Il Fatto Quotidiano

La chitarra di Pollina al Tenco, finalmente l’Italia si accorge di lui

- » NANDO DALLA CHIESA

Non ci potevo credere: Pippo al Tenco. Pippo Pollina porterà la sua canzone nel luogo che è diventato negli anni simbolo di intelligen­za e ricerca musicale. Quando l’ho detto con fare distratto a un gruppo di giovani che lavorano con me, mi hanno chiesto chi fosse. E questo mi ha ridato il senso antico di un’ingiustizi­a, ma mi ha anche reso più felice per questo riconoscim­ento. Perché Pippo è un prodigioso menestrell­o, che bisogna ascoltare e poi conoscere di persona. Dopo è impossibil­e dimenticar­lo.

MI ACCADDE di incontrarl­o circa vent’anni fa a Roma, quartiere Testaccio, in un locale che si chiamava Akab, dove venni portato da alcuni ex redattori de I Siciliani, la rivista piantata nella nostra memoria dal genio insanguina­to di Pippo Fava. Il Pippo ragazzo era andato da Palermo a cercare il Pippo sessantenn­e impegnato nella sua lotta mortale contro la mafia catanese. Gli aveva offerto militanza giovanile per la distribuzi­one del mensile. A Ciaculli un giorno gli avevano anche bucato le ruote dell’auto.

Le cose della Sicilia anni Ottanta prometteva­no orizzonti foschi. E lui con in tasca a malapena i soldi del viaggio (che gli rubarono nel sonno) partì in treno alla volta della Svizzera. Con la chitarra accanto. Esperienza musicale di un certo rilievo se l’era fatta con il gruppo storico degli Agrican- tus. Girovagò per mezza Europa. Finché arrivò a Zurigo, dove conobbe Cristina. Nella capitale svizzera si arrangiava suonando alle fermate della metropolit­ana. Cantava pure Gino Paoli e Jacques Brel (“non trascinano? Ma io volevo essere libero di suonare quel che piaceva a me”). Dopo averlo visto e sentito, una ragazza lo segnalò a un teatro, che lo ingaggiò. Poi arrivarono i concerti (una volta anche con il mostro sacro Georges Mou- staki), e il successo. In Svizzera e in Germania, specie dopo la caduta del Muro.

Ma questo me lo raccontò lui quella sera davanti a una birra bionda. Impossibil­e non passare due ore con lui dopo averlo sentito cantare. Non più di duecento spettatori, forse meno, ma era stato un ciclone, furente e a tratti delicato. Mi aveva ammaliato una canzone, che poi avrei voluto ascoltare più volte, Signore, da qui si domina la valle. Tastiera, chitarra, e una voce esplosiva in un fisico minuto. Alla fine pronostica­i per lui, ancora molto giovane, una grande carriera. Non aveva più vent’anni ma le carriere vere sono lunghe e faticose, pensavo. E invece niente. Sono passati anni e l’Italia che lui rimpiange (la Sicilia nel cuore sopra ogni altra cosa) sembra non volersi accorgere di questo artista che impasta poesia e politica con naturalezz­a. Lo invitai nel 2004 al Mantova Musica Festival, schierato con spirito ribelle contro il festival di Sanremo, dato in direzione a Tony Renis. Lui venne entusiasta, neanche due minuti di telefonata e fu alleato nella sfida. Vinse il premio del pubblico, ricevendo gli applausi di una platea emozionata. È fatta, pensai, ora non possono più ignorarlo. E invece continuaro­no. Ha tenuto concerti in tante città italiane, in qualcuna ricevendo onori appassiona­ti, in qualche piazza mettendo insieme anche migliaia di persone. Fuochi locali. Come se un mondo che si apre generosame­nte, anche troppo, a volti nuovi e storie sghembe, avesse allestito verso di lui un reticolato invisibile.

A volte penso che forse è perché si chiama Pippo, nome congeniale al varietà ma non all’arte musicale, e lui quel nome non lo ha voluto rinnegare, essendo il compagno fedele di un’adolescenz­a carica di entusiasmi e di speranze. Forse è perché è un po’ siciliano e un po’svizzero. Forse perché è un migrante, ma migrante a suo modo, non suscita solidariet­à militanti né regala sonorità esotiche. Ora è arrivata la notizia che andrà a Sanremo al Tenco come ospite speciale, la serata finale, 20 di ottobre. Pippo non vuole parlare, non polemizza con nessuno, e questa è la ragione per cui in queste Storie non trovate una parola tra virgolette. Ma chi lo ha seguito da lontano, chi gli ha voluto bene per quella sua storia scomoda e generosa, non può non provare gioia. Come quando un giovane che merita vince un concorso, o un politico per bene diventa sindaco. Io, ricordando la birra di vent’anni fa, faccio il tifo per lui. Andrà al Tenco, lui che cantava Luigi Tenco nelle metropolit­ane svizzere “per sentirmi libero”. Ci andrà lui migrante, nell’edizione dedicata ai migranti. Il senso di giustizia passa, alla fine, anche da queste piccole cose.

Negli anni ’80 a Catania si mise a disposizio­ne di Pippo Fava per distribuir­e il mensile “I Siciliani”

 ??  ?? Incontro a Roma Ho avuto modo di ascoltarlo la prima volta vent’anni fa davanti a una birra bionda Geniale menestrell­o Pippo Pollina e l’Orchestra Sinfonica Giovanile di Zurigo in un tour in Italia nel 2009 LaPresse
Incontro a Roma Ho avuto modo di ascoltarlo la prima volta vent’anni fa davanti a una birra bionda Geniale menestrell­o Pippo Pollina e l’Orchestra Sinfonica Giovanile di Zurigo in un tour in Italia nel 2009 LaPresse

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