Il Fatto Quotidiano

“Sul Tap si può rimediare Conte lo sposti per decreto”

MicheleEmi­liano Il governator­e della Puglia: “L’approdo del gasdotto va trasferito 30 chilometri più a nord. E non è vero che costerebbe 5 miliardi”

- » LUCA DE CAROLIS

“Ho sperato che il nuovo governo potesse aiutare la mia terra. Ma non c’è nulla di nuovo: sono stato aggredito da Matteo Renzi e Carlo Calenda esattament­e come sono stato attaccato da Barbara Lezzi e Alessandro Di Battista. E infatti sul Tap sono andati a convergere”. Il governator­e della Puglia Michele Emiliano (Pd) non era al tavolo a Palazzo Chigi che lunedì ha di fatto sancito la fine delle speranze per comitati e sindaci del Salento. Già oggi p ot r e bb e arrivare il via libera del governo al g as d o tt o Tap, che deve portare il gas dall’Azerbaigia­n in Europa, passando per l’Italia e per l’approdo a San Foca, una frazione di Melendugno (Lecce). Perché non l’hanno chiamata alla riunione di lunedì, solo per ruggini politiche?

Non so. Probabilme­nte perché avrei dimostrato in pochi minuti che certe informazio­ni di cui dispongono sono sbagliate.

Ormai è evidente che il Tap va fatto, pena risarcimen­ti tra i 40 e i 45 miliardi.

Ho sempre detto che c’era il problema dei risarcimen­ti, perché il gasdotto è stato previsto da un accordo internazio­nale. E lo hanno sempre saputo anche i Cinque Stelle, checché ne dica la ministra del Sud Lezzi. Dopodiché il tema resta come salvare quel territorio dai danni di un’opera inutile, il tratto via terra che da San Foca arriverà a Mesagne vicino Brindisi, a spese degli italiani. E la mia soluzione rimane quella di spostare di 30 chilometri più a nord l’arrivo del gasdotto.

Dal governo oppongono che costerebbe 5 miliardi in più, e che comportere­bbe un enorme ritardo sui lavori, di almeno 18-24 mesi.

Rilevante, no?

Questa è un’enorme stupidaggi­ne. Non è stato ancora costruito un metro del gasdotto del suolo italiano, finora hanno solo estirpato gli ulivi. E di certo cambiare il tragitto non costerebbe una cifra del genere.

Se un progetto muta i tempi si allungano, è fisiologic­o. Cambiare il progetto richiede pochissimo tempo.

Lei cosa farebbe ora? Convochere­i un tavolo tecnico con il premier Conte, il ministro dello Sviluppo economico Di Maio e quello de ll ’ Ambiente Costa. E in quella sede i miei tecnici spieghereb­bero cosa si può fare per risolvere la questio- ne Tap e anche quella delle emissioni inquinanti dell’Ilva.

Cioè?

Bisogna intervenir­e con un decreto legge, che contenga tutte le autorizzaz­ioni ambientali così da compattare i tempi. E il testo dovrebbe prevedere lo spostament­o dell’approdo del Tap a Mesagne, dove esiste già la rete nazionale del gas Snam che arriva fino a Taranto. Da lì si potrebbe portare il gas fino all’Ilva, dando vita alla decarboniz­zazione dell’a cciaieria.

Ci sono mille nodi, tecnici e politici. E comunque la società che gestisce il Tap è pronta ai ricorsi. Un governo negozia. Va costruita un’intesa con la Socar (la società statale produttric­e di petrolio e gas dell’Azerbaigia­n, ndr), con cui ho già trattato ai tempi del precedente governo. In una riunione alla Farnesina, mi avevano concesso 700 milioni di metri cubi di gas allo stesso prezzo del carbone.

Ne ha parlato con il governo attuale?

Nell’ultima riunione sull’Ilva, ho chiesto all’ad di Arcelor Mittal, davanti a Di Maio, cosa impedisca la decarboniz­zazione dell’Ilva. E lui mi ha risposto che si potrebbe fare se il gas costasse lo stesso prezzo del carbone.

Ma è così certo che Socar accettereb­be?

Si può trattare, in cambio della pace sociale. Ha idea di cosa comportere­bbe sorvegliar­e i cantieri in questa situazione?

Prevede rivolte?

Non dico questo, però la gente è esasperata. Anche perché in tanti avevano creduto alle promesse dei 5Stelle, che garantivan­o lo stop al progetto in 15 giorni.

Ma se esiste davvero una via alternativ­a, perché il governo non la imbocca? Perché la Lega impone di andare avanti, per pressioni di stati e lobby esteri? Credo che i ministri Di Maio e Costa siano prigionier­i della burocrazia, ossia dei tecnici ministeria­li che ripetono loro come sia inevitabil­e costruire il gasdotto secondo questo progetto. Ma non è così.

E se come sembra si andasse avanti secondo i piani? Io non ho più mezzi giuridici, ho fatto tutto quanto possibile. Vorrà dire che passerò il resto della mia vita a denunciare quanto fatto alla Puglia da due governi, prima del Pd e poi del M5S e della Lega.

Il gasdotto non si può fermare, si rischiano risarcimen­ti tra i 40 e i 45 miliardi E i 5Stelle lo hanno sempre saputo Non ho più strumenti giuridici, se finisce così passerò la mia vita a denunciare il danno fatto alla Puglia

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Ansa/LaPresse Il presidente e i corteiIl governator­e Michele Emiliano. Sopra, una manifestaz­ione contro il Tap

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