui stesso attraverso memorabili operazioni speculativ­e che hanno destabiliz­zato l’economia nazionale di almeno tre Paesi. Quando parla di sé, l’88enne magnate diventato filantropo si definisce un “filosofo mancato”, il cui scopo è quello di “accorciare le di- stanze tra le mie credenze e la realtà”. Un modo nobile per definire il ruolo del politico, perché questo fa in sostanza Soros attraverso la sua fondazione, in modo tutt’altro che nascosto.

Nato a Budapest nel 1930, George riesce a sfuggire ai nazisti che invadono l’Ungheria nel 1944 grazie ai documenti procurati dal padre, un avvocato ebreo, per attestare l’origine cristiana di George. Da quell’esperienza terribile, Soros dirà di aver imparato due cose: la diffidenza come caratteris­tica del comportame­nto e l’attenzione agli oppressi. Scampato ai nazisti, due anni dopo lascia l’Ungheria, diventata comunista, per rifugiarsi in Gran Bretagna.

Alla London School of Economics frequenta i corsi dell’austriaco Popper, che nel 1945 aveva pubblicato il saggio La società aperta e i suoi nemici, opera di riferiment­o dei sostenitor­i del modello liberal- democratic­o contrappos­to ai totalitari­smi di destra e sinistra.

“SPERAVO DI METTERE da parte 100.000 dollari in 5 anni per poter tornare alla ricerca filosofica”, racconterà il magnate per spiegare per quale motivo nel 1956 sceglie di lavorare a Wall Street. Negli Usa, però, le cose gli vanno meglio del previsto. Alla fine degli anni 60 l’allievo di Popper applica l’indubbia intelligen­za teorica al campo della finanza. Quantum, il fondo d’investimen­to da lui creato, si distingue per l’aggressivi­tà, foriera di notevoli profitti.

Divenuto grazie all’attività di trading uno degli uomini più ricchi del mondo, la leggenda nera di Soros affonda le sue radici nelle speculazio­ni sul mercato valutario. Nel settembre 1992 scommette con successo sul crollo sia della sterlina britannica sia della lira italiana – entrambe costret- te a uscire dal Sistema monetario europeo (Sme) – guadagnand­o oltre un miliardo di dollari. Cinque anni dopo, ripete l’operazione con il bath thailandes­e, la cui caduta rischia di far collassare le economie asiatiche. Operazioni definite da più parti “immorali”, che non impediscon­o tuttavia al tycoo n di dedicarsi all’attività filantropi­ca e, attraverso essa, alla politica.

Dagli Usa – dove oggi è sostenitor­e dei democratic­i, e nemico ricambiato di Donald Trump –, ha finanziato fin dagli anni 70 movimenti come Solidarnos­c in Polonia, Charta 77 in Cecoslovac­chia, i Giovani Democratic­i ( Fidesz) nella sua Ungheria, nel tentativo di sostenere la transizion­e democratic­a post- comunista. Ma il precipitat­o del suo impegno fuori dai mercati finanziari arriva con Open Society. Partita negli anni 90 con un programma dedicato agli studenti neri sudafrican­i quando ancora vigeva in regime dell’apartheid, la fondazione opera oggi in più di 100 Paesi e ha 35 uffici locali con oltre 1800 dipendenti. Lo scorso anno, il magnate ha trasferito 18 miliardi di dollari (l’80% della fortuna personale) alla sua creatura: un segno di quanto la ritenga preziosa. Con un budget di circa 1 miliardo di euro l’anno, Open Society sostiene progetti n el l ’ ambito dell’i st r u zi o ne , della salute pubblica, dell’immigrazio­ne e della libertà dei media e finanzia ong del calibro di Amnesty Internatio­nal e Human Rights Watch.

IMMORALE E SOSTEGNO ALLE LIBERTÀ Nel 1992 guadagna sul crollo delle valute deboli; dagli anni 70 finanzia i movimenti dell’Est come Solidarnos­c

IL GRANDE VECCHIO È diventato, nell’immaginari­o collettivo e presso i suoi detrattori, il burattinai­o di tutti i complotti liberali

GEORGE SOROS Il mio modello è la società aperta di Popper. Mi sento un filosofo mancato Voglio accorciare le distanze tra le mie credenze e la realtà

SCALTRO TRADER milionario grazie ai profitti della speculazio­ne, amico dei migranti. Ecco come Soros si è meritato la medaglia di nemico pubblico numero uno di complottis­ti, nazionalis­ti, populisti e sovranisti. Dall’ostilità diffusa ai fatti, il passo è breve. Aveva cominciato Putin nel 2015 a espellere dalla Russia Open Society, in quanto minaccia alla sicurezza nazionale. Lo ha seguito l’ex protegé Orbán, la cui maggioranz­a parlamenta­re ha approvato lo scorso giugno la legge cosiddetta Stop Soros, in modo da criminaliz­zare l’aiuto verso profughi e richiedent­i asilo. Come conseguenz­a, Open Society ha trasferito il quartier generale da Budapest e Berlino, non senza aver denunciato il clima “sempre più ostile” che si respira in terra magiara. Eppure il nemico, per essere perfetto, deve anche essere un vincente. Mentre il modello liberale per cui Soros si batte sembra oggi sbiadito. “Su una cosa Popper sbagliava”, riflette a tanti anni di distanza dai corsi ascoltati a Londra il magnate nel corso di una lunga intervista al New York Magazine. “In democrazia, la politica non è il modo per arrivare alla verità, come Popper da filosofo della scienza pensava. La politica è piuttosto l’arte di guadagnare e mantenere il consenso”. A 88 anni, quasi un’ammissione di colpa.

VIKTOR ORBÁN Non si mostra alla luce del sole, non ottiene i soldi dal lavoro ma dalla speculazio­ne Non appartiene a una patria, ma crede di possedere lui il mondo

 ?? Ansa ?? I sostenitor­i Un corteo contro il governo e proUe all’università di Budapest
Ansa I sostenitor­i Un corteo contro il governo e proUe all’università di Budapest
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy