Tu sì, tu no: i bimbi stranieri e la lotteria della mensa
Il caso LodiC’è chi passa col timbro del consolato nigeriano, chi viene respinto perché mancano i documenti della zia
Niente certificati, niente mensa per i figli dei cittadini non comunitari. Siamo a Lodi dove la Lega comanda e il sindaco Sara Casanova non vuol sentir ragioni. La città è divisa in due e ieri una metà ha presidiato tutto il giorno piazza Broletto davanti al Comune. L’associazione Liberi e uguali assieme a un gruppo di mamme ha tentato di incontrare il sindaco, che non si è fatta trovare. Per cinque volte è stato risposto che sindaco e assessori non erano presenti. Nel frattempo, grazie ai 60 mila euro di donazioni, buona parte dei bambini stranieri ricomincia a tornare in mensa.
MA È UNA SOLUZIONE di emergenza, peraltro tecnicamente non semplice: i pagamenti si dovrebbero fare separatamente per ciascun bambino, con relativo account. E chi è stato escluso dall’asilo pub- blico finirà in quelli privati. È necessario che qualcosa cambi a livello amministrativo. Il sindaco, forte dell’appoggio di Matteo Salvini che ieri ha risposto alle critiche di Roberto Fico (“Pensi a fare il presidente della Camera”), non ne vuole sapere. Questione di regolamento. Che però non è chiaro e crea, oltre alle discriminazioni, un caos amministrativo. Allo stato le domande sono circa 200. Sette sono definite “approvabili”. Ma perché? Vediamole, con una premessa: l’autocertificazione, seguendo la delibera leghista, non è valida. Ecco, però, che un funzionario dell’ambasciatore della Nigeria scrive: “Dalle ricerche e dalla autocertificazione resi, q ue st ’ Ambasciata certifica che il signore non ha reddito né proprietà in Nigeria”. Eppure l’autocertificazione non varrebbe, perché se valesse tutta la vicenda nemmeno sarebbe iniziata. Ma proseguiamo. Dal Togo il presidente della delegazione speciale del Comune di Sokodé scrive: “Alla luce delle indagini svolte dal commissario della polizia locale si attesta che il signore non possiede alcuna risorsa né bene materiale in Togo”. Due cose: i documenti dei “vigili” di Sokodé non sono allegati, ma soprattutto il delegato di un singolo Comune certifica che la persona non ha beni nell’intero Togo. A cercare bene, poi, in rete c’è una foto di questi a- genti locali: alcuni di loro sono ritratti ai tavoli di legno senza divise e con qualche carta davanti. Ancora meglio il consolato moldavo: “Si comunica che non ha elemento comprovante che la cittadina sia titolare di redditi o di beni nel Paese”.
QUI SI ATTESTA un certificato non sulla base di documenti ma sull’assenza degli stessi. Qualcosa non torna. Ora poi si scopre che l’assenza di certificazioni di un parente che sta sullo stato di famiglia dei genitori blocca l’accesso alle tariffe agevolate. Succede a una coppia di filippini. Mamma e padre hanno prodotto i certificati. Sono in regola? No, perché manca quello della zia, peraltro disabile. Storia dopo storia, si arriva a vietare la mensa anche ai bambini italiani. Succede a Ermanno che da anni convive con una ragazza della Costa d’Avorio. “Mia figlia – dice – ha 7 anni, fa la terza elementare ed è italiana di nazionalità. La mia compagna che vive in Italia da più di 10 anni e che ha fatto richiesta per la cittadinanza, non è in grado di produrre i certificati. Abbiamo chiesto all’ambasciata di Roma che ci ha spiegato che è impossibile averli ”. Oggi in giunta dovrebbe arrivare una nuova delibera per correggere il regolamento e ampliare il parterre dei Paesi dove oggettivamente non è possibile recuperare i documenti. A Lodi le maggiori comunità sono albanesi ed egiziani, oggi escluse dalla lista.
La protesta
Ieri il sindaco non si è fatto trovare Oggi la delibera “correttiva” Ma Salvini attacca Fico