Khashoggi, una fine alla Regeni
La versione che salva la monarchia saudita: il giornalista ucciso durante un interrogatorio finito male da parte dei Servizi “deviati”. Come accadde al ricercatore italiano in Egitto
Con
il passare dei giorni dalla scomparsa di Jamal Khashoggi, è sempre più evidente che il giornalista saudita, entrato e mai più uscito il 2 ottobre scorso dal consolato del suo paese a Istanbul, sia stato ucciso all’interno della sede consolare da uomini dei servizi segreti di Riad. Se la sua probabile morte sia da attribuirsi a un eccesso di torture o a un atto deliberato, ancora non è dato saperlo essendo le indagini ancora in corso. Secondo il New York Timesl’erede al trono dei Saud, bin Salman “approvò” l’interrogatorio “poi finito male”; a metterlo in atto un ufficiale a lui vicino che avrebbe strafatto. Questa versione potrebbe mettere al riparo i rapporti fra i sauditi e gli americani, scagionando la casa reale. Per Washington il piano di sanzioni contro l’Iran può funzionare solo con il sostegno di Riad, pena il rischio di provocare gravi interruzioni e blackout sul mercato del petrolio. Ecco perchè una crisi con Riad in nome di Khashoggi è fuori discussione per la Casa Bianca.
Il corpo del giornalista non è stato trovato, al contrario di quello di Giulio Regeni, il ricer- catore italiano ucciso due anni fa in Egitto, al Cairo, mentre svolgeva il suo lavoro per l’Università di Cambridge. Anche in quel caso, l’ipotesi è che i Servizi egiziani si siano fatti sfuggire di mano l’interrogatorio di un innocente. Per quel che riguarda Khashoggi, i responsabili della sua sparizione sono da ricercarsi all’interno dei servizi di sicurezza che nelle dittature prendono ordini direttamente dal tiranno (che si chiami re o sceicco o presidente poco importa), in questo caso il principe ereditario Mohammed bin Salman, detto MBS.
SIA CHE SI TRATTI di servizi segreti fedeli all’uomo forte sia che si tratti di cellule deviate, non c’è dubbio che questi metodi per zittire le voci critiche sono usati senza remore dove non c’è alcuno stato di diritto, come in Egitto e come in Arabia Saudita. Ma quando le pressioni internazionali aumentano e minacciano ritorsioni economiche, anche il sovrano più assoluto deve cercare una soluzione. Per questa ragione MBS, colui che tiene in pugno il paese del Golfo, sembra aver optato per la versione dell’interrogatorio finito male, così da mettersi al riparo da sanzioni e consentire agli alleati, specialmente gli Usa, di continuare a fare affari con lui. Il segretario di Stato, Pompeo, in visita a Riad, conferma questa linea: “Siamo alleati da tempo e le nostre sfide sono comuni”. In Arabia Saudita, Pompeo ha ricevuto dall’anziano sovrano Salman rassicurazioni sul “suo impegno a sostenere un’inchiesta completa, trasparente e tempestiva”. Oggi però il capo della diplomazia Usa andrà in Turchia, e dovrà placare le ire del presidente Erdogan che è il principale accusatore dei sauditi. Il ministro degli Esteri turco Çavusoglu ha infatti sottolineato che “i consolati non sono luoghi per tenere gli interrogatori dato che per questi ci sono le aule dei tribunali e i giudici”.
Il presidente Erdogan ha dichiarato che gli inquirenti turchi entrati nel consolato “hanno trovato materiale tossico”.
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