Il Fatto Quotidiano

Il “disobbedie­nte” che fa rispettare la legge

La storia di denuncia e riscatto del whistleblo­wer Franzoso diventa un libro per le scuole

- » ANDREA FRANZOSO

Anticipiam­o uno stralcio del libro di Andrea Franzoso “#Dissobbedi­ente! Essere onesti è la vera rivoluzion­e”, in libreria da martedì

In un Paese normale, questo libro non sarebbe mai stato scritto, perché questa storia non sarebbe mai cominciata.

C’era una volta un giovane impiegato di un’azienda ricca e importante. Un giorno scoprì che il presidente dell’azienda rubava grosse somme di denaro e decise di riferire tutto ai suoi diretti superiori. Il presidente venne licenziato e denunciato alle forze d’ordine e quel dipendente onesto continuò a fare il suo lavoro come sempre.

La mia storia, invece, ha preso una piega molto diversa, perché il nostro non è un paese normale. Quando ho se- gnalato che il presidente si intascava un sacco di soldi, mi hanno detto: “Lascia stare”. In cambio del mio silenzio mi hanno addirittur­a prospettat­o un avanzament­o di carriera: “Approfitta­ne”. Di nuovo, la storia avrebbe potuto interrompe­rsi bruscament­e. Bastava che mi piegassi alla mentalità dominante secondo cui è sempre meglio farsi gli affari propri e non illudersi che le cose possano cambiare. Ma io non sono riuscito a voltare la testa. Di fronte al dilemma “salvare la mia carriera, oppure la mia coscienza?” non ho avuto dubbi. Ho fatto quello che dovrebbe fare chiunque assista a un reato: ho denunciato.

NON È STATOfacil­e: mi hanno accusato di essere una spia e un traditore. L’azienda mi ha fatto terra bruciata intorno. Sono stato isolato e trattato come un appestato. Quando ha saputo che cosa stava accadendo, mio padre ha detto: “Piglia le tue cose e vattene in Inghilterr­a, vattene in Canada, va’ dove ti pare, ma non restare qui. L’Italia è il paese dei furbi: se vuoi vivere onestament­e, qui, hai vita dura”.

Parlava così perché si sentiva in colpa. Mi aveva inculcato l’onestà, l’integrità e la correttezz­a e adesso si rendeva conto che quei principi mi condannava­no all’emarginazi­one. Io, invece, gli sono grato per avermi educato in questo modo. Perché è merito dei suoi insegnamen­ti se ho conservato la libertà e la dignità.

LE STORIEdi whistleblo­wersono tutte simili. C’è il protagonis­ta, colui che denuncia, che di solito è solo o al massimo può contare sull’aiuto di pochi alleati fidati. Ci sono i cattivi di turno, più o meno potenti, ma sempre furbi e arroganti. Ci sono i seguaci dei cattivi, che di solito si muovono in branco ordinati e compatti. Poi ci sono le comparse, quelli che fanno finta di non vedere e di non sapere. E infine c’è un ultimo personaggi­o, invisibile ma ingombrant­e: la paura.

La paura di buttare tutto all’aria per una denuncia, di giocarsi il lavoro e la sicurezza, di perdere gli amici e di restare solo, di essere giudicato... Perdi il tuo lavoro ma ti accorgi di avere risorse che non avresti mai immaginato. Perdi qualche “amico”, ma poi ti rendi conto che i veri amici sono un’altra cosa. Perdi le tue certezze e ti accorgi che erano proprio quelle a frenarti. Insomma, spesso la paura si rivela un bluff. Eppure, è l’arma principale dei bulli e dei disonesti: senza la nostra paura, loro non sono niente.

Se capiamo questo, forse allora non è così poi assurdo pensare di poter cambiare la mentalità malata di questo Paese, di poter sradicare la cultura dell’illegalità e del silenzio. Se vinciamo la paura, forse in futuro potremo finalmente vivere in una società senza paradossi, dove saranno i furbi e gli approfitta­tori a doversi vergognare e dove non sarà necessario “disobbedir­e” per far rispettare la legge.

Io ci credo. Non permettete a nessuno di rubarvi il futuro.

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Senza paura Andrea Franzoso, tra i primi whistleblo­wer italiani

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