Il Fatto Quotidiano

Guatemala, i Forrest Gump latinos spaventano Trump

Verso gli Usa 4 mila “caminantes” da Honduras, El Salvador, Guatemala. Il Messico schiera l’esercito al confine sud

- » PAOLO FROSINA

Sono partiti in pochi, appena 160, all’alba di venerdì 12 ottobre dalla stazione degli autobus di San Pedro Sula, una delle città più pericolose al mondo, nel nord dell’Honduras. Ora sono almeno 20 volte tanto: una marea umana che è cresciuta a ogni passo. Hanno risalito Honduras, El Salvador, Guatemala, macinando – per lo più a piedi – oltre 40 chilometri al giorno. Ora il fiume di bandiere, volti e storie si è fermato, dopo 500 chilometri attraversa­ti, a Tecún Umán, al confine col Messico. Vogliono entrare negli Usa, la terra che per loro è sinonimo di opportunit­à e speranza, ma che li teme, presidente Donald Trump in testa, soprattutt­o adesso che si avvicinano le elezioni di Midterm.

SI SONO ACCAMPATI ne l parco, e sulla sponda del río Suchiate, che segna la frontiera tra Guatemala e Messico, cantando l’inno nazionale. Alla riva opposta del fiume, ad aspettarli, mille agenti messicani in tenuta antisommos­sa e grate d’acciaio alte tre metri. Per entrare in Guatemala, dall’Honduras, basta un semplice documento d’identità. Per passare il confine con il Messico, invece, è necessario il passaporto, ma in pochissimi ne sono in possesso. Così i 4 milac amin antesh anno fatto della cittadina guatemalte­ca di Tecún Umán – 33 mila abitanti – il loro rifugio provvisori­o.

Il grosso della carovana umana è arrivata qui due giorni fa. Tante le donne, tantissimi i neonati e i bimbi. C’è anche chi ha già provato a varcare la frontiera, imbarcando­si su natanti di fortuna per guadare il fiume. Scappano dalla povertà, dalla disoccupaz­ione, dal reclutamen­to forzato e dalla violenza delle pandillas, le gang criminali centroamer­icane. Quando hanno potuto, sono saliti su auto, furgoni, persino tetti di bus. Molti agitavano bandiere bianco- blu honduregne e urlavano slogan contro Juan Orlando Hernández, il presidente accusato di connivenza con i cartelli del narcotraff­ico.

Mercoledì scorso, hanno attirato l’attenzione di Donald Trump. “Abbiamo informato i governi di Guatemala, Honduras e Salvador: se permettera­nno a queste persone di attraversa­re i loro territori allo scopo di entrare illegalmen­te negli Usa, tutti i finanziame­nti ai loro Stati finiranno”, ha scritto il presidente in uno dei tanti twe et dedicati ai caminantes. Il governo messicano di Enrique Peña Nieto, di tutta risposta, da giovedì ha ammassato al confine tra Tecún Umán e la città di Hidalgo, Mexico, poliziotti in assetto da “contenimen­to”. E Trump, postando il video di un aereo militare messicano che scaricava centinaia di agenti, ha ritwittato entusiasta: “Grazie Messico, non vediamo l’ora di lavorare insieme a voi!”.

Donald twitta “Se i Paesi interessat­i non bloccheran­no queste persone, taglieremo tutti gli aiuti”

“MA È DIO CHE DECIDE QUI, non Trump – dice al W ashington Post Luis, 32 anni – e noi non abbiamo altra scelta se non di andare av an ti ”. Con lui, venerdì, i primi honduregni hanno provato a passare il confine. Alcuni di nascosto, pagando 10 quetzal (poco più di un dollaro) ai traghettat­ori abusivi per passare il fiume, la maggioranz­a accalcando­si sul ponte Rodolfo Robles, l’unico che collega le due rive del río Suchiate. La “testa” del gruppo all’alba ha provato a sfondare: spingendo tutti insieme, hanno fatto cadere i cancelli, e qualche centinaio di migranti sono riusciti a far perdere le proprie tracce. Gli altri – inclusi quelli in regola con i documenti – sono stati respinti a lacrimogen­i e manganella­te. Resteranno a Tecún Umán. Si sono seduti a gambe incrociate sul ponte, che è coperto da una marea umana in attesa. Aspettano di sapere cosa sarà di loro.

 ?? AFP/LaPresse ?? Ammassati A Tecún Umán, tra Guatemala e Messico: hanno viaggiato a piedi, di Stato in Stato
AFP/LaPresse Ammassati A Tecún Umán, tra Guatemala e Messico: hanno viaggiato a piedi, di Stato in Stato
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