Il Fatto Quotidiano

Da B. a Prodi a Renzi: tutte le manine per le leggi impresenta­bili figlie di NN

Il decreto salvaladri di Biondi, il comma Fuda, il 3 per cento del Pd per aiutare l’ex Cav.

- » FABRIZIO D’ESPOSITO

Ah, quante manine per tradurre in parole o percentual­i magiche l’essenziale rimasto invisibile agli occhi. Storie di potere, storie di Sistema. Le manine pro- riciclaggi­o o pro-Croce Rossa hanno una tradizione antica nonché una prassi consolidat­a. Addirittur­a, ai tempi dell’ultimo governo Berlusconi, dal 2008 al 2011, divenne pratica comune la cosiddetta “strategia dei refusi”, come la chiamò all’epoca l’allora ministro del Lavoro Maurizio Sacconi. Nascosto perlopiù in un emendament­o, il refuso doveva allargare soprattutt­o la platea dei condoni (corsi e ricorsi storici, per dirla stancament­e alla Vico). Non solo. Nel Parlamento della Seconda Repubblica, quello dei “condonisti” è stato un partito forte e trasversal­e di peones.

IL REFUSO più famoso dell’era berlusconi­ana resta quello del giugno 2008: il Consiglio dei ministri mise all’ordine del giorno un decreto legge per imbavaglia­re le odiate intercetta­zioni. Il Colle intervenne (c’era Re Giorgio Napolitano) e B. scaricò su Gianni Letta, il premier ombra: è stato un refuso, dissero. Dl (decreto legge) al posto di ddl (disegno di legge). Come no.

L’origine del termine Era il 1990 e a Milano fu trovato il secondo memoriale di Moro: l’insinuazio­ne di Craxi

Colpa di una “d” mancante. Del resto l’ex Cavaliere aveva dimostrato da subito la sua predilezio­ne per manine e codicilli. Era la metà luglio del 1994 quando il primo governo di B. varò il decreto salvaladri per annientare le inchieste su Tangentopo­li del pool milanese di Mani Pulite. L’esecutore fu il Guardasigi­lli Alfredo Biondi, antico liberale. Obiettivo: salvare dal carcere preventivo i colletti bianchi inquisiti. Il pool si ribella e il Paese scende in piazza. Dirà il leghista Roberto Maroni, ministro dell’Interno: “Mi hanno ingannato, imbrogliat­o, mi hanno fatto leggere un testo diverso da quello che poi mi hanno dato da firmare. Biondi mi aveva giurato che non sarebbero usciti i tangentist­i, i De Lorenzo”.

L’ORIGINE politico-semantica della fatale “manina”, stavolta tra virgolette, è da ricondurre alla più grande tragedia repubblica­na: il sequestro e l’omicidio dello statista dc Aldo Moro. Nel 1990 a Milano, nel covo brigatista di via Monte Nevoso, fu rinvenuto il me- moriale bis di Moro, dodici anni dopo il rapimento. Così il leader socialista Bettino Craxi s’interrogò sulla “manina” che ce l’aveva messo successiva­mente. Una manina che corrispond­eva a quella di Giulio Andreotti, depositari­o dei misteri del Moro. Il Belzebù democristi­ano rispose sibillinam­ente: “È stata una manina o una manona”.

Accade poi che la manina, per tornare alle cronache parlamenta­ri, agisca alla luce del sole. Nel 2006, il governo di Romano Prodi era alle prese con la sua prima legge finanziari­a e l’indicibile si celò nel chilometri­co maxiemenda­mento: un codicillo di tre righe per dimezzare la prescrizio­ne per i reati contabili, cioè per le azioni di risarcimen­to del danno erariale davanti alla Corte dei Conti. Il comma 1346. Il primo firmatario fu un senatore trasformis­ta calabrese: Pietro Fuda, esponente dell’allora partitino di Agazio Loiero, il Pdm, Partito democratic­o meridional­e. Subito dopo, l’autografo di un senatore vicinissim­o al leader della Margherita Francesco Rutelli: Luigi Zanda.

UN’ALTRA MANINA nota è quella di Matteo Renzi nel dicembre del 2014, nel pieno del Patto del Nazareno con Silvio Berlusconi. Renzi è premier e il suo governo si dà da fare con la delega fiscale. Nel decreto di attuazione spuntano cin- que righe inserite alla vigilia di Natale per favorire l’amico B.: un colpo di spugna clamoroso. Cioè: la non punibilità per gli evasori se le somme in nero non superano il 3 per cento del totale. In questo modo si cancellere­bbe la condanna per frode fiscale di Berlusconi, con relativa decadenza, dell’anno precedente. Un paio di settimane dopo, a gennaio del 2015, Renzi rivendica la paternità delle cinque righe, dinanzi ai gruppi parlamenta­ri: “La manina è mia”.

Nemmeno il governo Gentiloni è rimasto immune da questa prassi: nell’aprile del 2017 il Consiglio dei ministri approva il Codice degli appalti. Indi sparisce una norma dall’ultima versione: quella che concede pieni poteri all’Anac di Raffaele Cantone. L’ex pm chiede: “Chi è stato e perché ha agito di nascosto?”.

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Ansa Subito al lavoro Il primo governo Berlusconi del 1994 varò il decreto salvaladri
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 ?? Ansa ?? Manine note Sopra, Matteo Renzi, autore di un colpo di spugna a favore dell’alleato “Silvio”; a sin., Andreotti e Craxi
Ansa Manine note Sopra, Matteo Renzi, autore di un colpo di spugna a favore dell’alleato “Silvio”; a sin., Andreotti e Craxi

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