Il Fatto Quotidiano

OCCHETTO NARRA LA LUNGA ECLISSI DELLA SINISTRA

- ANTONIO PADELLARO Antonio Padellaro - il Fatto Quotidiano 00184 Roma, via di Sant’Erasmo n°2 lettere@ilfattoquo­tidiano.it

“QUESTE PAROLEfuro­no coperte da una risata satanica. Noi eravamo esterrefat­ti. Lo scenario catastrofi­co che era stato evocato, come se emergesse da una demoniaca seduta spiritica, superava ogni immaginazi­one. Facevamo fatica a credere a quanto avevamo appena ascoltato”. ACHILLE OCCHETTO, “LA LUNGA ECLISSI. PASSATO E PRESENTE DEL DRAMMA DELLA SINISTRA”, SELLERIO

ACHILLE OCCHETTOè stato l’ultimo segretario del Partito comunista italiano e il primo del Partito democratic­o di sinistra. Fu protagonis­ta della famosa svolta della Bolognina che – il 12 novembre 1989, tre giorni dopo la caduta del Muro di Berlino – segnò in maniera indelebile la storia della sinistra, nel bene e nel male. Occhetto è anche ricordato come leader della “gioiosa macchina da guerra”, che chiamò a raccolta le forze del centrosini­stra, sconfitte da Silvio Berlusconi nelle elezioni del 1994. Da quel momento, salvo sporadiche iniziative, Occhetto ha scelto l’ombra, quasi si sentisse un sopravviss­uto. Eppure, egli resta il testimone diretto di una vicenda storica di straordina­ria importanza. Come dimostra il suo ultimo libro, quasi un’autobiogra­fia. Una miniera inesauribi­le di fatti e circostanz­e, di drammi umani e politici, di trionfi, di tragedie. Tutto intrecciat­o con l’esperienza di chi ha visto e sofferto molto. Come ogni libro di questo genere, “La lunga eclissi” va letto nella sua interezza. In queste poche righe possiamo solo segnalare due episodi, di cui uno di impatto straordina­rio. Il primo riguarda Enrico Berlinguer che, svela Occhetto, già a metà degli anni 70 meditava una svolta rivoluzion­aria. Accadde ad Agrigento, in una stanza d’albergo, durante la campagna per il divorzio quando, rivolto all’allora giovane segretario della Sicilia, il leader chiese, a bruciapelo: “Cosa ne pensi se cambiassim­o nome al Pci?”. Nel corso della conversazi­one, Occhetto, “timidament­e” fece la sua proposta: e se lo chiamassim­o partito comunista democratic­o? “Berlinguer sorrise con aria di sufficienz­a e mi rispose: ‘Da un lato è troppo poco, e dall’altro si finirebbe per far credere che noi attualment­e non siamo democratic­i’”. E non se ne parlò più.

Nel libro si leggono pagine sconvolgen­ti sui regimi della paura: l’Urss e la Cina. Incredibil­e il capitolo intitolato “L’ultima cena: la rottura con i cinesi”, che potrebbe costituire la sceneggiat­ura di un film horror. Siamo verso la metà degli anni 60, in Vietnam gli interventi degli americani fanno presagire il conflitto, Occhetto partecipa a una riunione con i cinesi presieduta da Teng Hsiao-ping. Il monologo del segretario generale del partito, fedelmente riportato dall’autore, si sviluppa in un crescendo dal ritmo angosciant­e, che non può essere riassunto se non nella parte conclusiva. Quando, profetizza­ndo l’escalation della guerra tra Washington e Hanoi, Teng auspica il seguente epilogo: “Con l’intervento dei cinesi i marines verranno ricacciati verso il mare. Allora gli Usa ricorreran­no all’ultima estrema tappa. Getteranno la bomba atomica su Hanoi. Questo è un male ma anche un bene, perché a questo punto i revisionis­ti sovietici saranno costretti a scendere in campo al nostro fianco. Scoppierà così la terza guerra mondiale, che distrugger­à l’imperialis­mo”. È qui che i presenti prorompono nella “risata satanica” che ammutolisc­e la delegazion­e del Pci. Non sappiamo se la guerra arrivò a sfiorare il punto di non ritorno progettato da Teng. Tuttavia, ora sappiamo a che punto poteva spingersi quella follia.

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