Dal portale unico ai controlli light: il piano sul reddito di cittadinanza
Il viceministro Castelli promette un automatismo nell’erogazione
Il viceministro dell’Economia Laura Castelli, M5S, propone un automatismo completo: “Sarà lo Stato a venire da voi e dirvi che avete diritto al reddito di cittadinanza”. Vasto programma che in un Paese ad alto tasso di evasione fiscale finirebbe per premiare anche chi non dichiara redditi e beni e si moltiplicherebbero in modo esponenziale i problemi visti con il bonus 80 euro: al variare dei requisiti i beneficiari sarebbero chiamati a restituire anche gli arretrati non dovuti.
I CINQUE STELLE hanno l’es i g en z a politica di erogare i primi sussidi prima delle elezioni europee di maggio 2019: avevano annunciato il reddito per gennaio, ora la data è aprile. Ma rispettare i tempi sarà complicato, perché c’è una lunga serie di problemi imprevisti.
Ci sarà un portale web che dovrebbe semplificare di molto l’accesso alla domanda di reddito: si entra, si calcola l’Isee (l’indicatore di situazione reddituale e patrimoniale che considera anche la famiglia, che deve essere inferiore a 9.360 euro annui), e si scopre quanto reddito di cittadinanza si può ottenere. Il ministro del Lavoro Luigi Di Maio deve ancora sciogliere un nodo cruciale: quanta parte deve essere destinata all’affitto. Per evitare che il conto finale esploda e per ragioni di equità, l’idea attuale è dividere il reddito di cittadinanza in due parti: 250 euro per l’affitto e 530 per i consumi. I beneficiari con una casa di proprietà avranno soltanto la parte dei consumi (fino a raggiungere la soglia complessiva di 780 euro mensili). Nelle speranze dei Cinque Stelle la quota affitto dovrebbe diventare un incentivo per trasformare canoni pagati oggi in nero in regolari contratti d’affitto. Per i consumi è già stata abbandonata l’idea di distinguere quelli “morali” da quelli “immorali”: non ci sono le possibilità tecniche.
Il vero problema per i Cinque Stelle si sta rivelando la doppia natura del reddito di cittadinanza: strumento assistenziale per i poveri e politica attiva contro la disoccupazione per riqualificare chi perde il lavoro.
ESCLUSO l’automatismo evocato dalla Castelli, l’aspirante beneficiario dovrà come prima cosa presentare via web – o a un centro per l’impiego – la Did, la Dichiarazione di disponibilità al lavoro. A quel punto bisogna distinguere chi deve essere mandato subito al centro per l’impiego per ricevere un’offerta di lavoro o iniziare un percorso di formazione e chi, invece, ha bisogno di essere seguito da un assistente sociale o dal servizio sanitario. Un clochard, una mamma single con figli a carico o un tossicodipendente hanno bisogno di interventi molto diversi rispetto all’ex dipendente, magari pagato in nero, di un’impresa artigiana che ha chiuso.
Oggi, con il Reddito di inclusione, questi casi vengono vagliati da una commissione comunale. Non è dato sapere come i Cinque Stelle immaginano questo lavoro di separazione dei poveri bisognosi di assistenza dai semplici disoccupati. Di sicuro i centri per l’impiego – che hanno soltanto impiegati amministrativi - non hanno personale e competenze per farla. E neppure le agenzie private, che possono essere coinvolte soltanto per la ricerca delle offerte di lavoro.
Non ci sono dati ufficiali, perché l’Inps li custodisce gelosamente, ma pare che i beneficiari dell’attuale Reddito di inclusione (Rei) non siano mai entrati davvero nei percorsi di riqualificazione dei centri per l’impiego, anche se è passato più di un anno dall’i ni z i o dell’erogazione.
Che margini di manovra restano ai Cinque Stelle, al- lora? La soluzione più semplice è ampliare la base di beneficiari del Rei (un milione) e il suo importo: l’Inps non dice quanti sono quelli che hanno presentato una domanda che è stata rigettata per mancanza di fondi, ma saranno centinaia di migliaia. Poi si possono pagare le pensioni di cittadinanza, cioè integrare assegni già erogati dall’Inps, ammesso che l’ente disponga di tutte le informazioni necessarie (per esempio l’Isee).
L’ALTERNATIVA è, paradossalmente, trattare il sussidio come un vero reddito di cittadinanza incondizionato: pagarlo a tutti quelli che lo chiedono senza chiedere nulla in cambio a parte un minimo controllo preliminare dei requisiti reddituali e patrimoniali. Il dilemma per i Cinque Stelle è questo: aumentare il numero dei beneficiari subito senza andare troppo per il sottile o prendersi il tempo necessario per un progetto serio e accurato che però non sarà mai pronto in tempo per le elezioni europee di maggio.
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