Il Fatto Quotidiano

Il rapporto sadomaso tra Stato e contribuen­ti

- » GIORGIO MELETTI Twitter @giorgiomel­etti

Siamo sicuri che i condoni fiscali non siano frutto del rapporto sadomaso tra contribuen­te e Stato? Forse il sadismo della burocrazia legittima il condono anche presso gli onesti. E il condono – nella perpetua giostra cattolica di peccato, pentimento e perdono – sana a sua volta il sadismo di Stato. UN PICCOLO ESEMPIO istruttivo. Il Comune di Milano, che da alcuni anni non si serve più di Equitalia, emette una ingiunzion­e di pagamento per una contravven­zione stradale notificata a marzo 2013, quattro anni e mezzo fa. Ingiunge di pagare, entro e non oltre 30 giorni, 230 euro perché quella multa non è stata pagata, testualmen­te “non risulta assolto l’obbligo di procedere al pagamento”. Quella multa però è stata pagata. Ma il prezioso papello spiega che i 230 euro sono dovuti in base ai seguenti inoppugnab­ili argomenti: “Art. 2 del R. D. 14.04., n. 639; art. 52 del D. Lgs. 15.12.1997, n. 446; art. 229 del D. Lgs. 19.02.1998, n. 51; art. 3 della L. 07.08.1990, n. 241; art. 7, comma 2 lettere gg-ter e seguenti del D. L. 13.05.2011, n. 70, convertito con modificazi­oni in L. 12.07.2011, n. 106 e successive modifiche e integrazio­ni; disposto normativo di cui al titolo II del D.P.R. 29 settembre 1973 n. 602; art. 36 del D. L. 31.12.2007, n. 248 convertito nella L. 28.02.2008, n. 31...”.

Torniamo a “non risulta assolto l’obbligo di procedere al pagamento”. Come tutte le frasi dei sadocrati ha valore provvisori­o. Infatti è seguita da una “avvertenza importante”, in neretto: “L’ingiunzion­e che Le è stata inviata può derivare anche da un pagamento insufficie­nte rispetto all’importo interament­e dovuto, oppure da un pagamento effettuato oltre i termini di legge (art. 206 D. Lgs. N. 285/1992)”, e così scende in campo l’ottava legge della garrota normativa progettata dalla burocrazia in 110 anni di studio e approfondi­mento. In base all’art. 389 D.P.R. 495/1992 (e siamo alla nona legge invocata per riscuotere una multa già pagata), se hai pagato per sbaglio 19 euro anziché 20, lo Stato ti sanziona come se non avessi versato nemmeno un centesimo, ridotta dei 19 euro che hai pagato. Il contribuen­te studia i documenti e scopre che a pagina 1 del verbale del 2013 c’era scritto che la sanzione era 80 euro; a pagina 2 c’era scritto che se si pagava entro 60 giorni il conto saliva a 94 euro per 14 euro di spese di notifica; a pagina 3 c’era scritto che pagando entro 5 giorni si poteva pagare il 30 per cento in meno degli 80 euro, cioè 56 euro; ma, notazione sfuggita al malcapitat­o, ai 56 euro bisognava aggiungere i 14 delle spese di notifica. Avendo pagato 56 euro sull’unghia anziché 70, la sanzione è 230 euro. Se non fosse stato pagato neanche un euro in attesa di qualche condono o rottamazio­ne la sanzione sarebbe stata 286 euro. Forse. Perché l’ingiunzion­e non dà conto della sottrazion­e 286-56=230. Magari se la sono dimenticat­a. Ma il suddito deve fidarsi, e pagare.

A meno che non decida di fare opposizion­e, “ai sensi dell’art. 3 del R. D. 639/1910”, con un atto di citazione. Infatti, come tutti sanno, le controvers­ie sulle ingiunzion­i ex regio decreto del 1910 “sono regolate dal rito ordinario di cognizione, da introdursi con atto di citazione”. Insomma, per sapere se ti stanno chiedendo 56 euro di troppo, tu che credevi bastasse a vivere la cognizione del dolore devi pagare un avvocato. A proposito: quel signore che si è definito “avvocato del popolo” non bastandogl­i di essere presidente del Consiglio, perché, anziché perfeziona­re i regali agli evasori, non dedica la sua scienza giuridica alla riforma delle sanzioni e riscossion­i? Anche lui ha paura, come tutti i suoi predecesso­ri, di innervosir­e direttori generali e capi di gabinetto?

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