L’ARTE DEVE CIRCOLARE: È DELL’UMANITÀ
Caro Direttore, con Tomaso Montanari ci conosciamo da anni, e non nascondo l’amicizia e la simpatia reciproca che ci lega. Abbiamo punti in comune, come il disgusto per una certa classe politica, e punti non in comune, come la circolazione del bene culturale. Una cosa però condividiamo entrambi: l’amore per il patrimonio storico artistico. Io sono un mercante d’arte, e sono fiero di questa professione che mi ha trasmesso il mio amato padre. In Inghilterra, Paese che conosco bene, essendo io per metà inglese, la mia professione è riconosciuta tra le più nobili, in Italia, purtroppo, l’opposto. Al mercante, nella nostra penisola, vengono sempre attribuiti danni al patrimonio. I mercanti sono come gli storici dell’arte, i funzionari e i politici: ci sono quelli di serie A, B e C.
IO PARLO SOLO di quelli di serie A, il resto non mi interessa. I mercanti a cui mi riferisco hanno contribuito alla riscoperta di opere, finanziato pubblicazioni e borse di studio. Hanno riportato in Italia opere disperse all’estero da secoli, e pochi sottolineano questo. È chiaro: è un lavoro dove si lucra. Esistono business dove non si guadagna?
Noi operatori seri del settore ci atteniamo alle leggi e, a nostro rischio e pericolo, presentiamo gli oggetti presso gli uffici esportazioni, dichiarando quello che la legge ci chiede e poi, come un bambino che aspetta ansioso il voto della maestra, attendiamo il responso dell’Ufficio esportazione. Vi dirò che, il più delle volte, quando le o- pere sono importanti, vengono bloccate e solo quelle meno importanti o con problemi di condizione ottengono l’attestato.
Tomaso lo sa, io sono per la tutela del nostro patrimonio, ma credo che le opere, se trovano collocazioni museali, è giusto che escano. Viviamo in un mondo talmente globalizzato, che il bene artistico, non è un bene solo dell’Italia, ma dell’umanità. Montanari nel suo articolo, ritenuto da qualche mio collega, troppo rigido e conquistando il soprannome di “talebano”, non fa altro che esprimere le sue idee, senza accusare nessuno, se non in parte lo Stato. Condivido le sue amarezze nei confronti di qualche esportazione, ma d’altro nde, nulla di illecito è stato commesso e con tutta onestà, sono usciti in tempi recenti quadri che io non appenderei neanche nell’ingresso di casa mia in campagna. I danni al patrimonio, caro Tomaso, sono altri: la mala gestione del ministero, dei musei (a parte pochi), che dovrebbero diventare gratuiti, come in Inghilterra. Parlando di circolazione del bene culturale, si dovrebbe accelerare quel processo di snelli- mento di burocrazia, che fa perdere tempo e denaro a tutti, senza entrare nel merito di quello che deve o non deve uscire. Vorrei inoltre far notare a Montanari che la notifica viene usata troppo spesso, ed è un vero abuso nei confronti di un collezionista. Basterebbe dichiarare, come nel civile Regno Unito, un dipinto “inesportabile” e basta.
PARLANDO DI ABUSI, trovo ingiusto quanto accaduto alla povera Giulia Maria Crespi che, dopo la vicenda Burri, ha ricevuto una visita della Sovrintendenza, per vagliare le sue opere per possibili notifiche. Non si fa, non si fa. La proprietà privata è sacrosanta, e queste opere non sono state rubate, ma sono legittimamente possedute. Tutto, come detto, nasce dalla questione “Burri” che per me poteva andare non in America, ma su Marte. Montanari, qui giustamente, ha contestato la poca coerenza di un collezionista, ma in casa propria, legge permettendo, uno fa quello che vuole. Questo episodio ha purtroppo provocato una reazione da parte dello Stato smisurata e triste per chi ci guarda dall’estero. Tuteliamo il patrimonio, rispettiamolo, ma non torniamo indietro, ricordandoci sempre che il bello non salverà il mondo, ma ci aiuterà a vivere meglio la quotidianità.
*Gallerista internazionale e segretario generale Biennale
dell’antiquariato di Firenze
PROPRIETÀ PRIVATA Condivido le amarezze di Montanari su alcuni collezionisti, ma ricordo che hanno anche riportato in Italia opere disperse