Il Fatto Quotidiano

1-2 cent addio, altra stangata

La Zecca non conia più i ramini e chi paga in contanti si vede arrotondar­e la somma

- » PATRIZIA DE RUBERTIS

C’è un fantasma che si aggira nei portafogli: sono le monetine da 1 e 2 centesimi. Odiate dai consumator­i, rifiutate dai distributo­ri automatici, impossibil­i da usare per il parcheggio delle auto e mal sopportate dai cassieri dei supermerca­ti, dal 1° gennaio di quest’anno non vengono più coniate dall’Italia. E già questa notizia potrebbe essere una novità per i più. A cui aggiungere un’altra realtà fotografat­a in queste settimane: le monetine stanno cominciand­o a scarseggia­re nei Paesi europei che già hanno deciso di mettere la parola fine alla loro produzione. Con un inevitabil­e conseguenz­a: il possibile aumento dei prezzi, anche se a tutt’oggi di statistich­e ufficiali ancora non ce ne sono.

COME AL SOLITO, meglio fare un passo indietro per capirne di più. Dopo mesi di polemiche, la legge di Stabilità 2018 ha messo fine alla produzione delle monetine da 1 e 2 centesimi. Dal 1° gennaio la Zecca non conia più i ramini che continuano comunque a circolare fino ad esauriment­o, mantenendo il loro valore legale. E per evitare il rischio del ritocco al rialzo dei prezzi, la norma ha già chiarito che nel caso di pagamenti in contanti i prezzi vengano arrotondat­i per eccesso o per difetto al multiplo di 5 più vicino. Ad esempio: 10,52 euro diventa 10,50 euro, mentre 10,58 euro diventa 10,60 euro. Del resto, è solo una questione di numeri: da ll’ingresso d e l l ’ I t a l i a nell’euro, le monetine rosse hanno raggiunto la cifra di oltre 6 miliardi di pezzi. E il cui peso è soprattutt­o economico: per ogni moneta da 1 centesimo i costi a carico dello Stato ammontano a 4,5 centesimi, mentre per ogni moneta da due centesimi si spendono 5,2 centesimi. Non certo un affare per lo Stato, che ha già spinto altri Paesi europei ad abolire le monetine da tempo. In Finlandia, nel gennaio 2002, si è deciso per l’arrotondam­ento dei prezzi ai più vicini 5 centesimi. Decisione seguita due anni dopo dall’Olanda, che risparmia in questo modo 36 milioni di euro l’anno. Nel 2010 è stato il turno dell’Irlanda e nel 2014 dal Belgio. Mentre in Italia la sospension­e del conio permetterà di risparmiar­e circa 23 milioni di euro all’anno, un tesoro girato al Fondo per l’ammortamen­to dei titoli di Stato, nato nel 1993 con lo scopo di rimborsare o ritirare titoli di Stato dal mercato per favorire la riduzione dello stock del debito.

Fin qui l’analisi fredda dei numeri. Il punto è che, però, in questi giorni proprio da uno dei Paesi che ha già detto addio alle monetine è arrivata una notizia: come riporta EuropaToda­y , il Belgio si sta scoprendo povero di ramini. Nonostante il Paese abbia coniato 860 milioni di pezzi da un centesimo e 770 milioni da 2 centesimi, questa enorme montagna di ferro si è persa tra le tasche dei pantaloni, nei barattoli delle cucine, nel fondo delle poltrone o lungo le strade smettendo così di circolare. Il Paese ha chiesto alla Banca centrale europea ( Bce) di stampare nuovi pezzi per far fronte alla carenza, ma Francofort­e ha spiegato chiarament­e che nell’eurozona non c’è penuria delle monete da piccolo taglio. Quanto piuttosto un uso sbagliato da parte dei cittadini. Tant’è che il ministero federale delle Finanze sta pensando di varare campagne nazionali di sensibiliz­zazione per indurre i belgi a portare le monetine in banca. Anche perché l’a l te r n a t iv a , nell’impossibil­ità di dare resti da parte dei commercian­ti, è l’arrotondam­ento dei listini. Che solitament­e si fa al rialzo, a favore del commercian­te.

UN ALLARME che per l’Italia è stato già profetizza­to dall’Aduc. “Non credo di essere e- stremista sostenendo che tutti i prezzi subiranno un arrotondam­ento ai 5 centesimi successivi”, sostiene il presidente Vincenzo Donvito. Che spiega: “Quando cominceran­no a scarseggia­re anche da noi le monetine sarà un’ottima occasione per ritoccare ulteriorme­nt e i prezzi perché, in un contesto di importi precisi, saranno pochi i commercian­ti che continuera­nno a tenere prezzi in cui compaiono i 5 centesimi, ovviamente andando verso il rialzo. Del resto non si è mai visto un effetto al ribasso”. I calcoli sono presto fatti. “Se nel 2016, le famiglie italiane hanno speso quasi 11 miliardi e mezzo di euro per la spesa alimentare complessiv­a, partendo da un aumento medio dei prezzi dello 0,2% causato da un arrotondam­ento per eccesso (passando da 10,58 euro a 10,6 euro), si scopre che quella stessa spesa potrebbe aumentare di circa 23 milioni all’anno. Vale a dire il risparmio ottenuto dallo Stato non coniando i ramini. Vale allora la pena non produrre più queste monete?”, si chiede Donvito.

Tutto questo anche in attesa che la tecnologia modifichi i sistemi di pagamento saldando senza problemi di resto i prezzi che finiscono con 0,99 centesimi grazie ad app, carte di debito o credito. Ma, tutt’oggi, secondo la Bce, gli italiani continuano a pagare in contanti l’86% delle transazion­i e solo il resto con carte, bonifici e assegni.

Il consiglio Quando le “rosse” spariranno sarà meglio usare le carte per comprare a e0,99

 ??  ??

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy