Il Fatto Quotidiano

La casa non è solo dei poveri

- » STEFANO FELTRI

▶IL MOVIMENTO

Cinque Stelle sembra aver finalmente deciso che i poveri con una casa di proprietà devono essere trattati diversamen­te da quelli che devono pagare un affitto. Nel calcolo del sussidio cui hanno diritto ai primi verrà imputato un reddito fittizio pari all’affitto “figurativo”. Cioè, secondo l’Istat, il costo che la persona dovrebbe sostenere per affittare una casa con caratteris­tiche identiche a quella in cui vive. Un povero con reddito zero e una casa di proprietà che sul mercato potrebbe affittare a 280 euro al mese, riceverà solo 500 euro (la differenza tra il suo reddito virtuale e la soglia massima di 780). Per l’Istat, nel 2017 la spesa media per famiglia era 1,977 euro, ma consideran­do l’affitto figurativo sale di molto, a 2.564. Distinguer­e tra poveri in affitto e poveri con la casa riduce il costo complessiv­o potenziale del reddito di cittadinan­za da 30 miliardi a circa 15. Sarebbe ingiusto trattare allo stesso modo chi deve usare un reddito modesto per pagare anche un affitto e chi, a parità di reddito, può spenderlo tutto per altro.

Con l’abolizione dell’Imu sulla prima casa, nel 2014, in Italia è passata l’idea che avere una abitazione di proprietà fosse un diritto umano, indiscutib­ile anche per i più ricchi. Ora, almeno riguardo agli ultimi della scala sociale, si afferma il contrario: una casa è ricchezza immobilizz­ata, fonte di reddito potenziale e va considerat­a nel determinar­e il benessere dell’individuo e la legittimit­à delle sue pretese verso il welfare. Agli italiani non poveri, che il sussidio non lo ricevono, bisognereb­be quindi tornare a far pagare una tassa sulla prima casa. La vecchia Imu (che già esentava le fasce più basse di contribuen­ti) valeva 4 miliardi all’anno. Un gettito che pagherebbe quasi la metà del reddito di cittadinan­za. Con meno spesa in deficit e più equità.

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