“Khashoggi, basta armi agli Emirati”: ma l’Italia sta zitta
La morte di Khashoggi Germania, Francia e Regno Unito pensano a ritorsioni verso l’Arabia saudita per spingerla a dire la verità sul dissidente
Germania, Francia e Regno Unito hanno lanciato un appello a sospendere ogni nuovo contratto di armamenti con l’Arabia Saudita finché Ryad non avrà fatto luce sulla morte del giornalista Jamal Khashoggi. “Solo se tutti i Paesi europei si mettono d’accordo questo impressionerà il governo di Ryad”, ha affermato il ministro dell'Economia tedesco Altmaier ai microfoni della tv Zdf, precisando che “le spiegazioni portate” finora dall’Arabia Saudita non sono “soddisfacenti”. “Non c'è nessun effetto positivo se restiamo gli unici a fermare le esportazioni e allo stesso tempo altri Paesi colmano il vuoto”, ha anche dichiarato. Il ministro conservatore della Cdu, fa riferimento alla decisione annunciata dalla cancelliera Angela Merkel, di non autorizzare più nuove esportazioni di armi verso l’Arabia Saudita; resteranno però in vigore i contratti che sono già stati approvati negli ultimi mesi.
FRA GENNAIO e fine settembre del 2018 la Germania ha autorizzato 416,4 milioni di euro di esportazioni di armi verso l’Arabia Saudita. L'Italia, tra i maggiori esportatori di armi in Arabia Saudita – resta aperta la polemica sulle bombe fabbricate in Sardegna e poi usate nella guerra nello Yemen – non si è unita a Berlino, Parigi e Londra e nemmeno ha diffuso dichiarazioni in merito. Silenzio assoluto.
La vicenda resta aperta. Nessuno crede che Jamal Khashoggi sia stato ucciso accidentalmente per strangolamento durante una rissa scoppiata all'interno del consolato saudita di Istanbul con i 15 uomini dell'intelligence mandati da Ryad per convincerlo a tornare in patria allo scopo di essere interrogato. Non ci crede persino il suo alleato, finora, più stretto, ossia Donald Trump che ha chiesto prove credibili e tangibili, in primis quel che resta del corpo del giornalista.
Se nella giornata di oggi, come promesso durante l'ultimo comizio pubblico, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan svelerà “la nuda verità” sulla morte del dissidente, gli equilibri in Medio Oriente e sullo scacchiere geopolitico potrebbero saltare. Qualora Erdogan, per giunta nel giornata di apertura della “Davos del deserto” a Riad, svelasse le prove che l'opinionista saudita del Washington Post è stato ucciso e smembrato all'interno del consolato saudita di Istanbul – come ritengono gli investigatori turchi – e quindi sepolto nell'area forestale intorno alla megalopoli, in seguito a un piano messo a punto dal principe ereditario Mohammed bin Salman e dai suoi fedelissimi, le tensioni in corso da tempo tra la Turchia e l'Arabia Saudita potrebbero sfociare in una vera e propria crisi.
I DUE PAESIsi contendono da anni la leadership del mondo islamico sunnita: Erdogan a fianco della Fratellanza Musulmana mentre l'Arabia Saudita è la depositaria dell'islam waabita nonché custode di Mecca e Medina, i principali luoghi di culto dell'islam sia sunnita che sciita.
Gli inquirenti turchi, che avrebbero fatto ascoltare l'audio del massacro del giornalista in loro possesso al segretario di Stato americano Mike Pompeo, oltre che ad alcuni giornalisti, hanno dato alla Cnnturca un nuovo vi- deo. Nelle immagini catturate da una telecamera di sorveglianza all'esterno del consolato si vede uno dei 15 agenti del presunto commando inviato da Ryad per uccidere Khashoggi con indosso gli abiti del reporter
PETER ALTMAIER
Non c’è nessun effetto positivo se restiamo gli unici a fermare le esportazioni e allo stesso tempo altri Paesi colmano il vuoto
mentre esce dalla porta posteriore della sede diplomatica: una messa in scena per dimostrare che il giornalista aveva lasciato l’edificio. L’agente saudita, identificato come Mustafa al Madani, ha anche degli occhiali da vista e una barba finta per somigliare di più al reporter. La sua presenza sarebbe stata registrata da alcune telecamere anche nella Moschea Blu, uno dei principali luoghi di culto di Istanbul.