Il Fatto Quotidiano

Khashoggi, una fine alla Regeni

La versione che salva la monarchia saudita: il giornalist­a ucciso durante un interrogat­orio finito male da parte dei Servizi “deviati”. Come accadde al ricercator­e italiano in Egitto

- » ROBERTA ZUNINI

Con

il passare dei giorni dalla scomparsa di Jamal Khashoggi, è sempre più evidente che il giornalist­a saudita, entrato e mai più uscito il 2 ottobre scorso dal consolato del suo paese a Istanbul, sia stato ucciso all’interno della sede consolare da uomini dei servizi segreti di Riad. Se la sua probabile morte sia da attribuirs­i a un eccesso di torture o a un atto deliberato, ancora non è dato saperlo essendo le indagini ancora in corso. Secondo il New York Timesl’erede al trono dei Saud, bin Salman “approvò” l’interrogat­orio “poi finito male”; a metterlo in atto un ufficiale a lui vicino che avrebbe strafatto. Questa versione potrebbe mettere al riparo i rapporti fra i sauditi e gli americani, scagionand­o la casa reale. Per Washington il piano di sanzioni contro l’Iran può funzionare solo con il sostegno di Riad, pena il rischio di provocare gravi interruzio­ni e blackout sul mercato del petrolio. Ecco perchè una crisi con Riad in nome di Khashoggi è fuori discussion­e per la Casa Bianca.

Il corpo del giornalist­a non è stato trovato, al contrario di quello di Giulio Regeni, il ricer- catore italiano ucciso due anni fa in Egitto, al Cairo, mentre svolgeva il suo lavoro per l’Università di Cambridge. Anche in quel caso, l’ipotesi è che i Servizi egiziani si siano fatti sfuggire di mano l’interrogat­orio di un innocente. Per quel che riguarda Khashoggi, i responsabi­li della sua sparizione sono da ricercarsi all’interno dei servizi di sicurezza che nelle dittature prendono ordini direttamen­te dal tiranno (che si chiami re o sceicco o presidente poco importa), in questo caso il principe ereditario Mohammed bin Salman, detto MBS.

SIA CHE SI TRATTI di servizi segreti fedeli all’uomo forte sia che si tratti di cellule deviate, non c’è dubbio che questi metodi per zittire le voci critiche sono usati senza remore dove non c’è alcuno stato di diritto, come in Egitto e come in Arabia Saudita. Ma quando le pressioni internazio­nali aumentano e minacciano ritorsioni economiche, anche il sovrano più assoluto deve cercare una soluzione. Per questa ragione MBS, colui che tiene in pugno il paese del Golfo, sembra aver optato per la versione dell’interrogat­orio finito male, così da mettersi al riparo da sanzioni e consentire agli alleati, specialmen­te gli Usa, di continuare a fare affari con lui. Il segretario di Stato, Pompeo, in visita a Riad, conferma questa linea: “Siamo alleati da tempo e le nostre sfide sono comuni”. In Arabia Saudita, Pompeo ha ricevuto dall’anziano sovrano Salman rassicuraz­ioni sul “suo impegno a sostenere un’inchiesta completa, trasparent­e e tempestiva”. Oggi però il capo della diplomazia Usa andrà in Turchia, e dovrà placare le ire del presidente Erdogan che è il principale accusatore dei sauditi. Il ministro degli Esteri turco Çavusoglu ha infatti sottolinea­to che “i consolati non sono luoghi per tenere gli interrogat­ori dato che per questi ci sono le aule dei tribunali e i giudici”.

Il presidente Erdogan ha dichiarato che gli inquirenti turchi entrati nel consolato “hanno trovato materiale tossico”.

L’amico americano Il segretario di Stato Pompeo appoggia Riad: senza è difficile contrastar­e l’Iran

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Ansa Errori di Stato Khashoggi (60) e Regeni (28)

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