Zorzi: “Bravissime, ragazze, ora però siate più squadra”
L’INTERVISTA ANDREA ZORZI “Abbiamo perso il Mondiale perché ci siamo appoggiati più a Egonu che alla squadra”
“Ho rivissuto sensazioni passate che mi mancano molto”. E lui di Mondiali ne ha vinti due, uno nel 1990 e l’altro nel 1994, con quella che era la “Generazione di fenomeni” allenata da Julio Velasco. Andrea Zorzi, 53 anni, ex opposto della Nazionale italiana di pallavolo, ora telecronista sportivo, autore e attore teatrale, nonostante la sconfitta delle ragazze dell’Italia contro la Serbia alla finale dei Mondiali in Giappone, ha un giudizio positivo. D’altronde la giovane Italia è tornata sul podio 16 anni dopo l’oro del 2002 e ha fatto il pieno di premi individuali: Miriam Silla migliore schiacciatrice, Monica De Gennaro miglior libero, Ofelia Malinov miglior alzatrice e Paola Egonu miglior opposto.
Com’è stata la partita? Non posso dire che l’Italia abbia giocato bene contro la Cina e male contro la Serbia. La Serbia aveva un livello di gioco altissimo e nei primi due set vinti da loro l’Italia ha perso malamente. Dobbiamo concentrarci sugli aspetti positivi: la squadra di Davide Mazzanti non ha mollato mai, ha provato a cambiare il gioco invece di passarla sempre all’Egonu, come sarebbe stato prevedibile. Da ex giocatore sento che le ragazze sono felici per l’argento, ma deluse perché hanno perso un’occasione straordinaria. Dall’esterno penso abbiano scritto una bellissima storia, giocato benissimo e suscitato emozioni straordinarie.
Da una parte c’era Egonu, che ieri ha sbagliato alcuni palloni importanti. Dall’altra Boskovic, imprendibile. Boskovic è abituata a stare in una squadra in cui ci si divide le responsabilità. È una gran- de protagonista premiata come migliore giocatrice, ma l’esperienza e l’e qu ili br io della squadra sono stati il vero vantaggio della Serbia. Dall’altra parte non posso che fare dei complimenti a Paola coi suoi 19 anni. Ha giocato meno bene di venerdì, ma cosa possiamo pretendere ancora? Per il futuro bisogna chiederle di fare il miglior uso di questa esperienza e alzare l’asticella. Questa Italia dipende da lei più di quanto la Serbia dipenda da Boskovic. Le nostre giocatrici non sono affatto scarse, ma ci si è ap- poggiati troppo a Egonu.
Paghiamo la giovane età? Non direi. Chiedetelo agli Stati Uniti o alla Cina che hanno perso. È vero che essendo giovani non hanno vissuto molte esperienze internazionali, ma la forza di questa squadra è stata mettere insieme le energie in tempi brevi. Però non cadiamo nel trabocchetto del pensare che, poiché sono giovani, vinceranno sicuramente in futuro. La crescita non è lineare, nulla è garantito. Dovranno rimanere concentrate.
La Nazionale maschile ai Mondiali è arrivata quinta.
Queste ragazze hanno giocato come se fossero all’interno di una grande ‘bolla’ di concentrazione e spontaneità: erano in uno stato di grazia, avevano sempre il sorriso in faccia. È una sensazione che ho provato anch’io nella nazionale nei primi anni 90. Hanno festeggiato e urlato, erano molto compatte e spontanee. Invece nei ragazzi c’era entusiasmo, ma anche desiderio di farsi vedere e una sorta di controllo di quanto facevano. Non avevano quel sorriso spontaneo. Tuttavia non definirei deludente il risultato dei ragazzi: ciò che ha deluso è stato il crollo delle prestazioni. Mi rifaccio a una frase di Julio Velasco: la differenza tra un grande cam- pione e un buon giocatore non è la miglior prestazione. A volte un buon giocatore gioca benissimo, mentre un grande campione e una grande squadra non giocano mai troppo male.
Ora l’obiettivo è la qualificazione alle Olimpiadi di Tokyo 2020. Quanto sarà difficile per i ragazzi?
Le dodici squadre che vanno alle Olimpiadi devono rappresentare tutti e questo fa sì che le nazionali dei continenti più forti si scannino: in Europa, oltre a noi, ci sono Francia, Polonia, Serbia e Russia. Sarà complicato, ma i nostri possono farcela se si guardano in faccia e capiscono ciò che è accaduto. Sono un treno fermo che deve ripartire.
Per le donne? Sono un treno in corsa che deve accelerare. Devono proseguire e rimotivarsi con i giusti accorgimenti che Mazzanti troverà. Tornerà mai la generazione di fenomeni?
La generazione di fenomeni è un termine che ci hanno affibbiato quando abbiamo vinto. Agli inizi eravamo anche piuttosto scarsi e non sapevamo di essere ‘fenomeni’. Ci abbiamo provato. Prima bisogna concentrarsi sulle cose da fare, cogliere il frutto di talento e sacrifici. I conti si fanno dopo.
Esperienza ed equilibrio sono stati il vero vantaggio della Serbia. Ma l’Italia ha emozionato