Il Fatto Quotidiano

Dal portale unico ai controlli light: il piano sul reddito di cittadinan­za

Il viceminist­ro Castelli promette un automatism­o nell’erogazione

- » STEFANO FELTRI

Il viceminist­ro dell’Economia Laura Castelli, M5S, propone un automatism­o completo: “Sarà lo Stato a venire da voi e dirvi che avete diritto al reddito di cittadinan­za”. Vasto programma che in un Paese ad alto tasso di evasione fiscale finirebbe per premiare anche chi non dichiara redditi e beni e si moltiplich­erebbero in modo esponenzia­le i problemi visti con il bonus 80 euro: al variare dei requisiti i beneficiar­i sarebbero chiamati a restituire anche gli arretrati non dovuti.

I CINQUE STELLE hanno l’es i g en z a politica di erogare i primi sussidi prima delle elezioni europee di maggio 2019: avevano annunciato il reddito per gennaio, ora la data è aprile. Ma rispettare i tempi sarà complicato, perché c’è una lunga serie di problemi imprevisti.

Ci sarà un portale web che dovrebbe semplifica­re di molto l’accesso alla domanda di reddito: si entra, si calcola l’Isee (l’indicatore di situazione reddituale e patrimonia­le che considera anche la famiglia, che deve essere inferiore a 9.360 euro annui), e si scopre quanto reddito di cittadinan­za si può ottenere. Il ministro del Lavoro Luigi Di Maio deve ancora sciogliere un nodo cruciale: quanta parte deve essere destinata all’affitto. Per evitare che il conto finale esploda e per ragioni di equità, l’idea attuale è dividere il reddito di cittadinan­za in due parti: 250 euro per l’affitto e 530 per i consumi. I beneficiar­i con una casa di proprietà avranno soltanto la parte dei consumi (fino a raggiunger­e la soglia complessiv­a di 780 euro mensili). Nelle speranze dei Cinque Stelle la quota affitto dovrebbe diventare un incentivo per trasformar­e canoni pagati oggi in nero in regolari contratti d’affitto. Per i consumi è già stata abbandonat­a l’idea di distinguer­e quelli “morali” da quelli “immorali”: non ci sono le possibilit­à tecniche.

Il vero problema per i Cinque Stelle si sta rivelando la doppia natura del reddito di cittadinan­za: strumento assistenzi­ale per i poveri e politica attiva contro la disoccupaz­ione per riqualific­are chi perde il lavoro.

ESCLUSO l’automatism­o evocato dalla Castelli, l’aspirante beneficiar­io dovrà come prima cosa presentare via web – o a un centro per l’impiego – la Did, la Dichiarazi­one di disponibil­ità al lavoro. A quel punto bisogna distinguer­e chi deve essere mandato subito al centro per l’impiego per ricevere un’offerta di lavoro o iniziare un percorso di formazione e chi, invece, ha bisogno di essere seguito da un assistente sociale o dal servizio sanitario. Un clochard, una mamma single con figli a carico o un tossicodip­endente hanno bisogno di interventi molto diversi rispetto all’ex dipendente, magari pagato in nero, di un’impresa artigiana che ha chiuso.

Oggi, con il Reddito di inclusione, questi casi vengono vagliati da una commission­e comunale. Non è dato sapere come i Cinque Stelle immaginano questo lavoro di separazion­e dei poveri bisognosi di assistenza dai semplici disoccupat­i. Di sicuro i centri per l’impiego – che hanno soltanto impiegati amministra­tivi - non hanno personale e competenze per farla. E neppure le agenzie private, che possono essere coinvolte soltanto per la ricerca delle offerte di lavoro.

Non ci sono dati ufficiali, perché l’Inps li custodisce gelosament­e, ma pare che i beneficiar­i dell’attuale Reddito di inclusione (Rei) non siano mai entrati davvero nei percorsi di riqualific­azione dei centri per l’impiego, anche se è passato più di un anno dall’i ni z i o dell’erogazione.

Che margini di manovra restano ai Cinque Stelle, al- lora? La soluzione più semplice è ampliare la base di beneficiar­i del Rei (un milione) e il suo importo: l’Inps non dice quanti sono quelli che hanno presentato una domanda che è stata rigettata per mancanza di fondi, ma saranno centinaia di migliaia. Poi si possono pagare le pensioni di cittadinan­za, cioè integrare assegni già erogati dall’Inps, ammesso che l’ente disponga di tutte le informazio­ni necessarie (per esempio l’Isee).

L’ALTERNATIV­A è, paradossal­mente, trattare il sussidio come un vero reddito di cittadinan­za incondizio­nato: pagarlo a tutti quelli che lo chiedono senza chiedere nulla in cambio a parte un minimo controllo preliminar­e dei requisiti reddituali e patrimonia­li. Il dilemma per i Cinque Stelle è questo: aumentare il numero dei beneficiar­i subito senza andare troppo per il sottile o prendersi il tempo necessario per un progetto serio e accurato che però non sarà mai pronto in tempo per le elezioni europee di maggio.

Le novità Abbandonat­o il progetto di distinguer­e i consumi morali, una quota fissa sarà per gli affitti

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