Il Fatto Quotidiano

La libertà di stampa e la trave nell’occhio del giornalism­o italiano

- » PIETRANGEL­O BUTTAFUOCO

Non è la libertà che manca, mancano gli uomini liberi. La malinconic­a notazione di Leo Longanesi fa sempre testo tenendosi sulle generali ma neppure può dirsi che sia mai mancata la “libertà di stampa”. La questione è un’altra: non c’è una stampa intellettu­almente libera. Mario Calabresi, direttore di Repubblica, al culmine di un fuoco polemico – uno scontro con Luigi Di Maio in tema di fake newse subitanea morte dei giornali – ha sentito il dovere di dire grazie ai suoi lettori, e quindi ai colleghi dei “giornaloni”, per il rinnovato patto con di passione, affetto e solidariet­à.

TUTTO GIUSTO, tutto bello ma un dettaglio – uno solo – pur nella solennità del comizio scritto, rivela la trave quando si tenta di scovare la pagliuzza nell’altrui occhio. Ed è quando il direttore scrive a proposito dell’imbarbarim­ento del dibattito pubblico in un tempo in cui – argomenta Calabresi – “la voglia di squalifica­re e sporcare chi dissente è martellant­e”. In tema di sporcare e squalifica­re chi dissente, nessuno – soprattutt­o la stampa più autorevole – può proclamars­i innocente.

C’è un lunghissim­o elenco di persone, anche in Italia, sporcate e squalifica­te in ragione della loro squisita eccentrici­tà rispetto al conformism­o, ma ancor più lungo è l’elenco di chi – nel dissenso – già giace nell’oblio ancora prima di arrivare alla tomba. È proprio della libertà di stampa, nel suo artificio retorico, il silenziare – ancor più che perseguita­re – chi dissente. Il pensiero unico è davvero unico, non esiste altra cerchia che il proprio circoletto; il reclutamen­to delle profession­alità passa attraverso quei rituali sociali il cui unico canone – un ascensore sociale più consono alle ambizio- ni dei borghesi bohémien – è, resta e sempre sarà il Bel Amì, il romanzo di Guy de Maupassant. Non è certo tramite le comprovate competenze o il riconoscim­ento dei meriti che si arriva nel dorato mondo dell’informazio­ne.

TRA UNO BRAVO che porta notizie e uno capace di accendere frisson sarà sempre e solo frisson, nel trionfo di piritollam­e&aperitivi. Un campione della bella società è, per fare un esempio da letteratur­a – giusto a Repubblica, oggi parlamenta­re – il mitico Tommaso Cerno: frisson, frisson! E sempre pasta e patate, patate e pasta, pasta con patate offre il giornalism­o nella sua veste istituzion­ale quando accuratame­nte – e mai come nell’attuale stagione liberale il totalitari­smo s’invera negli automatism­i dei signorsì – dispensa la versione dei fatti secondo tabù. “Noi abbiamo la censura e la censura si può aggirare, mentre voi”, mi dice un amico turco, “siete messi peggio: voi avete i tabù”. E non poter nominarne neppure uno, tanto sono inviolabil­i questi divieti, sta a dimostrare l’enormità della trave nell’occhio di Mario Calabresi. Tanto grande da ritrovarme­la conficcata anch’io.

Il pensiero unico è davvero unico, non esiste altra cerchia che il proprio circoletto chiuso

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