Il Fatto Quotidiano

QUELLA LEGGE DEL FASCISMO CHE CAPPATO VUOL CAMBIARE

- » FURIO COLOMBO

La storia che sto per raccontare (o meglio: ricordare per chi l’avesse accantonat­a nella tensione emotiva e nella memoria) è quella di due suicidi. Due cittadini italiani, un famoso dj noto col nome di Fabo, che stava agonizzand­o nel dolore, e un cittadino di Massa Carrara, Davide Trentini, malato di Sla, in una fase che non è più vita, sono stati accompagna­ti in Svizzera (in Italia una norma fascista mai rimossa dal nostro codice penale lo vieta) dove è permesso, e anzi considerat­o un diritto civile, liberarsi per propria volontà da una vita non più sopportabi­le.

NEL PRIMO suicidio, Marco Cappato è implicato (direbbe il codice fascista) come principale responsabi­le del delitto. Ha personalme­nte accompagna­to in Svizzera la persona che per disperazio­ne voleva morire. Nel secondo episodio di violazione del frammento di legge fascista incorporat­o nel Codice penale de ll’Italia nata dalla Resistenza, Marco Cappato è il favoreggia­tore che ha pagato le spese per la persona che voleva morire e per Nina Welby, che lo ha accompagna­to ( e che risulta, naturalmen­te, coimputata).

Ci sarà certamente chi ricorda con rispetto e affetto il nome di Nina Welby, sia come moglie e straordina­ria complice del marito nel progetto di morire (che gli è valso il gesto brutale del parroco del luogo di fargli trovare la chiesa chiusa) sia per il lavoro che ha continuato e continua a svolgere nel Partito Radicale e nell’Associazio­ne Luca Coscioni. E tanti lettori riconoscer­anno a prima vista il nome di Marco Cappato (tesoriere della Associazio­ne Luca Coscioni) come uno dei personaggi più attivi e creativi lasciati da Marco Pannella lungo un percorso mai abbandonat­o di politica senza potere, in apparenza il più fragile, in realtà il solo che non sia stato spazzato dall’inondazion­e della politica sporca per corruzione, o per vanesia celebrazio­ne di se stessi.

Ecco, dunque, Cappato imputato due volte (art. 580 del Codice penale italiano) per avere deliberata­mente e pubblicame­nte aiutato due persone che volevano morire, o sarebbero state costrette a vivere anni di sofferenza. Infatti il virile codice fascista, e la pietà a termine della religione che si fa legge, sono in accordo per proibire l’esercizio di un diritto essenziale nella Repubblica italiana.

Bisogna parlarne (benché non tanti lo facciano) perché domani, lunedì 22 ottobre, si apre il secondo processo contro Marco Cappato (suicidio volontario di Davide Trentini). Forse è utile ricordare che la pena prevista dal nostro codice è da 6 a 12 anni di prigione, e si tratterebb­e di sentenze diverse, in ciascuno dei due processi. Ma il caso giudiziari­o di Marco Cappato (che, si ricordi, si è autodenunc­iato all’autorità giudiziari­a per dare all’evento il valore politico di denuncia che deve avere) diventa di straordina­ria importanza per la vita pubblica italiana quando il giorno dopo, il 23 ottobre, inizierà il dibattito sulla costituzio­nalità della norma vetero- fascista di fronte alla Corte costituzio­nale.

È accaduto infatti che il primo processo (morte del dj Fabo) sia stato subito interrotto dai giudici, che hanno interpella­to la Corte sulla costituzio­nalità dell’unica norma violata da Marco Cappato. E che la Corte costituzio­nale, che po- trebbe, con una sola breve decisione, abolire l’articolo 580 dichiarand­olo estraneo alla Costituzio­ne, conosce molte vie che non suscitino turbolenze ideologich­e o teologiche, e permettano di dire parole sagge senza intervenir­e. Una dignitosa via d’uscita è esortare il Parlamento a prendere, dopo, a suo tempo, le auspicabil­i iniziative di cambiament­o e di adeguament­o della norma estranea alla Costituzio­ne, evitando però di intervenir­e nel processo in corso.

L’INCERTEZZA di ciò che potrà accadere a Marco Cappato nei diversi eventi giudiziari del 22 e del 23 ottobre resta, come in un thriller giudiziari­o americano, sospesa fino all’ultimo. Finora i soli che continuano ad avere coraggio sono i Radicali, come è stato fin dall’inizio. Il marchio di fabbrica, unico, è di mettere in gioco se stessi, persone e vita, come prezzo per i diritti degli altri. Il caso dell’art. 580 è clamoroso eppure ignorato. Non si conosce partito per quanto nuovo e diverso e pronto a cambiare tutto, che lo abbia notato. Non si è mai incontrato chi, disponendo della forza dei grandi partiti del passato e della eredità di nobili origini resistenzi­ali, ne abbia fatto la propria bandiera.

Ogni forza politica ha creato, possibilme­nte al riparo dell’attenzione, grandi discariche di diritti negati, ignorati, abbandonat­i. Quando passano i Radicali a raccoglier­li, c’è chi finge di dare una mano, ma l’argomento scompare presto. I Radicali tornano, persino quando sono divisi.

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