Dal Gran Sasso a Genova, il nodo è la manutenzione
Manutenzione: anche se tutti ne conoscono il significato conviene qui, a uso e consumo dei distratti, riproporre cosa dice su questa parola la Treccani. Per l’enciclopedia italiana fare manutenzione significa
“mantenere in buono stato”, mentre “avere la manutenzione” di un impianto vuol dire essere incaricati “di provvedere alla sua conservazione (…) eseguendo anche, se necessario, le opportune riparazioni e sostituzioni di pezzi”.
EPPURE, in questa strana Italia in cui pure l’ovvio diventa motivo di polemica, accade persino che qualcuno si stupisca se il ministero delle Infrastrutture tenta di imporre a un concessionario autostradale di fare ciò per cui gli automobilisti pagano il pedaggio: conservare bene e in piena efficienza i ponti, le strade e le gallerie per contratto affidati al privato dallo Stato.
Certo, lo sappiamo, il ministro Danilo Toninelli è uomo avvezzo alle gaffe e alle sparate. Inventarsi un fantomatico tunnel del Brennero percorso da camion e automobili, come ha fatto Toninelli in un video diffuso in Internet, è uno scivolone grave che fa concorrenza a Mariastella Gelmini e ai suoi neutrini che viaggiavano in un “tunnel tra Ginevra e il Gran Sasso finanziato con 45 milioni di euro”. Ma dopo i 43 morti causati dal crollo del ponte Morandi di Genova, c’era d’aspettarsi che tutti, a partire dal concessionario Strada dei Parchi Spa (gruppo Toto), non avessero nulla da ridire sulla decisione del ministro di inviare i propri ispettori sull’autostrada Roma-L’Aquila per poi ordinare limitazioni al traffico sulla A24 e A25. Per sapere che quei 300 chilometri d’asfalto non stanno affatto bene bastava andare sotto i tanti viadotti che collegano l’Abruzzo con la Capitale. A patto però di munirsi di un elmetto, perché qua e là cemento e ferro cascano spesso.
A fine settembre un bel reportage di Filippo Roma delle Iene aveva mostrato la disastrata situazione di decine di piloni: nel viadotto Macchia Maura il ferro è in bella vista; in quello Santacroce basta una mano nuda per staccare, come fosse cioccolato, metallo e cemento. Stessa scena sui viadotti di Bussi o di Cocullo. E davvero poco importa che i tecnici delle società dell’imprenditore Carlo Toto assicurino che (salvo terremoto) non c’è nulla da temere. Anche se non si crede a ciò che ha spiegato alle Iene l’ingegner Tommaso Giambuzzi, secondo il quale ogni segnale di degrado esterno è un indice di rischio, perché i piloni all’interno sono vuoti, bisognerebbe almeno riflettere su ciò che accade sotto il viadotto Isola di Gran Sasso. Un ponte che, come a Genova, fa ombra a delle abitazioni. Lì, quando si stacca il cemento, il rischio di uccidere diventa reale. Tanto che, secondo le testimonianze, qualche tempo fa un detrito ha colpito uno scuolabus.
Bastano insomma le immagini e le parole per concludere che la manutenzione delle società di Toto, anche quando c’è stata, è risultata insufficiente. Secondo i documenti consultati dalle Iene, Strada dei Parchi Spa avrebbe dovuto spendere per la manutenzione ordinaria 9 milioni l’anno, quando invece ne ha spesi in media, negli ultimi tre anni, solo 3 milioni ogni 12 mesi. Carlo Toto intervistato da Roma ha negato. Ha dato al giornalista del bugiardo e lo ha insultato con violenza. Ma mentre sulle gaffe di Toninelli si sono sprecati (giustamente) anche in Parlamento gli sfottò, non si sono registrate critiche particolari al ricco imprenditore, che in passato ha finanziato (lecitamente) esponenti di destra e di sinistra. Cosa triste per chi, come noi, continua a pensare che almeno la sicurezza non debba avere colore politico.