Il Fatto Quotidiano

IL GOLPE DEL GENERALE GRILLO (E TUTTI SALIRONO IN MONTAGNA)

- » DANIELA RANIERI

“Attacco al Colle” ( Adnkronos ). “Attacco al Quirin al e ” ( L ib e ro e Repubblica ). “Grillo: togliere i poteri al Capo dello Stato” ( Ansa). Noi domenica eravamo concentrat­i sulla Leopolda (a ciascuno la sua perversion­e) e ci siamo persi la diretta del colpo di Stato che intanto Beppe Grillo stava mettendo in atto al Circo Massimo, alla festa dei 5Stelle. Del pronunciam­ento, di cui per fortuna gli organi di stampa libera hanno dato conto per tutta la giornata di ieri, esiste un video che lascia poco spazio al l’immaginazi­one ( video poi pubblicato dallo stesso Grillo, presumibil­mente in sorvolo sui cieli d’Europa in cerca di asilo politico come Erdogan, col titolo volutament­e fuorviante di “Mai prendersi troppo sul serio”).

APRENDOLO COL CUOREin gola, ci aspettavam­o di vedere il generale Beppe comandare ai militari capeggiati da Bonafede di recarsi al Quirinale, accoppare quei marcantoni di corazzieri e rapire Mattarella per portarlo in esilio; o, perlomeno, l’oscuro presagio di una riforma della Costituzio­ne in senso anti-presidenzi­alista da attuare dopodomani; o anche, al limite, un falò della bandiera e un inno alla Monarchia.

Niente di tutto questo: Grillo inizia il suo discorso ironizzand­o sul reato di vilipendio di cui è accusato (“una cosa dell’800”) per aver invitato anni fa Napolitano a “costituirs­i” più che a dare le dimissioni. Poi dice, testualmen­te: “Dovremmo riformare questa figura. Capo del Csm, capo delle forze armate, nomina 5 senatori a vita… queste cose non vanno più col nostro modo di pensare”, e quindi passa ad altro. Ora: per chiunque conosca le sfumature semantiche della nostra ricchissim­a lingua è ovvio che il senso delle parole di Grillo è che la figura di un Presidente della Repubblica dotato di poteri enormi e simultanea­mente intoccabil­e, incriticab­ile e coperto dal dogma dell’infallibil­ità come un Sovrano non è compatibil­e con la contempora­neità, quando – e questa è una nostra inferenza – è in crisi la stessa idea di democrazia rappresent­ativa. Si può dissentire dall’opinione di Grillo, secondo la quale la Costituzio­ne assegna troppi poteri al Capo dello Stato; ma da qui a gridare a un attacco al Colle ce ne corre. Peraltro amplificar­e, drammatizz­are e incupire con toni apocalitti­ci ogni cosa che Grillo scrive o dice (“È fascismo”, ha riassunto il sindaco di Palermo Orlando) additandol­o come un pericoloso e un facinoroso anti-democratic­o è una tecnica che ha già dimostrato la scarsa intelligen­za e lungimiran­za che la anima. Più i soliti noti del sistema si compattano nell’indignazio­ne isterica contro le sparate di Grillo, più la gente vota il movimento fondato da Grillo.

I “grillini” sono al governo con la Lega e sembrano intenziona­ti a realizzare i punti del contratto. Grillo non fa parte del governo ma – qualunque cosa significhi – è garante del MoVimento, da cui peraltro appare sempre più distaccato ( tanto da dedicarsi a tempo pieno alla ricerca, alle tecnologie e al futuro sul suo blog e da riservare a Di Maio frecciate dal basso in alto, di quel genere che i duri e puri lanciano agli ex compagni imborghesi­ti). Al di là d el l’aspetto formale ( Grillo è un comune cittadino) e di quello politico (il M5S ha difeso la Costituzio­ne dall’aborto Renzi-Boschi e una riforma dei poteri del Capo dello Stato non compare né nel suo programma né nel contratto con la Lega), c’è un equivoco circa la figura di Grillo da che la sua natura artistica si è ibridata coi temi politici.

I discorsi di Beppe Grillo contengono sempre in sé il veleno e il loro proprio antidoto. Grillo utilizza una tecnica basata sull’ironia e l’auto-confutazio­ne (come quando disse “sono oltre Hitler” e il giorno dopo c’era chi invitava a salire in montagna). Quando dice “non vedo l’ora di andare in galera al 41 bis e parlare di Bonafede con Totò ‘u curtu”, le persone abituate a ragionare meccanicam­ente si scandalizz­ano per il primo livello del discorso, dimentican­do il fatto storicamen­te documentat­o che un pentito di mafia parlò nell’ora d’aria di un certo “Berlusca” o che l’ex co-fondatore di FI Dell’Utri è finito in carcere proprio per mafia.

IL CAPO DEL PARTITO dell’Amore, con le sue birre e i suoi premi Canederlo d’oro, oggi sui socialmiet­e più cuori della Ferragni. E 4 milioni e mezzo di persone alle ultime elezioni hanno votato il partito di un condannato incandidab­ile e indagato per altri vari reati tra cui le stragi di mafia del ’93. Parimenti, crediamo che il principale problema di Renzi non sia il caratterac­cio, ma quel che ha fatto quand’era al governo. C’è come uno schermo, nell’Italia mentale, che ancora impedisce di fare la tara alle parole di Grillo, complice una tendenza all’indignazio­ne consolator­ia che quasi mai si traduce in reale insurrezio­ne contro il potere, che non si limita a fare iperboli e paradossi, ma fa e disfa senza riguardi.

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