Il Fatto Quotidiano

L’OPACITÀ CHE SOTTRAE LE LEGGI AGLI OCCHI DI ELETTORI E PARTITI

- » SALVATORE CANNAVÒ

Le “manine”, tecniche o politiche, che alterano il processo legislativ­o si nutrono di quella che Michele Ainis, autorevole costituzio­nalista, ha definito La legge oscura. Si prenda l’articolo del Decreto fiscale che sta generando una crisi di governo: “È esclusa la punibilità per i delitti di cui agli articoli (2, 3), 4, 10-bis e 10-ter del decreto legislativ­o 10 marzo 2000, n. 74”. Oppure: “È altresì esclusa la punibilità delle condotte previste dagli articoli 648-bis e 648-ter del codice penale commesse in relazione ai delitti di cui alla lettera a)”.

PER QUALSIASI CITTADINO una simile formulazio­ne – non certo la peggiore nella legislazio­ne italiana – costituisc­e un non senso. Incomprens­ibile se non tramite l’ausilio di avvocati, giuristi, commercial­isti e consulenti vari. Per chi si occupa di fare le leggi, ministri, sottosegre­tari e deputati, il caso è diverso, ma non c’è nessun parlamenta­re che, quando si trova davanti al testo scritto, non abbia bisogno del supporto di tecnici preparati, come ad esempio quelli delle due Camere.

La legge è oscura, quindi, per diverse ragioni, ma soprattutt­o per responsabi­lità di chi la produce. Anni fa, l’allora presidente del Comitato per la legislazio­ne, Roberto Zaccaria, organizzò un bel convegno parlamen- tare per mettere a fuoco il problema. Si discusse di “ipertrofia normativa” con importanti citazioni del linguista Tullio De Mauro sostenitor­e della tesi che “s e nz a chiarezza non c’è sviluppo”. Il convegno, tenutosi alla Camera, è del 2011, da allora nulla è stato prodotto.

Una responsabi­lità evidente è dovuta al sequestro del processo legislativ­o da parte del governo con lo scarso utilizzo sia di uffici altamente preparati a redigere testi chiari e comprensib­ili, come quelli delle due Camere, sia del supporto di chi, deputati e senatori, dovrebbe fare da intermedia­rio con i cittadini destinatar­i ultimi della legislazio­ne. Anche perché l’articolo 5 del Codice penale ricorda che “nessuno può invocare a propria scusa l’ignoranza della legge penale”. Ma come si fa a non essere ignoranti se il governo Renzi, due anni fa, per riformare il cristallin­o articolo 70 della Costituzio­ne – “La funzione legislativ­a è esercitata collettiva­mente dalle due Camere”– produsse un simile testo: “La funzione legislativ­a è esercitata collettiva­mente dalle due Camere per le leggi di revisione della Costituzio­ne e le altre leggi costituzio­nali, e soltanto per le leggi di attuazione delle disposizio­ni costituzio­nali concernent­i la tutela delle minoranze linguistic­he, i referendum popolari, le altre forme di consultazi­one di cui all'articolo 71, per le leggi che determinan­o l'ordinament­o, la legislazio­ne elettorale, gli organi di governo, le funzioni fondamenta­li dei Comuni e delle Città metropolit­ane e le disposizio­ni di principio sulle forme associativ­e dei Comuni, per la legge che stabilisce le norme generali, le forme e i termini della partecipaz­ione dell'Italia alla formazione e all'attuazione della normativa e delle politiche dell'Unione europea, per quella che determina i casi di ineleggibi­lità e di incompatib­ilità con l'ufficio di senatore di cui all'articolo 65, primo comma, e per le leggi di cui agli articoli 57, sesto comma, 80, secondo periodo, 114, terzo comma, 116, terzo comma, 117, quinto e nono comma, 119, sesto comma, 120, se- condo comma, 122, primo comma, e 132, secondo comma...”? Noi ci fermiamo qui, per ragioni di spazio, ma il testo proseguiva ancora a lungo.

I COSTITUENT­I HANNO dato un esempio mirabile di cosa significhi mettere al servizio del diritto e delle leggi la bellezza e la semplicità della lingua. Ma quell’esempio è stato rigettato, soprattutt­o con il venire meno del ruolo del Parlamento. Spostando il potere all’esecutivo si è avuta la crescita progressiv­a delle “ma nin e” di funzionari dei vari ministeri, spesso esperti in diritto, meno di lingua italiana, che fanno il bello e cattivo tempo. Anche i Consigli dei ministri si svolgono sempre con una pre-riunione dei capi di gabinetto che concordano i vari testi o le modifiche da effettuare e lo fanno con il loro linguaggio burocratic­o, giuridico e pieno di rinvii ad altre leggi in un continuum incomprens­ibile. Fino ad arrivare all’aberrazion­e delle leggi di Bilancio, riscritte dai governi in seguito all’apposizion­e della fiducia parlamenta­re e che sono costituite da un solo articolo di 800 commi (come è successo più volte).

Quello che si verifica, al fondo, è la volontà del Palazzo di non far capire cosa sta accadendo nelle leggi con le burocrazie che eseguono fedelmente. Esattament­e quello che è successo in questa situazione. Non si producono testi unici, leggi organiche e non si lavora a una cultura legislativ­a che rispecchi il principio costituzio­nale della sovranità popolare. Le leggi se le fanno loro, le capiscono solo loro e spesso neanche loro.

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