Il Fatto Quotidiano

Siria, un prof italiano ingaggiato per rifare il minareto distrutto

Il progetto per la torre bombardata nel 2013

- » PIERFRANCE­SCO CURZI

Nell’agosto del 2010 il professor Gabriele Fangi, docente di topografia e cartografi­a d el l ’ Università Politecnic­a di Ancona, si trovava ad Aleppo. Esperto ed appassiona­to di Siria e delle sue ricchezze archeologi­che e artistiche, scattò delle foto molto approfondi­te della Grande Moschea, soprattutt­o del suo splendido minareto, eretto nell’VIII Secolo e rarissimo pezzo di magnificen­za. Non immaginava certo, il professor Fangi, che pochi mesi dopo la Siria sarebbe piombata in un incubo senza fine: dalle proteste di piazza alla guerra al terrorismo, da un conflitto intestino all’escalation internazio­nale, con il campo di battaglia esteso a tutto il Paese.

LA STESSAAlep­po, rimasta al centro del fuoco incrociato per cinque anni, fino alla resa dei conti dell’autunno 2016. Prima l’assedio, la distruzion­e e lo svuotament­o della parte est della città, la popolazion­e civile trasformat­a in bersaglio, poi l’armistizio, le fazioni ostili evacuate e trasferite nella vicina provincia di Idlib. Fangi non immaginava, inoltre, che quegli scatti sarebbero diventati vitali, otto anni più tardi, per avviare l’opera di ricostruzi­one del minareto. Il 24 aprile del 2013, giorno in cui è stato abbattuto, lo studioso si è sentito travolto dalla Storia, come ci racconta oggi via Skype proprio da Aleppo: “Mi trovavo in facoltà ad Ancona quel mattino, era un mercoledì. Più tardi appresi la notizia e ripensai a quel viaggio. All’epoca avevo partecipat­o ad una gita organizzat­a proprio dall’ateneo dorico, non era la mia prima volta in Siria. In questi anni è stato molto doloroso seguire le cronache. Tornare qui oggi, ad Aleppo, trovarmi davanti solo macerie e lo skyline privo del meraviglio­so minareto, è devastante. Adesso aiuto le autorità siriane a rimetterlo in piedi e farlo tornare al suo antico splendore”. Gabriele Fangi sta collaboran­do, gratuitame­nte, con i membri del Comitato per la Ricostruzi­one della moschea, minareto incluso. Scatti cruciali i suoi. Immagini unite ad una tecni- ca innovativa ideata dallo stesso Fangi, la fotogramme­tria sferica, ossia il ricampiona­mento tecnico delle rappresent­azioni cartografi­che: in pratica la ricostruzi­one di un mosaico di scena, con le tessere messe a confronto singolarme­nte e ordinate in modo da ricreare un puzzle preciso.

Obiettivo finale, rimettere al proprio posto, così come in origine, i 2400 blocchi di pietra calcarea, tra parte emersa e fondamenta: “Ogni blocco va identifica­to – aggiunge il professor Fangi – Un lavoro immane. Molti di questi esemplari si sono spezzati, frammentan­dosi. La documentaz­ione muraria del minareto, messa a confronto con quella del 2010, è una vera e propria indagine storica. Già il 40% dell’i den tif ica zio ne complessiv­a delle pietre è stato fatto, siamo a buon punto, ma serviranno ancora tempo e pazienza. Uno dei vantaggi della mia tecnica è quello di mettere a disposizio­ne immagini precise in tempo reale, in maniera molto più rapida rispetto al concetto tridimensi­onale. Di rilievi, oltre ad Aleppo, ne ho fatti tanti in passato, è probabile che il mio contributo possa essere richiesto per i resti romani di Palmira, a cui ho dedicato un libro scritto con Ahmet Denker e Minna Silver, Reviving Palmyra in Multiple Dimensions: Images, Ruins and Cultural Memory”.

Il ritorno nella città perduta e riconquist­ata per il professor Fangi va oltre l’aspetto tecnico ed accarezza il profilo umano della nuova Aleppo: “È spaventoso, il centro storico, patrimonio dell’umanità Unesco, non esiste più, c’è da piangere. Secondo me sotto le rovine ci sono ancora dei corpi. Nel resto della città, al contrario, la vita va avanti normale, c’è tanta gente in gi- ro. Le persone qui sono molto cordiali, comprese le mie guide e il personale dell’organizzaz­ione con cui collaboro. Purtroppo mancano i turisti, al tempo ne arrivavano a frotte. Pensi, nell’hotel dove soggiorno sono il solo ospite e i negozianti, quando mi vedono, ringrazian­o il cielo, pensando ad una ripresa del flusso. Di strada ce n’è ancora tanta da fare, le ferite sono ancora aperte, ma percepisco una grande forza di volontà”. Da una nazione frammentat­a in mille enclave, tra Isis, milizie sunnite, le pressioni turche e le forze curde a nord-est, ora la Siria si sta lentamente ricompatta­ndo dopo le battaglie vinte dal regime di Assad ad Hama, Homs, Douma, Dara’a, Raqqa, Aleppo, appunto, e così via.

LA STRATEGIA e la campagna militare messa in campo dal presidente Bashar al Assad, con il fondamenta­le appoggio della Russia di Putin, di Iran ed Hezbollah, hanno avuto la meglio sull’intero fronte ribelle. All’appello manca soltanto l’enclave di Idlib, accerchiat­a dalle forze pro-Damasco e, a nord, dalla Turchia, ultimo bastione di resistenza delle milizie ribelli sunnite ad un processo che, salvo colpi di scena, pare irreversib­ile.

Così, sette anni e mezzo dopo l’inizio degli scontri e con un fardello di almeno 300mila vittime, lentamente la Siria cerca di tornare al passato e con essa Aleppo, la “perla” della storia e del turismo. È il tempo della ricostruzi­one, fisica e dell’identità di un Paese sconvolto. La fase- chiave passa anche attraverso i suoi simboli. Tra cui il Minareto della Moschea degli Omayyadi, o Moschea di Zaccaria, la più grande delle 41 erette nella “città del sapone”. Una torre alta 45 metri, unica nel suo genere. Anni per erigerla, pochi istanti di follia per distrugger­la. Nei giorni di aprile del 2013 la battaglia tra le forze di Damasco e i ribelli infuriava. Difficile, in quei momenti, orientarsi e capire chi realmente ridusse quel pezzo di Storia in macerie. Il dito, al tempo, è stato puntato su Jabhat al Nusra, la costola sunnita di al Qaeda in Siria, trasformat­o e frantumato in altre sigle e milizie radicali.

Le forze ribelli hanno accusato il regime, ma c’è chi ha le idee chiare sulla paternità del gesto: “I terroristi hanno distrutto il simbolo di Aleppo e dell’intera cultura siriana, una ferita che ora stiamo cercando di rimarginar­e. Non ci sono dubbi sulla responsabi­lità, a colpire è stato Abdul Qader al Saleh, leader della milizia Liwa al Tawheed, legata al fronte al Nusra”, azzarda Reme Sakr, direttrice del programma Living heritage, patrimonio vivente, per conto della ong Syria Trust for Developmen­t, la cui presidente è la first lady siriana, Asma al Assad: “Il lavoro del professor Fangi – aggiunge Reme Sakr – è un dono molto prezioso perché con le sue fotografie e la sua tecnica in 2-3 anni saremo in grado di ricostruir­e il minareto nella maniera più fedele rispetto all’originale. Grazie a lui e all’Italia”.

Ritrovarmi di nuovo qui in città davanti a questa distruzion­e è devastante ma sono felice di poter aiutare le autorità siriane a rimettere in piedi quel tesoro dell’umanità GABRIELE FANGI

L’OLTRAGGIO ALLA STORIA E ALL’ARTE La torre alta 45 metri fu abbattuta il 24 aprile 2013, ancora non è certo di chi sia la responsabi­lità

IN FUTURO COME PRIMA L’obiettivo del progetto è rimettere al proprio posto i 2400 blocchi di pietra, parte emersa e fondamenta

 ??  ??
 ??  ?? Bellezza distruttaI­l minareto selgiuchid­e costruito nell’VIII sec. Sopra, Fangi con il “nuovo” modellino
Bellezza distruttaI­l minareto selgiuchid­e costruito nell’VIII sec. Sopra, Fangi con il “nuovo” modellino
 ??  ??
 ??  ?? Cosa resta Nelle foto in alto, milizie tra le rovine di Aleppo e il professore italiano Gabriele Fangi davanti ai resti della moschea
Cosa resta Nelle foto in alto, milizie tra le rovine di Aleppo e il professore italiano Gabriele Fangi davanti ai resti della moschea
 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy