Il Fatto Quotidiano

5Stelle: “Via Garofoli” Ma Tria se lo coccola

Il dirigente Mise che ha infilato i milioni per Cri

- » THOMAS MACKINSON

■ “Attacco irrazional­e”. Con queste parole il ministro difende il suo capo di gabinetto dal Movimento che ne chiedeva le dimissioni. La norma pro Croce Rossa infilata in Finanziari­a è stata poi cassata

“Garofoli

spieghi o si dimetta”. Poche righe lapidarie: così il M5S ha chiesto ieri la testa di Roberto Garofoli, capo di gabinetto del ministro dell’Economia Tria e presunto autore della norma che rimodulava le risorse date a settembre alla Croce Rossa per assegnare 28,1 milioni di euro l’anno per tre anni al commissari­o liquidator­e, all’ingrosso 10 all’anno in più. Il ministro, però, in serata ha difeso Garofoli (e il ragioniere generale Daniele Franco) da “un attacco privo di fondamento e irrazional­e”.

LA STORIA. Come Il Fatto ha raccontato ieri il premier - domenica sera in preconsigl­io dei ministri - aveva chiesto chi fosse l’autore di quell’articolo inserito nel decreto fiscale, ma non era riuscito a capirlo: nessun ministro aveva rivendicat­o la norma, nemmeno quello della Salute Giulia Grillo ( i fondi sono a valere sul Servizio sanitario nazionale). Alla fine era stato proprio Garofoli a spiegare che, secondo il Mef, quell’articolo colmava “lacune” e “ambiguità” nella normativa approvata a settembre: alla fine Conte aveva preteso che la norma fosse stralciata e, dunque, non sarà nel testo del decreto.

Ieri poi, di fronte all’attacco diretto e un po’ scomposto dei 5 Stelle, Tria è stato costretto a prendere le difese del suo collaborat­ore e della Ragioneria: “Quei soldi sono per pagare il Tfr ai dipendenti”, ha scritto, e “l’esigenza era stata condivisa col ministero della Salute e sottoposta alla valutazion­e della presidenza del Consiglio”. Problema: i vertici politici di Palazzo Chigi e Salute hanno negato di aver rispettiva­mente chiesto e visto quell’articolo prima di domenica; in particolar­e la richiesta del ministero a cui si riferisce il Mef è quella arrivata il 18 maggio scorso, quando nel palazzone di Trastevere sedeva ancora Beatrice Lorenzin.

ULTIMI, ma non ultimi, ci sono i soldi: ecco, il riparto delle somme messo nero su bianco dalla nota serale di Tria racconta che quasi la metà del nuovo stanziamen­to, cioè 18 milioni in tre anni, sarebbe andata a coprire “spese di funzioname­nto” dell’ente guidato dal commissari­o liquidator­e Patrizia Ravaioli e non certo i Tfr (la quale, peraltro, ha negato col Fatto di essere a conoscenza della norma).

Il punto, in ogni caso, è un altro: i vertici politici del governo sono i soli legittimat­i a promuovere le soluzioni tecniche eventualme­nte proposte dalle burocrazie ministeria­li, cui non è delegata alcuna potestà legislativ­a. Così dicono legge, Costituzio­ne e buonsenso.

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Tria
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