La cine-memoria da Gassman all’“Othello 3.0”
Protagonista: la memoria Da Gassman a “Othello 3.0”
Che Festa che fa? Non c’è da spellarsi le mani o da spalancare gli occhi, nondimeno trovare qualche chicca, almeno qualche sorpresa è possibile.
THEY SHALL NOT GROWOLD Le voci e i colori della Prima guerra mondiale: il Sign ore degli Anelli Peter Jackson dà profondità (3D), carne e anima alla memoria, facendo di archivio inerte un lungometraggio pulsante, affascinante e, di più, lunare. Pochissima stampa a seguirlo, forse spaventata dalla inopinata mancanza di sottotitoli (peraltro, è parlatissimo), ma They Shall Not Grow Old – il titolo è mutuato dall’ode di Laurence Binyon For the Fallen – meriterebbe ben altra sorte, se non cornice: è di gran lunga la miglior cosa vista in Festa, un uomo di cinema e pace quale Ermanno Olmi ne sarebbe stato il più accorto estimatore.
I colori posticci rimandano involontariamente al tavolo autoptico, le parole dei soldati sono eco inesausta di sciagura, gli orizzonti di gloria degli alti comandi condannati al fuoricampo: nessuna Grande Guerra, di grande solo la carneficina (un milione di morti tra le file dell’Impero britannico). Producono Imperial War Museums e BBC, è tra i must-see dell’anno.
SONO GASSMAN! VITTORIO, RE DELLA COMMEDIAL’uomo dietro il Mattatore, il melanconico dopo il guascone, Vittorio prima di Gassman. Il re della commedia all’italiana, incoronato nel 1958 da I soliti ignotidi Monicelli dopo il teatro e i film drammatici, e poi il gigante dai sentimenti d’argilla di fine carriera: comunque Gassman, di cui Fabrizio Corallo dà un ritratto informato e rivelatore, che ritroveremo su Sky Arte nel gennaio del 2019.
Archivio importante, teste parlanti illustri di ieri (da Dino Risi a Ettore Scola) e di oggi (da Renzo Arbore a Carlo Verdone) e un affetto smodato per Vittorio, che seppe farsi leggenda e mistero, senza venire – lapide canta – “mai impallato”.
OTHELLO 3.0 Si parte da una suggestione pasoliniana, Che cosa sono le nuvole?, si passa per l’elaborazione teatrale di Cecilia Calvi, si arriva all’interpolazione, prima musicale (il refrain Otello che bello) e quindi cinematografica, del regista Walter Corda, che allo shakespeariano Moro di Venezia concede lo sberleffo della parodia e l’ancoraggio al qui e ora, dal femminicidio alla discriminazione razziale. Ospite la Roma Lazio Film Commission, prodotto da Corda con Roberto Fiacchini, fondale filologico il Globe Theatre di Roma, un cortometraggio che la sa lunga, e ancor più (opera) buffa: Othello è Timothy Martin, Desdemona Grazia Schiavo, Iago Riccardo Barbera, il riso amaro.
IL FATTORE UMANO. LO SPIRITO DEL LAVORO Grande rimosso, sia politico che cinematografico, il lavoro torna a farsi sentire, e vedere, nel documentario di Giacomo Gatti, prodotto da Inaz con FEdS.
Dai viticoltori trentini ai pastai di Gragnano, da don Loffredo del Rione Sanità ai chirurghi che testano mani bio- robotiche, dai giovani startupper agli operai, una ricognizione a viso aperto tra quindici eccellenze nazionali: focus poetico ed etico è il fattore umano, ovvero “le mani e i cervelli delle imprese italian e”. Schietto, lucido e speranzoso.
MARTIN SCORSESEÈ per lui la più fragorosa standing ovation della Festa.
Premiato alla carriera da Paolo Taviani, Scorsese porta in dote nove sequenze di altrettanti prediletti film italiani: Umberto D., Le notti di Cab ir ia , Divorzio all’i t al ia na , Salvatore Giuliano, Il Gattopardo, Il posto, La presa del potere da parte di Luigi XIV, L’eclissi. Il primo, e forse non solo alfabeticamente, è Accattone: “Lo vidi nel 1963 a New York, e fu uno choc: mi sono identificato negli ultimi, nei reietti che Pasolini inquadrava. Il suo non era solo umanesimo, ma santità: il magnaccia protagonista moriva tra due ladri, come Cristo in croce”.
Vidi ‘Accattone’ nel ’63, fu uno choc: mi identificai nei reietti Quello di PPP non era umanesimo, ma santità
MARTIN SCORSESE