Paola Egonu, stella in ritardo del volley femminile italiano
Non ama definirsi leader: “La pallavolo è un gioco di squadra”. Ma è insostituibile Venerdì la schiacciatrice incontrerà la rivale cinese Zhu Ting. Sfida difficile, non impossibile
Che Paola Ogechi Egonu sia una giocatrice al di sopra di ogni standard lo suggerisce anche l’intelligenza con cui sorvola su alcune domande poco proprie che talora le vengono rivolte: per esempio, a chi le chiedeva se si sentisse Zaytsev al femminile fermamente rispondeva “No!”. E di certo non per antipatia. “Noi siamo le prime tifose della Nazionale maschile” aveva confessato la giocatrice in un’intervista prima di partire per il Mondiale femminile 2018 in Giappone, solo rivendicava legittimamente che il percorso di ogni atleta è a sé. Si diceva contenta, però, che ci fossero molte aspettative su di lei e sulla nazionale di cui è parte: “È un piacere!”.
NATA A CITTADELLA( Padova) il 18 dicembre 1998 da genitori nigeriani, è cresciuta a Galliera Veneta e si definisce “afro-it al i an a ”: cadenza veneta. Spiega che quello per la pallavolo è stato “un lento innamoramento”: inizia a giocare a 12 anni, quasi controvoglia e, rammentando oggi quei primi tempi, si giudica “scandalosa”. Di lì a poco approda nella famiglia del Club Italia (il vivaio ideato da Julio Velasco che raccoglie, tra gli italiani under 18, i migliori giocatori e le migliori giocatrici) a cui resta legata fino al 2017.
Su di lei tutte le voci sono intonate: è una grande lavoratrice, e coniuga le sue doti naturali (altezza, salto, potenza) a un ininterrotto perfezionamento tecnico.
Ma lei non si cura dei complimenti, rimane distante anche dai crediti mirabolanti che i media le stanno (lievemente in ritardo) tributando in questi giorni in ragione dei successi durante il mondiale: “fenomeno”, “asso”, “bomba”. Rifiuta anche l’etichetta di stella: “Non mi reputo la stella della squadra,” sostiene. Non le piace l’idea di un leader, crede nel gruppo, dove ognuna ha il proprio posto e la propria importanza.
Tuttavia, nel racconto di una rassegna sportiva così luminosa per la nostra nazione, va riconosciuto a Paola (Paoletta) Egonu, al netto della sua seria umiltà che le fa onore, il fatto di essere la giocatrice più determinante della selezione italiana, la più continua. Senza dover per forza sgranare il rosario dei suoi numeri e dei suoi record – 189 sono i cm di altezza, 344 quelli a cui arriva saltando per schiacciare, più di 90 kmh è la velocità delle sue “bordate”; e ancora solo 19 i suoi anni e 46 sono i punti che concretizzò durante la terza giornata del campionato 2016-17, quando di anni ne aveva ancora 17, contro l’Azzurra Volley San Casciano, realizzando così il miglior risultato di sempre in Serie A1 –, se insomma ci contentiamo di guardare alla partita contro il Giappone (vinta 3-2 dall’Italia), la stessa che ci ha regalato l’accesso di diritto alle semifinali, Egonu è stata la trascinatrice del gruppo.
Ecco, se proprio vogliamo farci spingere sull’altalena dei paragoni e della memoria, durante il quinto set del match contro il Giappone, più di un tifoso sarà stato accarezzato dal ricordo della finale di Berlino 2002 (quando l’Italvolley femminile vincerà il Mondiale per la prima volta): Italia-Usa, punteggio 2-2. Proprio come Eleonora Lo Bianco, l’allora palleggiatrice della nazionale, cerca un’inarrestabile Elisa Togut ( che risulterà anche l’Mvp di quella rassegna), l’alzatrice Ofelia Malinov serve senza posa Paola Egonu al tie-break, è lei la sua “donna-partita”.
Come Togut, anche Egonu resta sempre lucida dentro e fuori dal campo. Sembra, infatti, lei la meno stupita di tutte queste vittorie, quando in zona mista arriva stanca ma sorridente. In seguito alla vittoria contro la Russia, dichiara raggiante: “Sapevo che avremmo spinto, nonostante tutto”; dopo il succitato scontro vinto con il Giappone, la sua tenacia non fa una grinza: “Sono soddisfatta. Sono contentissima. Non c’è stato un attimo in cui abbiamo temuto di perdere”. E rivendica con orgoglio i risultati raggiunti: “Adesso è il nostro momento!”
SÌ, PERCHÉ LONTANO dai riflettori – dapprima, tutti puntati sul mondiale maschile colmi di attesa (gioco forza: si svolgeva in casa), e poi un po’ delusi e distratti – la nazionale femminile nel regno del Sol Levante ha esordito quasi obliata dalla cura dei media. Anche tale particolare riporta alla memoria il 2002, quando invece di parlare della pallavolo femminile, erano tutti concitati a incolpare l’arbitro Byron Moreno di tutti i mali del mondo. Tornando all’oggi, venerdì ci aspetta la nazionale cinese, e ci aspetta anche il confronto tra i due assi: la nostra Paola Egonu e Zhu Ting, una delle migliori giocatrici al mondo. Sarà una sfida difficile per le nostre atlete? Certo: difficile ma non impossibile.
Amore tardivo Ha iniziato a giocare a 12 anni, quasi controvoglia: 189 cm di altezza, 344 quelli a cui arriva saltando, più di 90 km all’ora è la velocità delle sue “bordate”