Banca Etruria, i risarcimenti affidati a Kafka
L’arbitro chiede un atto che ha da 10 mesi, l’avvocato si arrabbia, il collegio si dimette
Breve storia triste ed esemplare del destino dei truffati di Banca Etruria. Vincenza Occhiuzzi vedova Armentano, di anni 82, fu sorpresa dal crac di Etruria con in mano obbligazioni subordinate per euro 205 mila. Illudendosi che le promesse dell’allora ministro Pier Carlo Padoan avessero senso comune, si è rivolta all’Autorità anticorruzione di Raffaele Cantone, incaricata di risarcire i truffati previo vaglio di un collegio arbitrale.
IL 7 NOVEMBRE 2017, quasi un anno fa, la signora ha fatto presente che la sua vecchiaia era accompagnata nella serenità da un gruzzolo investito in obbligazioni seniordi Etruria, quelle più sicure in quanto non assimilate come le famigerate subordinate al capitale di rischio. La banca però, lamenta la Occhiuzzi, l’ha indotta a vendere le sue obbligazioni senior e reinvestire il ricavato in subordinate. Un’operazione condotta in modo sistematico a partire dal 2013, quando cominciava a emergere il deficit di capitale della banca aretina, e fino al 2015, cioè fino alla vigilia dello scandaloso bail in del 22 novembre.
Il 21 settembre scorso, a dieci mesi dalla presentazione del ricor- so, il collegio arbitrale supplente, presieduto dall’insigne Ferruccio Auletta, ordinario di diritto processuale civile all’Università di Napoli, ha preso in esame le doglianze della vedova Occhiuzzi. E lo ha fatto, anche se non sembrerebbe, dandole la precedenza, perché Cantone ha stabilito che i ricorsi degli ultrasettantenni devono essere affrontati prioritariamente, forse per dare agli interessati la speranza di una risposta che preceda il decesso.
Il collegio presieduto da Auletta però delude le aspettative della vedova ottuagenaria con una formula strabiliante: “Apparendo contestata la circostanza relativa alla detenzione dei titoli (...) il Collegio invita la difesa della ricorrente a produrre entro il termine perentorio del 5 ottobre 2018 estratto conto” che attesti la titolarità delle subordinate alla data del bail in.
L’avvocato Lucio Golino, difensore della vedova, fa l’errore che mai si dovrebbe fare quando lo Stato ha il coltello dalla parte del manico, cioè sempre: reagisce. Perché l’estratto conto era ovviamente allegato al ricorso. E non si capisce: “apparendo contestata” da chi? Questi giuristi scrivono ordinanze o commenti? Golino risponde all’ordinanza del collegio sfottendolo: “Si deve desolatamente constatare che il Collegio Arbitrale, invitando con ordinanza la ricorrente all’esibizione di un documento da un anno a Sua disposizione negli atti del ricorso, non legge i ricorsi e i documenti connessi ovvero non sa leggere gli estratti conto, o, in ultima analisi, si avvale di personale che non legge i ricorsi e/o non sa leggere gli estratti conto. Non leggere un ricorso e i suoi allegati è un rifiuto di atti legalmente dovuti. Leggerli e rappresentare in verbale che non se ne dispone è un falso! In ogni caso si dimostra come il Collegio Arbitrale, istituito in altra era politica definitivamente consegnata alla storia, persegua finalità dilatorie ed evasive”.
Gli arbitri non la prendono bene, e il 12 ottobre scorso mettono a verbale che la lettera di Golino “arreca alla persona degli stessi e alla rispettiva reputazione nonché alla loro funzione collettiva grave attentato”, e quindi, offesi, rimettono a Cantone il mandato di gestire la controversia sollecitandolo a nominare altri arbitri.
MORALE DELLA FAVOLA: la vedova Occhiuzzi deve augurarsi lunghissima vita se vuole ottenere il risarcimento almeno parziale dei 205 mila euro che i furbetti di Etruria le hanno sfilato. E si capisce che, a pensare male delle tecniche dilatorie dei mitici arbitrati a marchio Cantone, forse ci si prende, sicuramente si fa peccato. Quindi chiudiamola qui prima che alla vedova Occhiuzzi le facciano pure una multa per lesa maestà.
Twitter@giorgiomeletti