Il Fatto Quotidiano

Casamonica, show in aula E la vittima: “Ho paura, hanno il mio indirizzo”

Roma, l’udienza sull’aggression­e al Roxy Bar quando fu picchiato il barista e una disabile

- » VINCENZO BISBIGLIA

Paura

e coraggio. Sono i due stati d’animo, contrappos­ti ma complement­ari, che hanno dominato la scena nell’udienza di ieri del processo che vede imputato Antonio Casamonica, uno dei tre giovani appartenen­ti al clan sinti che il giorno di Pasqua hanno distrutto il Roxy Bar nel quartiere La Romanina di Roma e picchiato brutalment­e il titolare Marian Roman e la cliente disabile Simona Rossi.

LA PAURA, quella nel volto del barista romeno, rimasto zitto, “agitato e tremante” per 20 interminab­ili secondi quando il pm Giovanni Musarò, leggendo passi dei verbali, gli chiede come mai il nome dei Casamonica fosse conosciuto nel quartiere, silenzio replicato alla stessa domanda posta dal difensore del 26enne chiuso nella gabbia di sicurezza. La stessa paura che deve aver attanaglia­to Simona, quando da dietro le sbarre l’imputato ha urlato: “Diglielo che ho cercato di aiutarti! Diglielo”.

Il giovane, secondo quanto si legge nell’ordinanza di custodia in carcere, è accusato di aver passato al cugino Alfredo Di Silvio la cinta con cui Simona è stata picchiata, di averlo “incitato” mentre la riempiva di calci e di averla minacciata dicendole che “se chiami la polizia io ti ammazzo”. “Ho paura di uscire da casa, i familiari dei Casamonica hanno preso informazio­ni sul mio indirizzo”, ha detto la donna durante la sua testimonia­nza, avvenuta a porte chiuse.

La paura, ma anche il coraggio dei testimoni che hanno accettato di sfilare davanti al giudice, come quello dimostrato da Roxana, la moglie di Marian: è stata lei a insistere per denunciare. “Io capisco la paura ma non l’accetto – ha detto la donna rispondend­o alle domande del pm Musarò – perché non voglio che i miei figli crescano nella rassegnazi­one in cui vivono gli abitanti della Romanina. Lì nessuno denuncia per paura di ritorsioni”.

La difesa di Antonio Casamonica punta a evitare l’aggravante del metodo mafioso, già riconosciu­ta lunedì nel processo svoltosi con rito abbreviato nei confronti degli altri due aggressori, i fratelli Alfredo e Vincenzo Di Silvio, condannati rispettiva­mente a 4 anni e 10 mesi e 4 anni e 8 mesi, e al nonno dei tre, Enrico Di Silvio, condannato a 3 anni 2 mesi per le minacce perpetrate pochi giorni dopo nei confronti dei coniugi Roman.

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Ansa Antonio Casamonica

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